«La faceva sempre papà. Il venerdì sera, verso le nove. La metteva nel forno appena acceso, ancora basso di temperatura, prima di cuocere il pane doppio per il sabato. Noi l’aspettavamo impazienti, per mangiarla calda e poi andare a dormire». La fragranza della soffice Treccia all’uvetta riaffiora fra i ricordi di Massimo Quaglia: fornaio, radici a Este e secondo di cinque fratelli. Tutti (o quasi) impegnati nella ristorazione e nell’arte bianca. Sì, perché insieme guidano lo storico panificio nel cuore di Sant’Urbano, nel Padovano: Pane Quaglia. Aperto una sessantina di anni fa dal padre Pietro, prima ancora di sposare mamma Annarosa. Che ancora oggi prepara biscotti a gogo. Ecco allora Sandro, il primogenito, all’amministrazione; Massimo, lievitista eclettico e creativo; Davide, alle prese con la pasticceria; Sandra, che invece ha scelto un’altra strada; e Maura, l’esteta di casa. Colei che si occupa di pacchetti e confezioni. Ma non solo. Maura è infatti la maestra di sala del Balobino, il ristorante-gioiello di famiglia inaugurato nel 2011 proprio vicino al panificio. E che dal panificio trae linfa. Basta guardare al centro dei tavoli per capire che le scultoree pagnotte alle pere e gorgonzola (ma pure alle cipolle e in altre gustose varianti) portano la firma di Massimo.

Massimo Quaglia al lavoro
Così come il tipico
Schizzotto, cotto fra le ardenti braci del camino. E ancora i cracker, i grissini (i cosiddetti
Balobini) e il tradizionale
Pan Biscotto. «Qui si è sempre fatto. Ma ora, viste le restrizioni, è tornato in auge più che mai. Perché si conserva molto a lungo. Lo propongo in tre varianti: rustico, prezioso di
Petra 5; in versione integrale, con
Petra 9; e biologico, messo a punto con la farina
1110 di
Petra», racconta
Massimo. Che con i
bros tiene anche le redini di un altro locale, a Lendinara. «È sempre stato un bar, ma lo scorso anno lo abbiamo trasformato in una pizzeria contemporanea. Con tanti impasti che prendono spunto dal pane. Lo abbiamo battezzato
Mama». Ed è pensando alla mamma che a
Massimo torna in mente la
Focaccia con l’uvetta e confettura di albicocche, sia in versione classica che in declinazione arrotolata, a forma di ciambella. «Da noi c’era sempre un po’ di pasta di pane in giro. Così mamma la utilizzava per creare quest’altro dolce casalingo che mi è rimasto nel cuore».
Treccia all’uvetta
Ingredienti per una treccia
Per il lievitino (preimpasto)
100 g farina Petra 1
50 g acqua appena tiepida
5 g lievito di birra
Per l’impasto
70 g zucchero
50 g latte
150 g tuorli
400 g farina Petra 1
200 g burro non freddo
10 g lievito di birra
10 g sale
200 g uvetta
scorza d’arancia grattugiata
Per la finitura
1 uovo intero per spennellare
granella di zucchero o zucchero di canna
Procedimento
Per il lievitino
Sciogliere il lievito nell’acqua, aggiungere la farina e impastare con le mani, fino a formare una pallina liscia. Lasciarla lievitare coperta per 60 minuti.
Per l’impasto
In una planetaria con il gancio (oppure in una terrina, se si impasta a mano) unire il lievitino agli altri ingredienti (eccetto sale, burro e uvetta) e impastare bene. Quando l’impasto risulta omogeneo ed elastico, aggiungere il burro e il sale e continuare lavorare, sino a ottenere un composto liscio. A questo punto aggiungere l’uvetta e continuare a impastare delicatamente. Formare una palla, avendo cura di non romperla, e metterla a lievitare coperta per 2 ore. Per un risultato ottimale, dopo la prima lievitazione, porre l’impasto in frigo per una notte. Il giorno successivo lasciare l’impasto per 10 minuti a temperatura ambiente e tagliarlo in 3 pezzi uguali di circa 400 grammi. Allungare i pezzi sul tavolo, formando dei filoncini leggermente appuntiti lunghi circa 40 centimetri, creare una treccia (senza stringere troppo) e metterla a lievitare su carta da forno coperta per circa 3 ore.
Per la finitura
Spennellare la treccia con l’uovo, cospargerla di granella di zucchero (in alternativa, zucchero di canna) e infornarla a 170-180°C per circa 18-20 minuti, fino a ottenere un colore dorato intenso.
Consigli
La treccia all’uvetta è ottima a colazione o come dolce da tè. Nel caso si dovesse seccare? Si esprimerebbe al massimo inzuppata nel vino rosso.