05-09-2023

Il Montenegro: l’autentico che invita alla riflessione

Preservare i prodotti del territorio, valorizzarne la qualità e le storie, è sempre più importante. Ma lo è anche degustarli con coscienza e rispetto

E’ facile farsi rapire dalle storie sul Montenegro, dal suo percorso cruento e travagliato, dall’influenza dell’est, della Turchia e delle nazioni ex dirimpettaie. Il tempo ha sancito il cambio della prospettiva, dell’alfabeto, delle lingue ma rimane, ancora oggi e con tantissimo orgoglio, il territorio dei romanzi di Andrej Nikolaidis, specie nelle zone di montagna, dei laghi e dei parchi preservati.

E’ facile anche condannare uno sviluppo disarmonico delle piccole e meravigliose baie della costa che fanno fatica a gestire il numero di turisti nei mesi più caldi dell’anno e pretendere di trovare quei prodotti locali tanto ricercati in ogni angolo, in ogni situazione ed esperienza.

Zarko Kopitovic

Zarko Kopitovic

E’ facile, infine, adorare l’autenticità quando la si trova pregna di genuino che, come da solo non bastasse, si arricchisce di storie e aneddoti reali per farsi apprezzare di più.

Iniziamo da una storia incredibile. La cantina Kopitovic è una micro realtà che affonda la sua storia nel 1700 capitanata oggi da Žarko Kopitovic. Una cantina che produce dalle 8000 alle 10000 bottiglie di vino all’anno, le vende principalmente sul territorio nazionale e ha a cuore la valorizzazione di due elementi: gli autoctoni e la storia.

Le etichette della cantina

Le etichette della cantina

Vranac, Kratošija e Lisica sono i vitigni autoctoni presenti in alcune etichette, fra le quali segnaliamo Scepan Mali, un vino rosso che viene prodotto in onore dell’omonimo governatore. Condottiero territoriale attivo dal 1767 al 1773, l’uomo fu ucciso in sonno dal suo barbiere e seppellito a 300 m dalla cantina nel Monastero di Donji Brčeli, nella zona del lago di Scutari (il lago più grande di tutti i Balcani dove mangiare carpe, trote e anguille nelle trattorie sulle rive).

Non è strano che dopo aver ascoltato la storia del vino dalla voce di chi lavora queste colline scoscese il suo sapore sia straordinario ma questo è esattamente ciò che succede quando in un bicchiere non c’è solo il vitigno, la macerazione, il legno di quercia locale, anni di attesa. Succede perché ogni elemento assume un significato preciso e l’indirizzo è dato proprio dalla storia che sorregge il vino con una potenza impressionante.

Proseguiamo con due piatti la cui origine è, come per tantissimi prodotti locali, contesa fra le famose ex dirimpettaie. Il Kajmak e il Kačamak. Il primo è un prodotto molto grasso, fatto di latte vaccino, salato, da spalmare sulla carne o sui crostini. Se ne trovano anche di industriali ma ovviamente non hanno nulla a che vedere con quello di montagna.

Noi abbiamo fatto un viaggio nel Parco Nazionale del Durmitor per andare dai produttori a quota 1900 m. Il gusto di questo kajmak è di malga, di fieno, di grasso avvolgente, il colore è giallo- panna e la consistenza è leggermente grumosa. Non una crema ma un prodotto che visivamente ricorda la ricotta ma in bocca è molto più denso e succulento.

Kačamak

Kačamak

Il Kačamak, invece, è il piatto che abbiamo degustato sul territorio del fiume Piva - che ha scavato l’omonimo Canyon. Il ristorante Sočica si trova a Plužine, un paesino di montagna.

La ricetta che ci ha dato lo chef è fedele a quella preparata da generazioni: patate, farina di mais, formaggio fresco locale (Kolasinski sir e Pivski sir) , sale, burro e kajmak- ovviamente.

Si procede con la cottura delle patate, si schiacciano leggermente- senza creare una poltiglia e poi si aggiungono gli altri ingredienti cuocendo il tutto per altri 20 minuti.

Kajmak

Kajmak

Il risultato è una pietanza molto gustosa, da condividere a centro tavola - per la salute di tutti. Sempre a base di mais, consigliamo di assaggiare la Proja. A Cetinje, un tempo capitale della nazione, nella piazza centrale della città, c’è un forno piccolissimo che sforna un solo tipo di pane, due tipi di dolci e la Proja. Assomiglia visivamente a un muffin ma è fatta di polenta (alcune volte farina di semola altre di mais a seconda di dove la troviate), burro, uova, sale e acqua. Uno snack che i locali mangiano bevendo la birra a metà mattinata o in sostituzione del pane a tavola.

La riflessione alla quale ci invita il Montenegro verte sull’impellenza di preservare i prodotti di valore, di concedere loro il lusso di farsi trovare ma di degustarli con coscienza e rispetto. Alcuni chef locali stanno intraprendendo questo percorso dando vita a una proposta di cucina che parte dalle radici e evolve in un percorso che, non ne dubitiamo, porterà a grandi risultati. Ai viaggiatori spetta il compito di percorrere il territorio conoscendo la sua storia e le sue peculiarità enogastronomiche originali. Per farsi sorprendere, eventualmente, dalle evoluzioni che sapranno intraprendere.


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Klementina Koren

classe 1978, originaria di Gorizia, relatore pubblico e docente, con una passione per i casi di crisis management. Si occupa di food and wine per piccole nicchie italiane sulle quali crede debbano essere accesi i riflettori, nel ruolo di "addetta alle luci". Ama viaggiare, annusare e scoprire luoghi e profumi del mondo per tornare a casa sempre più ricca di racconti e esperienze. Scrive sul blog avoidnocomment.com

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