02-12-2019

Lima, Kjolle è molto più che il fratello minore di Central

Col suo ricco vocabolario di sapori peruviani, il ristorante di Pia León in Martinez brilla di una splendida luce propria

Pía Leon, chef di Kjolle a Lima, Perù (foto di

Pía Leon, chef di Kjolle a Lima, Perù (foto di Gustavo Vivanco)

Di tanto in tanto, a tutti noi viene voglia di cambiare, un’urgenza a cui è facile resistere, per rimanere confinati nella propria comfort zone. La chef Pia León, invece, non ha avuto paura di uscire dalla sua, di comfort zone. E in quanto chef de cuisine al Central, a Lima, León ha diretto la cucina insieme a suo marito, lo chef Virgilio Martinez, giocando un ruolo primario nella sua scalata in cima alla World’s 50 Best dell’America Latina e all’attuale sesta posizione nella World’s 50 Best mondiale. Quando Martinez ha deciso di trasferire il suo rinomato ristorante dal vivace quartiere di Miraflores a Lima, a Casa Tupac, un ex centro culturale e artistico nel quartiere Barranco, León ha deciso di inaugurare un ristorante tutto suo nello stesso sito rinnovato. Una decisione brillante. A pochi mesi dall’apertura, ha ottenuto il titolo di Best Female Chef in America Latina dalla World’s 50 Best.

Racchiuso al primo piano di Casa Tupac, Kjolle (si pronuncia koy-yay) si trova subito sopra Mayo, un cocktail bar che completa la trinità gastronomica marito-e-moglie limeña. La struttura include anche un giardino, un impianto di filtrazione dell’acqua, un essicatore di erbe e il Mater Iniciativa Lab, il centro di ricerca biologica diretto dalla cognata di León, Malena Martinez. Mater Iniciativa è una parte essenziale del Central, conosciuto per un menu degustazione che richiama i vari ecosistemi del Peru e le sue varie altitudini, e anche di Kjolle

Kjolle, che prende il nome fa un fiore giallo delle Ande che sboccia a elevate altitudini, ha aperto ad agosto del 2018. “Non sono una persona molto strutturata. Sono piuttosto impulsiva,” ha detto León. “Con questo concetto delle regioni, non ho limiti quando sto creando. È un concetto più libero.” I suoi piatti fanno uso di solo 4 o 5 ingredienti, attraverso una fusione di colori, consistenze e sapori senza freni, mischiando e abbinando l’enorme patrimonio offerto dalle regioni del Peru, per guidare i clienti in un viaggio avventuroso attraverso la variegata flora e fauna del Paese.

Pato curado 

Pato curado 

Contorno del Pato Curado

Contorno del Pato Curado

A darmi il benvenuto, un caldo infuso di camu camu, una torta di frutta amazzonica e il paico, un’erba che coltivano proprio lì, e il perfetto preludio per le otto – attentamente cadenzate – portate che seguono. Un piatto chiamato Conchas e Semillas sposa il Pacifico con le valli delle Ande, queste ultime rappresentate dal frutto del pacay. Le tenere e carnose capesante sono imbevute in un leche de tigre con zenzero e lime e sormontate da due meringhe gelate fatte con la polpa dolce e bianca del frutto, per finire con una manciata dei loro semi.

In Peru si trovano oltre 3.800 varietà di tuberi, e Muchos Tubercolos celebra queste delizie amidacee sotto forma di una torta di quinoa riempita con uno strato di formaggio di capra coperto da strati traslucidi e sovrapposti di patate, yucca e olluco – alcuni tagliati a formare dei lunghi nastri mentre altri assomigliano a dischi delle dimensioni di una moneta — in sfumature di rosa, di rosso e di giallo. Un nido di setosi strati sottili e bianchi come la carta di chonta amazzonica, o cuore di palma, nasconde la base di Diversidad Vegetal. Li arrotolo come farei con gli spaghetti, e ogni forchettata racchiude delle croccanti pepite del tubero yacon, un’emulsione di fave e un brodo di caffè. L’anatra essiccata è macinata e servita all’interno di piccoli tentacoli di calamaro in una crema di calamaro, con spicchi di cipolla fritta per completare. Infilo tutto nel chapla, una sorta di pane-pita tipico di Ayacucho, fatto con il kuniwa (un cugino della quinoa) e con il nero di seppia, e addento, come fosse un panino.

Gli abbinamenti partono con un Crémant alsaziano, per poi proseguire con una selezione di cantine del sud America, soprattutto dal Peru, incluso il Merlot di Intipalka nella Valle del Sol fatto specificamente per Kjolle e il cañazo, un’antica bevanda tipica di Cusco e fatta con zucchero di canna, così come il distillato dello stesso fiore kjolle.

Kjolle, dettagli d'arredo

Kjolle, dettagli d'arredo

"Voglio che i clienti percepiscano la diversità che abbiamo,” dice León. “Non solo in termini di prodotti, ma anche di materia, di consistenza. Voglio che i clienti entrino più a contatto con i cuochi e scoprano nuovi prodotti."

Le texture differenti abbondano anche nell’ambientazione. Le finestre a tutta altezza vanno dai soffitti di pino al pavimento di cemento lucidato mentre i ripiani dei tavoli, lisci, di legno e di marmo colorato sono decorati con piatti dentellati, fatti su misura da artigiani locali. Due file di scaffali danno sulla cucina a vista da una parete color carta da zucchero: su uno di questi sono esposti degli infusi in varie tonalità di ambra insieme a delle erbe essiccate e incorniciate. 

È inevitabile fare paragoni tra Central e Kjolle. Sì, sono entrambi ponderati, dinamici e creativi ma – e lo dico con le migliori intenzioni – i paragoni si devono fermare qui. Non catalogheremmo necessariamente il Kjolle come una versione più informale del Central, né mi riferirei a esso come al “fratello minore” di Central. Se da un lato è certo che si tratta di due ristoranti imparentati, non c’è niente di inferiore in Kjolle— è un brillante complemento per il Central, muovendosi fluidamente al ritmo di un flauto di pan tutto suo.


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Jaclyn DeGiorgio

newyorkese di nascita e milanese d'adozione, è giornalista e guida food-turistica col talento dei sudoku. Preferisce il pandoro al panettone, ama la pasta lunga e il cappuccino senza cannella o cacao. Seguila nelle sue avventure su InstagramTwitter e sul suo blog

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