«Questo veal è molto soft. Teh, taste, magna». «Dame el sifon». «Giovanni (il collega Passerini, ndr) dai, vien qua, gira il midollo. Vien qua, vien qua. Senti che roba, look, tac!». Lezione finita e boato in sala per Diego Rossi, chef-show man, unico italiano invitato all’edizione parigina del World Tour di Omnivore, congresso di 100% jeunne cuisine.
E sì che la lezione non era iniziata benissimo per il veronese: a riflettori spenti, tempo di stendere bene in vista la maglietta di Trippa sul desk della cucina («sennò quando torno, i me copa») che apre una latta e si taglia un dito: «ara qua, che roba», sventola il pollice. Non c’è tempo di frignare: in platea alla Maison della Mutalitè ci sono un migliaio di persone.
«Io non parlo italiano», lo avverte il presentatore. «Ma io sì», risponde Diego tra l’ilarità che parte in sala. Poi si fa serio per 5 secondi: «Quest’intervento è sulla libertà in cucina: prima cucinavo in un ristorante con stella Michelin (Le Antiche Contrade a Cuneo, ndr) ma volevo fare un altro tipo di avventura. È così è nato Trippa. Oggi vi faccio vedere un sacco di piatti. Ma noi giochiamo, non cuciniamo. Giovanni, come si dice in francese?».
Via con l’iconica trippa, «un piatto povero ma interessante, di sostanza». La frigge, rosmarino, sale e pepe e la assaggia lui senza darla agli interlocutori: «Mmmm, buonissima».

Rossi sovrastato dai suoi midolli
Piatto due, vitello tonnato: «Volevo farlo più leggero e non iper-cotto,
dry, come succede spesso. Di solito poi sbattono la salsa sopra come i muratori. Come si dice muratore?». La salsa di maionese, tonno, acciughe e capperi è sifonata e messa sopra. «
Federico Sisti (il suo assistente), comincia a cuocere le rosole. Come si fa a vedere il tempo qui?». Versa jus de viande, olio, pepe e sale: «Vorrei rivitalizzare i gesti delle trattorie di una volta: giro d'olio, macinata di pepe e spolverata di prezzemolo».
Terzo piatto: guancia di rana pescatrice, «ma con
cicciolata, cioè la parte della testa, grassa del maiale. Viene dalla Romagna ma la usiamo tanto anche in Veneto. Aglio e timo. Semplice, con ingredienti poco convenzionali.
Jus de viande ma con aceto. Limone.
Taaaac!»
Intanto il midollo è cotto nel green egg: «
Giovanni dai, vien qui, gira il midollo. Usiamo il mirto. Vien qua vien qua, senti che roba,
look,
taac! Aggiungiamo una parte amara e una acida. Lampascioni
is Puglia: li lasciamo in acqua per una notte, li bolliamo con aromi. E li servo tipo
pickles on
this panara che noi usiamo per la polenta». Rompe l’aglio e lo spalma sul pane. «Chef,
esci il midollo», intima a
Passerini che ride come tutti in sala. «It’s our predessert.
Toh magna!».

Mezzora di selfie a fine lezione
«The
last one è un piatto molto
cool,
the best. Sono un pochettino famoso in Italia per questo.
It’s matrice,
vagiaina di vacca, le tube di falloppio.
Tub de fallopp? Prova a tradurre
Giovanni. La metto a bollire con olio sedano carote e cipolla. Naturale. L’importanza è la qualità dell’ingrediente. Pepe, prezzemolo,
taac».
Il saluto finale è per casa: «Volevo ringraziare tutti i ragazzi della mia sala. Pensate che nessuno di loro aveva mai lavorato prima in un ristorante. Ciao mamma. Venite da
Trippa, dai, ma prenotate per tempo, eh dai!». Platea in lacrime.