13-03-2024

La fame nel mondo, la plastica nei mari: oltre la cucina con Rasmus Munk

La filosofia disruptive dello chef danese di Alchemist a Identità Milano: «Noi cuochi possiamo cambiare il sistema con messaggi che vanno oltre la bontà e il sapore»

Rasmus Munk di Alchemist, Copenhagen, 2 stelle M

Rasmus Munk di Alchemist, Copenhagen, 2 stelle Michelin e numero 5 nella World's 50Best 2023 (foto Brambilla/Serrani)

Sala gremita in ogni ordine di posto, direbbero i cronisti di un tempo, per la lezione di Rasmus Munk, chef disobbediente di uno dei ristoranti più disobbedienti al mondo, Alchemist di Copenhagen. Un ragazzone vestito in tuta e scarpe da ginnastica per illustrare i contenuti largamente disruptive, l’aggettivo più utilizzato per raccontare l’insegna di cui regge i destini dal 2019, poco prima che il covid infuriasse nel mondo. 

Lo assiste una sequenza di slide con cui srotola la narrazione: «Da Alchemist facciamo cucina olistica», un aggettivo che richiama un intreccio complesso di discipline di ogni tipo, «cioè società, scienza, arte, gastronomia, le macro-aree del nostro orizzonte di interesse. Che presenta ulteriori sottoinsiemi come microbiologia, giustizia sociale, educazione, ricerca, benessere animale, artigianalità, provocazione, sostenibilità, effetti visivi, spreco del cibo, musica, microbiologia, analisi sensoriale, scenografia, musica classica, esperienze cinematiche, architettura». Perché «Un cuoco non può occuparsi solo di flavors and dishes», di sapori e piatti. «Noi vogliamo essere disruptive», cioè disgregare, interrompere, arrestare, fermare. Disobbedire.

Alchemist è un ristorante con cupola alla maniera di un planetario di 2.200 mq, diviso in tante stanze, un modo per contravvenire anche allo schema architettonico classico della ristorazione. «Ma poi c’è anche il cibo, naturalmente», precisa mentre proietta l’immagine della celebre lingua fatta in silicone, «Un cucchiaio che non è un cucchiaio ma qualcosa che cerca di allargare l’esperienza sensoriale».

Tecniche da tutto il mondo con cui dipinge soggetti i cui sapori toccano temi sociali come la plastica degli oceani, i viaggi nello spazio, l'urgenza di donare del sangue: «A molta gente questo piatto non piace perché sa di sangue: il 70% lo rifiuta ma that’s fine perché a me interessa che passi soprattutto il messaggio». Un messaggio importante: «Sembra che nell'alta cucina si debba essere creativi solo per piacere, non per disturbare il commensale, farlo pensate. Cosa c'è di artistico nel sapore? Quasi tutti gli artisti della storia hanno lanciato messaggi politici, denunciando il sistema in cui viviamo. Perché a un cuoco non è concessa la stessa cosa?»

E allora si può parlare di fame del mondo, una riflessione partita dalla campagna Unicef con bambino africano denutrito in primo piano e la headline È ora di condividere. «Perché un artista può lanciare messaggi controversi e un cuoco no?», continua Rasmus, che subito dopo racconta le trame di Plastic fantastic, un piatto che segnala il problema delle microplastiche dei nostri mari. «Noi possiamo cambiare il sistema con messaggi che vanno oltre la bontà e il sapore. Con esperienze di fruizione nuove, che contravvengono al senso comune. Sapori classici, inseriti in cornici nuove e più complesse».

Un progetto molto articolato di restaurant experience, dunque, tessuto da uno staff di una centinaio di persone più collaboratori esterni da altri mondi: performer, designer, animatori... «Perché la cucina deve evolvere, creare nuovi linguaggi, aprire nuove strade. Generare un nuovo impatto nel mondo». Quello che si propone di fare Spore, un nuovo laboratorio di ricerca di mille metri quadrati aperto nel quartiere industriale di Refshaleøen in cui ad esempio la microbiologia può dialogare col sound design.

L’ultima slide è un’immagine di Rasmus Munk seduto a una scrivania, l’ultima immagine disruptive: «Qual è il ruolo di uno chef oggi? I giornalisti mi chiedono sempre di posare cucinando, reggendo pesci o appiccando fiamme in cucina. Ma io mi vedo più coerente a questo ruolo, seduto a scrivere storylines di progetti sempre nuovi. A cucinare qualcosa che abbia più senso dei sapori comuni. La cosa più disobbediente che possiamo fare oggi».


IG2024: la disobbedienza

Tutti i contenuti di Identità Milano 2024, edizione numero 19 del nostro congresso internazionale.

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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