10-03-2024
A sinistra, lo chef Carlo Cracco e a destra Luca Sacchi, la sua ombra al ristorante Cracco, Milano. Foto Brambilla-Serrani
C’è un modello nella disobbedienza di Carlo Cracco, che apre la mattinata della seconda giornata di Identità Milano 2024 introdotto dal nostro Gabriele Zanatta e quel modello è senz'altro Gualtiero Marchesi. Il padre della disobbedienza, ma soprattutto il padre della disobbedienza in un momento storico che necessitava una nuova via e, forse, anche di una nuova cucina. Senza ergersi a fenomeno, discreto; introverso certo, «ma con una grandissima carica di innovazione mista a disobbedienza» spiega Cracco. Senza grandi parole, ma con l’idea. E l’idea più somma e soddisfacente per il maestro altro non era che la cucina italiana. Nel tempo la nutrirà di ricette inedite, ciascuna messa a punto non a caso, ma portatrice di un messaggio, che è l’italianità stessa, espressa di volta in volta da riferimenti, colore, forma. L’Italia intera.
È questo lo stimolo, il punto di inizio per tutti i suoi allievi lasciati liberi di crescere, di avanzare, invitati a sfuggire a un ruolo fatto e finito, alle monopassioni, alla monotonia, alla «monorotaia», preferendo invece la pluralità, la capacità di adattarsi, e far fruttare la linfa della passione come in un grande albero – il cuore è lo stesso, le direzioni molteplici.
Carlo Cracco non arriva casualmente al cospetto di questo maestro della disobbedienza, perché disobbediente, in fin dei conti, lo era pure lui. Cuoco voleva esserlo "per fame", e per quel desiderio che nasce dalla fame di trasformare "un appetito", in passione e mestiere. Sempre innovando, sempre sfuggendo all’ovvio, senza mai omologarsi. Eppure, nonostante la diffidenza del padre rispetto a questa sua scelta, il genitore non gli ha mai impedito di perseverare, di trovare una propria via, alla stessa maniera in cui il maestro Marchesi non ha mai imposto quel monobinario, preferendo alla ripetizione, la libertà di essere. Essere in cucina, purchè tutto avesse un senso, che raccogliamo dal racconto del presente stimolato e corroborato dall’attore co-protagonista di una brillante rappresentazione di tradizione milanese lombarda, rispolverata, rinvigorita: Luca Sacchi al fianco di Cracco nel suo ristorante. «Luca è un bravissimo pasticciere, ma sa anche cucinare e questa è una cosa che mi piace molto perché stimola la creatività», sottolinea Cracco.
Ed ecco cinque 5 piatti, tutti parte del menu che verrà lanciato a breve al ristorante; un percorso di ispirazione tradizionale, un serbatoio denso di idee tutte prelevate non dai grandi salotti dell'alta borghesia, ma dalla cucina popolare; ci troviamo nelle case della vecchia Milano, nelle sue trattorie, ma siamo anche in provincia, in aperta campagna. La Cultura, la Storia da prendere a morsi e da assimilare in cinque ricette, sul palco di Identità Milano.
PANE, POLENTA E BRUSCITT Ieri Busto Arsizio: tutto inizia da qui, nelle macellerie dove il macellaio conservava i rimasugli della carne tagliata, raccolti in una bacinella durante tutto l’arco della giornata e venduti poi alle persone meno abbienti. Questo è il bruscitt (briciole), un misto di carne trita - manzo, vitello, maiale - venduto a basso prezzo, come delle frattaglie. Non era mai tanta, ma cotta a lungo, sfumata con del vino rosso, arricchita con del finocchietto, dava sostanza e gusto a vagonate di polenta che, invece, saziano la pancia di famiglie numerose.
Pane, polenta e bruscitt
LA MINESTRA DI GRANO Parliamo di un piatto che utilizza una tecnica solitamente applicata per un altro ingrediente. Quindi, niente riso, ma grano saraceno tostato come un risotto, bagnato da un brodo di grano saraceno e maiale, arricchito ulteriormente da prosciutto cotto alla brace – che accentua il profumo di tostato e arrostito – e la cotenna, uno degli ingredienti più utilizzati in qualsiasi minestra in passato, che dà sensazioni proteiche di pienezza e grassezza; riempie la pancia e solletica il palato. Una volta assorbito il liquido di cottura, il grano viene mantecato come un risotto con un olio profumato alla salvia, parmigiano ed erba cipollina. Venendo meno la parte amidacea del riso, a creare l’emulsione saranno solo il burro e il liquido di cottura. Sopraggiunge sul palato la sensazione di una zuppa di tempi passati ma ricca e profonda, dal sapore nobile. Chiude il piatto un velo di grano saraceno tostato; poi, per spezzare il filo di sapore, mela cotta (per riprendere il binomio maiale/mela, un classico), mentre per movimentare il morso, si aggiunge una foglia di salvia farcita con musetto di maiale brasato, scorza limone e cotenna soffiata cosparsa di pecorino e pepe nero. Monotonia zero.
MILANO CHE AVANZA Ieri Alcuni piatti hanno bisogna di tempo per definire a pieno la loro identità e giungere alla migliore versione di sè: in altre parole, devono maturare. È il caso di Milano che avanza. E qui è opportuno, ancora una volta, fare un passo indietro e raggiungere quelle poche vere trattorie milanesi dove fette e fette di vitello alla milanese venivano preparate e poi scaldate all'occorrenza, durante il servizio. Ciò che avanzava, qualora non toccasse al personale, veniva conservato e messo sotto aceto, quindi presentato in menu come Milanese sott’aceto.
Milano che avanza
LA QUAGLIA INGIOIELLATA
La quaglia ingioiellata
SORBETTO ALLA CANNELLA
Sorbetto alla cannella
Tutti i contenuti di Identità Milano 2024, edizione numero 19 del nostro congresso internazionale.
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Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.
Un'allegria intelligente, ironica, stimolante: Bruno Verjus ha portato la sua energia a Identità Milano 2024 (Tutte le foto sono di Brambilla / Serrani)
Victor Arguinzoniz fotografato a Identità Milano 2024 da Brambilla / Serrani