24-04-2024

La rivoluzione vegetale di Torino in 4 indirizzi

Normalmente più lenta di altre ad assorbire le novità, la città corre sul cibo veg. Con Antonio Chiodi Latini, Soul Kitchen, Orto già Salsamentario e Mezzaluna

Antonio Chiodi Latini, autorità vegetale nel rist

Antonio Chiodi Latini, autorità vegetale nel ristorante omonimo di Torino

Il vegetale, per molti una deriva secessionista, per altri un precetto salutistico, o semplicemente un modo diverso di trattare gli alimenti, per alcuni infine una scelta di vita. Affrontare il tema della cucina vegetale divide le masse e crea scompiglio tra i tanti lettori di cibo, infastiditi da veder escludere dalle tavole e dai menu le migliori e prelibate proteine animali. Per chi è appassionato di cibo è buona cosa non entrare nella disanima irrisolta tra buoni e cattivi, ma invece corretto avvicinarsi alla cucina vegetale con curiosità, con desiderio di comprendere, come si fa ogni volta che si entra in un ristorante con radici storiche e culturali diverse, che parla un linguaggio che non si conosce e talvolta non si comprende.

Con questo approccio cauto e sabaudo da sempre mi sono avvicinato ai nuovi ristoranti e nel caso dei ristoranti veg, talvolta preceduto dal preconcetto, “Non sarete buoni come gli altri”. Pregiudizio, sbagliato sempre e comunque anche nell’affrontare nuove insegne. Se la cucina veg ha grande tradizioni in città estere e nelle grandi città italiane, Torino come sempre respira i nuovi fenomeni a fatica e li rielabora per farli comprendere al suo pubblico, cauto e ben più sabaudo di me.

Perché, al di là delle considerazioni settarie e delle posizioni da stadio sull’essere vegani o onnivori, su quali sono i vantaggi dell’una e dell’altra fazione e al netto di non prendere parte a nessuna delle due, appare sicuramente più interessante parlare di materie prime e di come cambiano a casa degli uni e degli altri. E da un po’ di anni la città della Mole da ospitalità a un bel movimento di cuochi vegetariani con alcune delle insegne sicuramente più riconosciute dal grande pubblico e dagli appassionati di cibo anche fuori dalla regione. Qui di seguito diamo il nostro contributo alla causa e facciamo una selezione breve e non esaustiva della cucina verde a Torino.

Porro e Maillard e Risotto con piselli alla cenere, Antonio Chiodi Latini

Porro e Maillard e Risotto con piselli alla cenere, Antonio Chiodi Latini

Tardivo e lampone, Antonio Chiodi Latini

Tardivo e lampone, Antonio Chiodi Latini

Antonio Chiodi Latini, in direzione ostinata e contraria
E' doveroso partire da Antonio Chiodi Latini, chef dell’omonimo ristorante, che esprime la sua filosofia di cucina su se stesso prima di tutto, con una coerenza straordinaria tra quello che vedi nel piatto e quello che senti nelle sue parole. La sua è una scelta di sostanza e non di apparenza, una necessità in un percorso ormai lungo parecchi anni, dopo che per altri decenni aveva maneggiato tutte le proteine disponibili. La sua ricerca è solo ed esclusivamente vegetale, così rimane sempre e comunque, nobilitando davvero la pianta in tutte le sue componenti e in tutti i lati del menu.

Oggi la sua cucina si è evoluta ed è diventata complessa, articolata nella scelta degli elementi e nel loro trattamento. Il vegetale è presente, mai nascosto in elaborazioni o trasformazioni che possano essere ricondotte alla cucina onnivora, di cui non ama nemmeno i riferimenti nel nominare i piatti. Ha studiato e lavorato il vegetale per anni e ora lo tratta con confidenza e rispetto. “la bellezza di stare in cucina con i vegetali ce l’hai nell’odore che senti nelle mani dopo aver cucinato tutto il giorno. Ricordo ancora l’odore che avevano quando cucinavo carne o pesce”.

Se la spiego, la dimentichi. Se la guardi, la ricordi. Se la gusti, la capisci, dice il suo menu; mai fu espresso meglio quel senso di perdita che abbiamo spesso davanti alla spiegazione di un piatto, che sempre più ricorda a chi scrive, una favola; così seguo i racconti di Chiodi, come lo chiama la figlia Giorgia in sala, affabulato dalle parole e mi butto su vista e gusto, dove ritrovo sapori acidi e amari, agrodolci e sapidi e le tante espressioni che i vegetali sanno dare se trattati con questa sapienza.

La sua è una cucina del futuro perché ragiona con l’ambiente e con chi la abita. Fantastica la sua interpretazione del sandwich. Oppure il tapinambur in 5 essenze che viene trattato non da radice ma diventa un main dish, il piatto che viene riservato alla proteina più importante. Oppure il broccolo, che viene servito in crema, criogenato da polverizzare sopra la pasta di grano soffiato. Ma questo era l’inverno e adesso spazio alla primavera che è la stagione vegetale per eccellenza: quindi spazio alle fragole che si gustano in un carpaccio di pastinaca o il risotto con i piselli nella cenere. Qui si percepisce un collegamento stretto con la natura, nei piatti con il corso dei mesi e delle stagioni e in sala, dove regna un equilibrio e una serenità ce certo dipende da cosa e come si cucina.

Luca Andrè, Soul Kitchen

Luca Andrè, Soul Kitchen

Pasta e ceci, Soul Kitchen

Pasta e ceci, Soul Kitchen

Amore, radici e tuberi, Soul Kitchen

Amore, radici e tuberi, Soul Kitchen

The Soul Kitchen, la tecnologia al servizio di uno chef
Il secondo luogo veg per eccellenza a Torino è Soul Kitchen, dello chef Luca Andrè. Un ristorante innanzitutto, che sfama da 10 anni circa 50 persone a sera; dove è giusto andare indipendentemente dai limiti alla propria dieta perché qui si fa ricerca sugli ingredienti e sulle ricette senza limitare la soddisfazione del gusto che allontana i non appassionati del colore verde.

Lo chef Andrè fa un lungo e difficile lavoro di ricerca per preparare i suoi piatti. Ricerca per portare il suo ristorante ad avere un menu completo senza le assenze del secondo piatto che per molti è il centro del desinare. Ricerca per provare a costruire con il vegetale nelle apparenze e nel gusto immaginari tipici di un ristorante onnivoro. Ricerca per migliorare la comprensione e stupire il cliente nel ritrovare un gusto non abbinato all’ingrediente che ci si attende.

Per fare questo è necessario aprire collaborazioni con aziende e produttori innovativi (italiani e non) che lavorano il vegetale in maniera naturale con tecnologie d’avanguardia, per sostituire non solo carne e pesce ma anche uovo, latte o formaggi, con prodotti che siano sempre all’altezza non solo per il gusto, ma anche da un punto di vista strettamente tecnico. Si perché la tecnologia sta cambiando la narrazione del vegetale continuando ad arricchire di conseguenza la cucina vegetariana.

Così si lavora e si sperimenta per riportare a chi ha fatto una scelta di vita veg, gusti e sapori che rimandano alla cucina dell’infanzia onnivora e ai curiosi del cibo novità gustative dal lavoro di vecchie e nuove materie prime. Il formaggio prodotto con anacardi cocco e ceci, oppure la carne trafilata da una stampante 3D dopo essere stata prodotta da una miscela di vegetali che ne costruisce la texture e il sapore in maniera davvero impressionante. Togliere inizialmente è semplice, d’altronde lo diceva anche Marchesi, ma poi ricostruire sensazioni visive tattili e di gusto un po’ meno. Viviamo abituati a sensazioni palatali che gli chef vegetali cercano di seguire per non togliere troppi riferimenti e non rendere i propri percorsi meno accoglienti.

Il menù ha richiami orientali nel Daikhimi dove il daikon viene servito con sedano e alkekengi o nel Capunet che viene costruito con una verza ma con il ripieno di peperone shitake, kimchi e pakchoi. Ma si resta in Piemonte con gli spaghettoni al Nebbiolo e con il riso, Bianco rosso e verdone, con cipolla e shiso verde. Poi i secondi con i tagli di Redefine meat (a proposito di aziende che investono nel tecnologie food) e i dessert, come la fantastica Pastiera Napoletana, dove sono molti gli ingredienti che devono trovare un suo omologo vegetale.

Ma perché non c’è solo l’alta cucina a Torino, per chi vuole provare un ristorante veg più informale suggeriamo altri due indirizzi.

Eduardo Ferrante, L'Orto Già Salsamentario

Eduardo Ferrante, L'Orto Già Salsamentario

Daniela Zaccuri, Mezzaluna

Daniela Zaccuri, Mezzaluna

L'Orto Già Salsamentario, il preferito da Nole Djokovic
E' noto alla cronaca come il numero 1 del tennis mondiale di passaggio a Torino per gli ATP Finals, abbia fatto sosta più di una volta da Eduardo Ferrante e il suo l’Orto Già Salsamentario, un’istituzione tra i ristoranti vegetali a Torino. E pensare che il locale nasce nel 2017 dalle spoglie di una salumeria vecchia di più di 100 anni, in via Monferrato proprio di fronte al Po. Un ristorante che mette a proprio agio i clienti grazie anche al sorriso dello chef e alla sua positività che si trasmette a tutta la sala, con il suo motto #lortospacca. All’Orto si trovano i classici piatti italiani rivisitati in chiave vegetale, come la Lingua dell’orto o i tomini, oppure la fantastica insalata russa. I primi son i ravioli serviti con un ragù bianco di mandole e patate o il riso con carciofi e crema di anacardi. Ormai Novak è anche in un secondo, composto da tre mini burger di carote mandorle e pomodori secchi, essiccati e serviti crudi con crema di anacardi e curcuma.

Dalla colazione alla cena in centro a Torino: La mezzaluna
Ultima insegna veg di Torino è la Mezzaluna. A due passi da Porta Palazzo, nel quadrilatero romano di Torino, la Mezzaluna è un luogo perfetto per un passaggio completamente vegetale, dalla colazione, al pratico pranzo a buffet, sino alla sera per una proposta alla carta più variegata e profonda. Il locale nasce nel lontano 1994, ad opera di due torinesi Daniela Zuccari e Claudio Viano, che hanno battezzato il locale così, in ricordo dei libri di storia del liceo, quando si citavano le fertili terre della Mesopotamia.

Daniela in cucina prepara dai dolci per la colazione, ai piatti per il pranzo e la cena. Ottima l’insalata russa vegan come le Vegan Pad Thai o il Chili messicano di fagioli neri e spezzatino di soia, servito con chips di tortillas. L’ambiente è molto casalingo e il servizio attentissimo e anche qui il sorriso non manca mai. Che sia merito dei vegetali?

 


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Luca Milanetto

gastronomo per passione e assaggiatore seriale, abitante della periferia montana del Regno Sabaudo, nel tempo che resta prova a innovare il sistema di welfare italiano. Ancora si emoziona prima di aprire il menu di un nuovo ristorante

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