09-11-2018
Le caratteristiche corna a turacciolo della capra girgentana
Non era girgentana la capra Amaltea dalle cui mammelle, sulle pendici del monte Ida, Zeus bambino bevve il latte: almeno non secondo la celebre rappresentazione che Bernini fissò nel marmo. Fosse stata girgentana, avrebbe avuto le inconfondibili e monumentali corna a spirale, le stesse che si trovano ancora oggi riprodotte su vasi e bassorilievi del Museo archeologico della Valle dei Templi di Agrigento. L’appellativo di questa specie deriva infatti proprio dal nome di questa città: l’antica Girgenti ribattezzata da Mussolini, nel 1927, Agrigento.
Capre girgentane e non. A sinistra un'immagine della capra girgentana su un cratere in terracotta ritrovato durante scavi intorno alla Valle dei Templi. A destra, la capra Amaltea scolpita dal Bernini: non era girgentana...
Immagine su antico cratere greco, Valle dei Templi - V sec a.C.
Sarcofago - Valle dei Templi - V sec a.C.
E se lo ricordano tutti gli anziani dell’Agrigentino che rievocano ancora con nostalgia il sapore squisito di questo latte pregiato, particolarmente digeribile, con basso odore ircino, un ottimo rapporto tra grassi e proteine e un retrogusto di frutta secca; latte che ha cresciuto generazioni intere di siciliani, in modo non tanto dissimile da quanto fece la capra Amaltea con il padre di tutti gli dei.
La capra girgentana al pascolo
Quando Giacomo Gatì, originario di Campobello di Licata (Agrigento), tornò dalla Germania dove era emigrato come tanti isolani in cerca di lavoro, trovare due esemplari da comprare per la sua fattoria fu una vera impresa. Era il 1979 e la capra girgentana era diventata una specie in via d’estinzione.
Giacomo Gatì con una sua capra e, a destra, capra girgentana e ulivo, presenti in Sicilia da millenni
I suoi maestri nell’arte della caseificazione? Un’amica svizzera che aveva lavorato nelle malghe elvetiche; e Plinio il Vecchio, che nel suo Naturalis Historia indicava la pigna, il cardo, il fico - tra gli altri - quali sostanze vegetali alternative al caglio animale. Oltre naturalmente alla curiosità: la migliore maestra, che lo spinse a documentarsi, studiare, partecipare a convegni e conferenze e sperimentare nel garage di casa invitando poi gli amici ad assaggiare le sue creazioni.
Giacomo Gatì con le sue capre al pascolo
«Nel dicembre del 2015 un affinatore francese incluse il nostro Ficu in un platò di forme di capra», ricorda con orgoglio Davide. Menzione speciale, dunque, per il Ficu (“fico” in dialetto): coagulazione lattica, pasta morbida spalmabile, caglio vegetale. La sostanza usata è il latticello della pianta del fico, nelle cui foglie è avvolta la forma durante la stagionatura. Ne risulta un gusto erbaceo e una piacevole acidità, molto delicata.
Giacomo e Davide tengono a sottolineare l’appoggio fondamentale ottenuto dalla Fondazione Slow Food: «È stata un volano fondamentale per questo progetto - rimarca Giacomo - La creazione del presidio e la possibilità di esporre a fiere quali il Salone del Gusto di Torino o Cheese di Bra ci hanno permesso di raggiungere un'importante visibilità nazionale e internazionale».
Al centro, Davide Lonardo e Giacomo Gatì davanti al prodotto della loro arte. A sinistra alcune forme di robiole aromatizzate. A destra Muscio, il formaggio da latte di capra girgentana preferito di Ciccio Sultano
Il ventaglio di forme prodotte nel piccolo laboratorio di Campobello di Licata sorprende non solo per la qualità, davvero altissima, ma anche per la creatività dei due formaggiai, che dà vita ogni anno a nuovi prodotti: pasta dura o morbida, coagualzione presamica o lattica, caglio vegetale o animale… Si parte dalle robioline fresche, aromatizzate con scorza d’arancia, con semi di papavero, pistacchio o maggiorana, fino ad arrivare a caci piccanti, erborinati, molli, puzzolenti e saporiti come i più celebri cugini di Francia.
Palbec, Lumìa e Muscio
Degno di nota anche il Sarbaggio (“selvaggio/selvatico”): crosta sottile, pasta compatta ma scioglievole in bocca, che ci conclude con un’inaspettata e riconoscibilissima note dolce ed erbacea; è il finocchietto selvatico, che fa capolino e che battezza questa forma. Abbiamo provato anche il Muscio, il preferito di Ciccio Sultano, che lo ha selezionato per comporre le sue creazioni barocche: crosta spessa e semidura con un interno cremoso, può ricordare un delicatissimo brie.
Lo Scirocco, piccante e intenso
Il secondo: prodotto senza alcuna aggiunta di caglio, nato dal caso e dall’errore, come tante celebri ricette - di cibi e di vini - in una giornata di scirocco, il vento caldo e afoso che soffia dall’Africa in certi meriggi soffocanti, riempiendo l’aria di sabbia e facendo aumentare la temperatura. Il latte appena munto inacidì, «decisi allora di provare a far cagliare il formaggio usando la stessa acidità del latte» racconta Gatì. Il risultato è un prodotto color giallognolo, a pasta dura, piccante e saporitissimo.
Stagionatura dei formaggi
E ancora: La Carciofa. Pasta morbida, spalmabile. Coagulazione lattica, caglio vegetale (anche qui estratto dagli stami del carciofo). Crosta fiorita, con un cuore molto cremoso grazie alla proteolisi. Retrogusto delicato di carciofo. O Bilù: (“blu” in dialetto siciliano campobellese), un altro gorgonzola delicato, questa volta ottenuto da caglio animale, con aggiunta delle muffe del penicillum roqueforti. Pasta morbida, cremoso con le venature blu. La classica finezza del formaggio di girgentana col retrogusto delicato del penicillum.
La Carciofa, un newborn cheese in casa Montalbo
Non sarà, dunque, solo la Bellezza a salvare la Sicilia: questa storia è una prova del fatto che anche il Gusto – e tutto il mondo e la cultura che vi girano attorno – possa fungere da importante motore di crescita e riscatto.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales