07-10-2020

Future Market, ovvero come il design può riprogettare il cibo rendendolo sostenibile

Il racconto dell'incontro con Elle Decor a Identità Golose Milano: recupero degli sprechi, semi e frutti dimenticati, proteine alternative, farm domestiche, packaging sostenibili...

An egg without a chicken, di Annie Larkins, anniel

An egg without a chicken, di Annie Larkins, annielarkins.co.uk: uno dei progetti di cibo futuribile e sostenibile dei quali si è discusso a Identità Golose Milano durante il secondo incontro del ciclo Fab Food Conversations, organizzato in occasione della Milano Design City da Elle Decor insieme a Identità Golose Milano e Comune di Milano, per sviluppare la cultura del design in relazione al mondo del food

Quanto è importante il design oggi per creare una scala di valori in grado di influenzare positivamente il consumatore, in un’ottica anche sostenibile? È stato questo l’interrogativo di fondo che ha attraversato il secondo dei quattro appuntamenti di Fab Food Conversations, il ciclo di lezioni organizzato, in occasione della Milano Design City, da Elle Decor insieme a Identità Golose Milano e Comune di Milano, per sviluppare la cultura del design in relazione al mondo del food.

Dopo il primo appuntamento su Progettare la convivialità, all’hub di via Romagnosi si è parlato di Cibo e Sostenibilità, attraverso i dialoghi di Valentina Raggi, editor di Elle Decor Italia, con Sonia Massari, ricercatrice e docente di Design per il cibo e la sostenibilità, e Federico Casotto, design manager e food specialist di Design Group Italia. Il talk si è articolato attorno al Future Market, uno dei temi della mostra interamente digitale “Fab Food. The news spaces and rituals”, sviluppata da Elle Decor.

Un momento della conferenza

Un momento della conferenza

In Future Market, ha spiegato Valentina Raggi, non sono messi in mostra prodotti di massa o design, ma progetti realizzati da scienziati, ricercatori, studiosi di tutto il mondo sviluppati con un approccio prettamente scientifico e per la maggior parte volutamente provocatori; la loro presenza nella mostra è mirata a far riflettere l’utente sul possibile futuro del mondo del food. «La logica della mostra è uscire con più domande, non ricavarne conferme ma possibili punti di discussione su scenari a noi sempre più vicini» ha chiosato Sonia Massari, che si è occupata per Future Market della selezione di progetti rappresentativi dell’evoluzione del sistema cibo.

Sei i temi principali – recupero degli sprechi, semi e frutti dimenticati, proteine alternative, farm domestiche, packaging sostenibili, re-thinking – scelti per illustrare come il design possa aiutare a ripensare e riprogettare, in chiave sostenibile, l’intera filiera del cibo, con un approccio sistemico che parta dalla produzione per arrivare al consumo. Un’idea di design come progetto che va oltre la percezione di pura estetica, dimostrando come, attraverso un utilizzo virtuoso delle risorse, sia possibile vivere bene con uno stile di vita sano e sostenibile.

La stanza virtuale Future Market, all'interno della mostra interamente digitale “Fab Food. The news spaces and rituals”, sviluppata da Elle Decor, per visitarla clicca qui

La stanza virtuale Future Market, all'interno della mostra interamente digitale “Fab Food. The news spaces and rituals”, sviluppata da Elle Decor, per visitarla clicca qui

Un concetto che si esplica nella tematica del recupero: negli ultimi anni gli scarti alimentari sono diventati sempre più oggetto di progetti di riutilizzo e riconversione (come ad esempio la birra di RecuperAle, prodotta dai carcerati di Rebibbia a partire da scarti di pane). Ma oggi il recupero riguarda anche altri fronti: come afferma Valentina Raggi, «sono numerosi i prodotti autoctoni che non sono più presenti oggi sulle tavole per questioni storiche, culturali o di marketing». Riscoprire semi e prodotti dimenticati e riprogettare un’economia attraverso di essi significa riportare l’uomo a contatto con la natura, in un tentativo di ripensare gli ecosistemi che sono stati modificati nel tempo e ricreare il presente a partire dalle soluzioni disponibili: come la coltivazione di ortaggi e frutti con acqua marina e successiva conservazione sotto sale sviluppata da StudioH (pratica utile in zone della Terra in cui manca l’acqua dolce) o l’utilizzo di utensili, sviluppati dal progetto Semi recuperati 3.0 di Monica Bortolussi, per poter recuperare in autonomia i semi dal cibo consumato.

Progetto RecuperAle, Facebook

Progetto RecuperAle, Facebook

Progetto S/Zout di Studio H, studio-h.co.za

Progetto S/Zout di Studio H, studio-h.co.za

Progetto Semi recuperati 3.0 di Monica Bortolussi, behance.net/monicabortolussi

Progetto Semi recuperati 3.0 di Monica Bortolussi, behance.net/monicabortolussi

Un ulteriore spunto di riflessione è offerto dalle proteine alternative, tentativi di riprodurre le caratteristiche organolettiche di determinati alimenti utilizzando fonti diverse e più sostenibili. Ne è esempio il progetto An Egg Without a Chicken di Annie Larkins, che ricrea un intero uovo vegano a partire dal suo guscio. Ma anche progetti virtuosi come questo portano con sé il problema dell’impatto ambientale dato dai processi di produzione, dimostrando come le alternative non siano sempre migliori da tutti i punti di vista.

Di nuovo An egg without a chicken, di Annie Larkins, annielarkins.co.uk

Di nuovo An egg without a chicken, di Annie Larkins, annielarkins.co.uk

La tecnologia può allora aiutare a riavvicinarci alla natura o quanto saremo lontani da essa proprio grazie alle tecnologie? Una soluzione può consistere, secondo Casotto, nel preferire al principio di sostituzione un deciso cambio di comportamento, che porti a una vera innovazione sociale. Ma perché ciò avvenga è necessario che il consumatore sia consapevole delle possibilità offerte anche dal design.

«Più il pubblico è consapevole, più chiede» afferma Massari. E la richiesta del pubblico implica lo sforzo, da parte delle aziende, di cercare la giusta strada da percorrere: lo scambio tra produttore e consumatore può aiutare a trovare soluzioni adatte alle esigenze di tutti i protagonisti della filiera. È il caso della ricerca sul packaging sostenibile, ad esempio quello sviluppato a partire dal cibo (come nel progetto IIT Genova, che trasforma i vegetali in una nuova generazione di bioplastiche); il consumatore può essere parte attiva raccogliendo materiali organici che possano avere una seconda vita, mentre il produttore non spreca perché dai suoi scarti può realizzare un packaging.

Sopra e sotto, il progetto di IIT Genova, iit.it

Sopra e sotto, il progetto di IIT Genova, iit.it

La logica alla base deve sempre consistere in un cambiamento di prospettiva e di paradigma; Il futuro deve essere ripensato per soluzioni semplici, creando magari dei nativi sostenibili, come li definisce Sonia Massari. Le tecnologie devono attivare nuovi comportamenti per creare comunità di sostenibilità, mentre il singolo può essere in grado nel suo piccolo, se guidato nel modo giusto e reso consapevole, di prendere decisioni che possano effettivamente fare la differenza, attivando comportamenti in grado di migliorare se stesso ma anche il pianeta. In questo scenario, l’arte e la creatività possono contribuire al cibo del futuro in chiave moderna e sostenibile: il design può avere allora un ruolo attivo, indagando e mettendo a disposizione dei consumatori strade ancora poco battute per aprire a interrogativi e riflessioni utili.
Foto dei relatori al termine dell'incontro: Federico Casotto, Livia Peraldo Matton, Sonia Massari, Valentina Raggi

Foto dei relatori al termine dell'incontro: Federico Casotto, Livia Peraldo Matton, Sonia Massari, Valentina Raggi

 

IL PROSSIMO APPUNTAMENTO
Venerdì 9 ottobre, ore 18.30
LA RICETTA DELLA LUCE
Livia Peraldo Matton, direttore di Elle Decor Italia
incontra
Claudio Ceroni, founder Identità Golose Milano
Davide Groppi, designer e ceo Davide Groppi
Moreno Cedroni, chef Madonnina del Pescatore di Senigallia


Identità Golose Milano

Racconti, storie e immagini dal primo Hub Internazionale della Gastronomia, in via Romagnosi 3 a Milano

a cura di

Chiara Bondì

siciliana di cuore... e di pancia, trapiantata a Milano dopo gli studi in Lettere, per inseguire la sua nuova strada – quella giusta – fatta di comunicazione, buon cibo e buon vino

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