«Terra sono io. Questo libro sono io». Sono state tra le prime frasi proposte al pubblico raccolto nella Sala Ovale dell’Hub di Identità Golose Milano da Federico Quaranta, ospite di via Romagnosi per la presentazione del suo libro, edito da Sperling & Kupfer, e intitolato, appunto, “Terra”. Accompagnato dalle domande di Paolo Marchi, il conduttore televisivo e radiofonico - dal 2003 impegnato con Tinto nella conduzione di Decanter su Radio Rai 2 - ha ripercorso la marcia di avvicinamento a questo suo lavoro.
«Quando mi hanno proposto di scrivere questo libro - ha ricordato - stavo attraversando un momento di grandissima felicità. Era nata da poco mia figlia Petra, e avevo coronato un mio sogno. Infatti dovete sapere che quando ero bambino adoravo guardare in tv, seduto sulle ginocchia di mio nonno, partigiano delle Langhe, il programma “A come agricoltura”. Fazzuoli era il mio mito, altro che Pippo Baudo! Sul palco dello scorso Congresso di Identità avevo avuto il piacere di stringergli la mano, e in televisione, con la conduzione di “Linea Verde”, avevo l’onore di proseguire nella strada da lui iniziata molti anni prima».

Marchi e Quaranta con Paolo Benvengù, il cantautore che ha accompagnato la presentazione con le sue canzoni
Ma, come probabilmente molti sapranno, la RAI a fine agosto 2019 ha deciso di interrompere quella collaborazione (nonostante gli ottimi risultati ottenuti), sostituendo
Quaranta con un altro conduttore: «Fu un brutto colpo, mi venne a mancare un pezzo di vita, all’improvviso. E anche il lavoro su questo libro divenne difficile, ero come bloccato, con la classica sindrome da pagina bianca. Però, anche grazie ai consigli che degli amici mi hanno dato, ho capito quale doveva essere l’approccio alla scrittura del mio libro: viaggiare e scrivere. Fatelo anche voi: non lasciate che le emozioni si sedimentino, venendo poi superate da altre emozioni».
Ecco allora che “Terra” è diventato una raccolta, intensa e appassionata, di emozioni, di sguardi, di panorami, di scoperte, di incontri. Di umanità, soprattutto: «Le parole terra e uomo - ha detto l'autore durante la presentazione - hanno una radice comune nel concetto di “humus”».

Quaranta con Walter Massa
Le persone e le storie narrate da
Quaranta nel suo libro hanno in comune una passione e un’umiltà profonda, ricca, che lega i destini di questi uomini e di queste donne al loro territorio, alla loro terra. Sono storie conosciute da molti, come quella di
Walter Massa (presente in sala a
Identità Golose Milano), che con il recupero di uno straordinario vitigno autoctono come il Timorasso «ha guidato la rinascita di un territorio come quello delle colline tortonesi, che non visitava nessuno».
O sono invece storie di uomini che scopriamo grazie alle parole di questo libro, come quella del pastore Gregorio, che accompagna - quasi senza proferire verbo, ma solo suoni gutturali pieni di significati diversi - Federico Quaranta agli stazzi di Scanno, in Abruzzo. Guidando le sue pecore, i suoi cani...e anche lo stesso Quaranta, riprendendolo con rudezza quando egli, animato dalle migliori intenzioni, rischia di cacciarsi in un bel guaio al cospetto di un branco di lupi.
Sono storie di amore per la terra e per la propria famiglia: come quella di
Franco, che nell’alto casertano fa il pastore da trent’anni. «Non voleva fare il pastore,
Franco - spiega
Quaranta -. Suo figlio
Fabio, invece, voleva fare l’agricoltore, e rilanciare il suo territorio con la bontà dei suoi prodotti. A soli 22 anni
Fabio è morto, ribaltandosi con il trattore in uno dei suoi terreni. Oggi
Franco ama il suo lavoro come non mai, perché ogni giorno tiene vivo il sogno di suo figlio, che così è sempre al suo fianco».
Franco di cognome fa
Lombardi, ed era in via Romagnosi anche lui, accompagnato dall’altro figlio
Manuel: insieme guidano l’azienda agricola e agrituristica
Le Campestre, culla del Conciato Romano, un pecorino in anfora la cui tradizione risale sino agli antichi romani.
Grazie a una narrazione vivace, ma anche piena di momenti poetici,
Federico Quaranta prende i lettori per mano e li accompagna ad affacciarsi sui tanti panorami che ha contemplato in questi anni, consolidando ogni volta l’amore per la sua terra e per il suo lavoro. La presentazione ha permesso di immergersi in questi racconti, lasciando la voglia di scoprire tutti gli altri. A commentare, con efficacia altrettanto poetica, le parole dell'autore, ci ha pensato il cantautore
Paolo Benvegnù, che ha cantato brani di grande intensità come
"Il sentimento delle cose" o
"Cerchi nell'acqua".

Antonella Ricci e Vinod Sookar mentre spiegano i piatti alla squadra di sala e cucina dell'Hub

Sookar e Ricci con Fede e Tinto
A concludere e celebrare la presentazione del libro, ci hanno poi pensato
Antonella Ricci e
Vinod Sookar, invitati dallo stesso
Quaranta a raggiungerlo a Milano, lasciando la loro Ceglie Messapica dove conducono
il ristorante stellato che porta i loro stessi nomi (e che fino a poco fa si chiamava invece
Il Fornello da Ricci). Di seguito, nelle nostre foto e con le parole degli stessi cuochi, il racconto della cena con cui si è conclusa la serata.

Purè di fave di Carpino, companatico invernale e Pecorino Romano in anfora. «E’ in carta al nostro ristorante dal 1966. L’abbiamo cucinato noi, i genitori e i nonni di Antonella. Le fave di Carpino - essiccate, profumatissime - sono bianche e hanno una caratteristica buccia colorata. Una volta cotte, aggiungiamo l’olio del Frantoio Muraglia. Il companatico invernale prevede invece cipolla rossa di Acquaviva sbollentata e condita con olio e aceto, sale zucchero e pepe; una punta di cicoria e del carciofo di Brindisi, scottato all’aceto. Il Conciato Romano darà la spinta finale»

Orecchiette di semola rimacinata biologica Senatore Cappelli fatte a mano alle due consistenze di cime di rape e alacce. «Le prepareremo il mattino stesso, al coltello come usa da noi. La semola è quella rimacinata dal nostro contadino di fiducia, accanto al ristorante. Le cime sono in due consistenze perché volevamo eliminare il tradizionale filamento delle foglie, fastidioso alla masticazione: faremo la cima, dolciastra, e una crema di foglie, leggermente amarognola. Le alacce sono acciughe un po’ più grosse: sono impopolari ma noi le amiamo molto. Le produce Fish different, un bravissimo produttore calabrese. Creano dipendenza»

Variazioni di bombette su schiacciata di patate della Sila IGP cotte “Al Fornello”. «Sono 3 e tutte del nostro circondario le bombette utilizzate per questo piatto. Quella di Ceglie comprende pecorino, cappero e prezzemolo tirato. Quella di Locorotondo, caciocavallo, prezzemolo tritato, pepe. Quella di Cisternino è una bombetta leggermente panata. Le serviamo tutte e tre su una schiacciata di patate della Sila. Da bambini, andavamo in vacanza in Calabria. Mio padre tornava a casa con quintali di patate di montagna. Era la scorta di tutto l’anno. Abbiamo voluto conservare l’usanza. Le cuociamo sotto la cenere del fornello»

Biscotto cegliese, in questo caso morbido e croccante: «La versione tradizionale è a base di pasta di mandorle - impastatata con liquore di San Marzano e caffè - con ripieno di marmellata di ciliegie, che produciamo ogni anno a primavera inoltrata, e una leggera glassa di cacao. Tutti questi ingredienti vengono uniti in modo diverso, racchiusi in un bicchiere...»