Credo, riallacciandomi alla prima parte pubblicata giovedì scorso, che prima si passa a discutere di contenuti, di cosa fa oggi grande e buona una pizza, e meglio sarebbe proprio per il mondo della pizza napoletana. Penso al calcio e alla nazionale italiana quattro volte vittoriosa ai Mondiali e altre due finalista in epoche e con giocatori, tecnici e schemi inevitabilmente diversi, però nell’albo d’oro è sempre e solo scritto Italia.

Chiara Quaglia e Corrado Assenza
Ecco, si fa giustamente un gran parlare di “pizza gourmet” grazie al lavoro iniziato una decina di anni fa da
Simone Padoan ai
Tigli di San Bonifacio in priovincia di Verona, una pizza che viene contrapposta alla pizza tradizionale che in pratica si identifica con quella partenopea e con le “plastiche” delle catene di ristorazione veloce. E’ mortificante in primis per chi la pizza l’ha inventata ritrovarsi in svariati momenti fanalino di coda, estremo negativo contrapposto al nuovo. I primi che dovrebbero sentire la necessità di confrontarsi, discutere, chiedere, capire, cambiare dovrebbero essere i pizzaioli all’ombra del Vesuvio, senza sentirsi offesi se qualcuno dice loro che il mondo va avanti e non sempre in peggio.
Prima del simposio di Pizza Up, sesta edizione a Vighizzolo d’Este in provincia di Padova, il Molino Quaglia ha messo in rete un sondaggio, on line per tutto novembre, per capire come il pubblico vede la “pizza gourmet”, che tratti deve avere per essere considerata tale. Al 31 ottobre lo avevano compilato 1400 persone, con la possibilità di segnare fino a un massimo di 4 risposte in un lotto di dieci. E quattro sono quelle più cliccate. Con un dato che ha del clamoroso, tenuto conto di tutte le polemiche dentro e fuori la rete, oltre che della crisi economica: solo l’1,33% ha flaggato la voce “una pizza dal prezzo più alto”.

Francesca Romana Barberini
Il pubblico si dimostra più maturo e intelligente di tanti critici, blogger e commentatori di professione che crocefiggono un cuoco per il conto senza domandarsi cosa porta Tizio a vendere una margherita a 3 euro e Sempronio a 20 e più. C’è voglia di informarsi e di capire e questo è splendido per gli stessi pizzaioli che, come ricordato da
Piero Gabrieli, responsabile marketing di
Molino Quaglia, “sono figure professionali con poca autostima, cosa che li porta a considerare il loro un prodotto da fast food di cui non curarsi sul serio”.
Bene sapere che la risposta più gettonata è stata a ottobre, con una percentuale del 23,73, “una pizza 100% italiana in tutti gli ingredienti compreso il grano”. A seguire “una pizza con ingredienti freschi e di stagione” 22,4 %, “una pizza a base di lievito madre vivo” 17,33% e infine “una pizza con la base lungamente lievitata” 14,05%. Al quinto posto “una pizza legata alla tradizione del luogo”, 6,48% delle risposte e questo è giusto. La cucina è innovazione, poi può accadere che quando una novità piace a tanti, rimanendo gradita e attuale nel tempo, prima o poi perda originalità sublimandosi in una memoria. Non esiste abitudine che non sia stata rivoluzione, anche se a volte c’è chi se lo scorda.

Il movimento che si è creato in Italia attorno alla pizza gourmet, o gastronomica che dir si voglia, è figlio del desiderio di tanti di tornare a mangiare un pizza digerendola bene, senza che si pianti sullo stomaco perché continua a lievitare. E il segreto è tutto nell’impasto. Però una pizza non è solo pane, c’è il cielo, ci sono le farciture e i ripieni, c’è – ma non sempre – la mozzarella, c’è un secondo mondo che va a completare il primo ed è impossibile credere che un pizzaiolo, dopo aver fatto lievitare il suo impasto per 48 ore, lo uccida con prodotti e condimenti scadenti. Lo sposerà a materie prime che fino a ieri erano esclusivo appannaggio dell’alta cucina. In sintesi estrema: la pizza è un piatto di alta gastronomia, sta all’intelligenza del pizzaiolo far sì che sia fruibile come lo sono pasta e riso, pesce e carne fino al dessert.
Come ha detto Renato Bosco, titolare di Saporè a San Martino Buon Albergo vicino Verona: “Se due chef del calibro di Alajmo e Gennaro Esposito si cimentano con la pizza qualcosa vorrà dire e chi vive da sempre nel mondo della pizza dovrebbe riflettere su questo”. Ovvero: cari colleghi pizzaioli diamoci una scossa, svegliamoci altrimenti saranno i cuochi dei ristoranti a cavalcare il boom di margherita e quattro stagioni.
2. continua