30-08-2018
Qualcuno pensa che i cuochi siano dei creativi con la testa fra le nuvole e una sensibilità accentuata. Non sono del tutto d’accordo, però ammetto che la definizione si adatti ad alcuni dei grandi chef che conosco e un pochettino anche a me. Sono reduce da Copenaghen, uggiosa e cupa come l’ho quasi sempre vista in occasione del Simposio MAD.
É il mio quarto MAD, su sei complessivi, il primo nel 2011, e me ne vanto come fossi una bambina danzatrice che ha imparato a stare sulle punte, sbandierandolo a chiunque capiti come fosse una medaglia al valore. Mi offro volontaria per chi cerca termini di comparazione e rispondo alle domande su come fosse in passato, con la naturalezza tipica delle groupie delle band musicali.
MAD è uno di quei convegni imprevedibili, all’inizio fa un po’ fatica a farsi breccia nella razionalità a cui ormai siamo condannati, ma poi, quando lo fa, si dispiega nella sua complessità obbligandoti a riflettere. Come nelle relazioni d’amore, è quasi impossibile che uno debba apprezzare ogni aspetto
Non pensiate che questo sia un convegno hippy in cui peace e love dominino sulle tematiche. Questo è un simposio zeppo di role models a cui ispirarsi. Al MAD i ruoli tipici dei convegni sono capovolti: nei convegni tradizionali i miti della ristorazione (ma anche di altri campi) sono quelli a cui la platea si ispira e vuole imitare. Lì invece i miti della ristorazione si confondono con la platea, ci dialogano parlando dei loro studi e delle loro conoscenze; la loro arsura di conoscenza, il loro desiderio di dialogo e confronto, la necessità impellente di condivisione, la serenità e la naturalezza tipica dei paesi nordici, fanno del Mad IL MAD.
Melina Shannon-Dipietro e, defilato sulla destra, Renè Redzepi, i due curatori di MAD Symposium
Speaker interessanti, divertenti. Topic molto focalizzato sulla parità dei sessi e sul movimento #metoo. Lynda Obst, produttrice di Hollywood abbonata a nominations e oscar vinti, ha catturato la mia attenzione con la sua storia e soprattutto con l’ironia e il disincanto tipici di chi sa di averla spuntata. Ma uno speaker per me ha fatto la differenza. Il suo discorso mi è ritornato alla memoria parola per parola, appena tornata in Italia mentre ascoltavo la CNN e il genocidio in Myanmar. Scene terribili, bambini uccisi, esattamente le stesse scene nelle fotografie mostrate da Arthur Karuletwa, Starbucks director of traceability.
Jeannette Ehlers, visual artist multi disciplinare, danese con radici a Trinidad, impegnata nel recupereo della memoria legata allo schiavismo di matrice danese nei Caraibi
Sgomento, freddo, paura, compassione e infine, finalmente, una domanda: come può una persona, un cuoco, un manager, dall’altra parte del mondo aiutare. E lui dimostra che si può eccome. Oggi il Rwanda produce caffè di altissima qualità, la produzione più preziosa di quella terra, le etnie che si erano combattute ora lavorano insieme per far rinascere il paese. Tutsi o Hutu che siano, oggi ragionano da popolo per il bene della propria terra e il caffè è uno dei veicoli fondamentali di questa riscossa.
Arthur Karuletwa, direttore della tracciabilità di Starbucks Arthur Karuletwa, direttore della tracciabilità di Starbucks, ha sviluppato un programma per tracciare la provenienza del caffè in Rwanda. Di ogni singolo carico, di ogni singolo sacco, di ogni singolo chicco, per conoscere le condizioni di lavoro, per dare un nome e un volto a chi raccoglie e produce il caffè, perché nulla sia più ignorato, come colpevolmente fu ignorato il genocidio ventiquattro anni fa. Lui ha così contribuito a ridare fiducia, futuro e dignità a persone a cui fiducia, futuro e dignità erano state così crudelmente negate. Tutsi o Hutu che fossero.
Arthur Karuletwa, direttore della tracciabilità di Starbucks
Gli appuntamenti da non perdere e tutto ciò che è attuale nel pianeta gola
a cura di
Cuoca laureata in Legge e in Arti Culinarie, parla tre lingue e continua a studiare e fare stage. Oltre 15 anni all’estero, nel 2006 apre Glass Hostaria. È primo presidente dell'associazione Ambasciatori del Gusto