«Adesso chiamo Renzi». A New York sono più o meno le 11 della notte, notte di gioia, in Italia le 5 del mattino, è già martedì 14, è quasi alba. Il telefonino di Massimo Bottura però fa i capricci: «Non ho la linea. Capite? Vinco i 50Best, provo a chiamare il presidente del consiglio e non ho la linea». Succede. Intanto aveva già parlato con l’ambasciatore a Washington e lì nella libreria del Cipriani Wall Street trasformata in sala stampa, è marcato stretto dal nuovo console a New York Francesco Genuardi.
Sei chef italiani nei primi 100 al mondo (1° Bottura; 17° Enrico Crippa; 39° Massimiliano Alajmo; 46° Davide Scabin; 84° Niko Romito e 86° Bombana) e cinque solo insegne perché Bombana, 86°, è italianissimo ma con il suo lavoro al Bombana Otto e mezzo profuma Honk Kong, Asia dunque. World’s 50 Best Restaurants e non chefs reciterebbe un premio che debuttò nel 2003 e che per la prima volta vede un italiano primo.

L'abbraccio tra Massimo Bottura, Daniel Humm (il gigante di spalle) e Alain Ducasse a mezzanotte nelle cucina dell'Eleven Madison Park a Manhattan
Ma poi tutti alla fin fine parlano di cuochi, di uomini e donne che al top passano anche dalla solitudine del comando a al piacere della ribalta. E così rieccoci con la memoria alla serata di lunedì 14, prima volta fuori Londra e l’Europa. Il giocattolo tira e si offre. Gli organizzatori, la rivista
The Restaurant, annunciano che nel 2017 sarà la volta di Melbourne e dell’Australia così come nel 2018 l’evento dedicato espressamente al Sud America andrà in Colombia, è ufficioso, sapremo.
Al solito cocktail di benvenuto, meno fastoso che in riva al Tamigi, spiccano i quattro sponsor tricolori: Lavazza, Grana Padano, Ferrari e Acqua Panna – S.Pellegrino. Poi tutti a sedere nella grande sala. Meccanismo semplice semplice. Viene annunciato il 50° classificato e via così fino al podio, intervallando il tutto con premi e premiati ai quali dedicheremo un altro articolo. Quando viene annunciata la Chefs Choice, il silenzio se possibile diventa ancora più silenzioso. E’ il solo riconoscimento che non spetta ai quasi mille della giura planetaria, ma solo ai cuochi e viene deciso quindi a parte.
Si dice che premia chi non arriverà primo per non sommare gloria a gloria. Vince Joan Roca, già primo assoluto nel 2013 davanti a Redzepi e a Bottura e di nuovo nel 2015 davanti a Bottura e Redzepi. I pronistici lo danno favorito anche stavolta. In tanti ricordano a noi italiani che, come ristorante, El Celler de Can Roca a Girona

L'urlo liberatorio di Massimo Bottura
è più ristorante dell’
Osteria Francescana a Modena. I nomi più accreditati sono questi due, ai quali aggiungere Redzepi, nonostante i lavori in corso a Copenhagen e il pop-up a Sydney ma l’Australia pesa nel budget, il peruviano
Virgilio Martinez e lo svizzero
Daniel Humm che a New York ha trovato la sua America e che ha dato appuntamento a tutti dopo la premiazione.
Sesto (e primo francese) Mauro Colagreco del Mirazur a Mentone. Meno uno. Ecco il quinto: Redzepi e il Noma. Poi il quarto, il cucchiaio di legno che farebbe felice solo uno sbarbato, un outsider, e che Bottura teme perché nei giochi tra nazioni e continenti Modena e l’Italia sono nani. Ma quarto sarà di nuovo Virgilio e il Central di Lima. Ne restano tre, i due di un anno fa, Roca e Massimo, nonché Humm che era quinto e che deve sorridere quando sente scandire «fourth Eleven Madison Park».
Ci risiamo, come un anno fa ma finirà come un anno fa? Lo speaker, per annunciare il secondo classificato, deve usare parole vaghe, che vadano bene per entrambi, i Roca e Bottura, perché non si capisca chi abbia vinto e chi perso. Secondi pesanti, poi: «Second place… El Celler…». Esplodo letteralmente di gioia, urlo liberatorio: «Ha vinto Massimoooooo». Ci si abbraccia tra italiani, i tre fratelli Roca abbracciano il modenese e il mondo amico abbraccia noi e si complimenta con noi. Siamo tutti Massimo.

Massimo Bottura, il console d'Italia a New York Francesco Genuardi e il tricolore
Sul palco l’italiano fatica a controllare l’emozione: «Il nostro è un lavoro duro. Ci paragonano alle rockstar… dicono siamo degli artisti… In verità siamo degli artigiani. Quando
Joan (
Roca,
ndr) e io ci siamo ritrovati come lo scorso anno, io mi sono detto che “primo o secondo era bello stesso. Però primi è più bello ancora”. In Italia abbiamo tre totem assoluti: il calcio, e abbiamo vinto al debutto agli Europei. Il papa, e
Francesco è un grande uomo. E il cibo e questo successo è per tutti, cibo che è spesso nostalgia mentre deve essere anche sogno. Un grande modenese un giorno disse “sogna e vedrai che il sogno diverrà realtà”. Si chiamava
Enzo Ferrari. Però io a fine 2001 avrei chiuso. Nessuno capiva i miei piatti. Poi mi recensì
Enzo Vizzari per
l’Espresso e fu un raggio di sole. Nel 2002 arrivò la prima stella e ora eccomi a New York, c’è tanto per essere tutti orgogliosi di essere italiani. Non sono solo, da
Ciccio Sultano in Sicilia a
Norbert Niederkofler nelle Alpi si mangia da dio ovunque».
E poi festa pazzesca all’Eleven Madison Park. Mai visto Alain Ducasse, arrivato da Parigi, ballare su un tavolo con Daniel Humm e Bottura e farsi fare la doccia con lo champagne.