25-03-2019
Massimo Bottura questa mattina in Auditorium. Ai lati, il giapponese Takahiko Kondo e l'abruzzese Davide Di Fabio, sous chef dell'Osteria Francescana (foto Brambilla/Serrani)
Per il quattordicesimo anno di fila Massimo Bottura fa il pieno all’Auditorium. E lo farà anche nel 2020 se la scia è l’intervento di questa mattina, un’arringa appassionata come e più di sempre, così tanto che un paio di volte deve tornare sui suoi passi, per riprendere un filo smarrito per l’emozione: «È sempre incredibile salire su questo palco», esordisce sostenuto da un fragorosa accoglienza. Cultura, conoscenza, consapevolezza, senso di responsabilità. È la concatenazione di quattro urgenze a definire ancora una volta la scaletta dei contenuti, un poker che noi identitàgolosini conosciamo bene ma che iuvat repetere all’infinito perché solo così entra nella testa della gente. Del resto, a furia di martellare, «Siamo riusciti ad accendere una rivoluzione umanistica: nel 2003 guardavamo nelle pattumiere dei nostri ristoranti ed erano piene di cibo avanzato, oggi non succede più». La cultura, il primo dei 4 cardini, sosterrà tutto l’intervento, «Perché vengo da una provincia in cui il sapere viene prima di ogni cosa: il desiderio più grande di mio padre era prendere una laurea, non le 3 stelle Michelin. È la più alta forma di riconoscimento sociale. Ma è pure la molla che mi ha spinto quando, dopo gli apprendistati con Georges Cogny, Alain Ducasse, New York e Ferran Adrià, sono tornato nella mia Modena perché volevo fare qualcosa di diverso. Neanche avrei immaginato che avrei dovuto affrontare tutte queste sfide». O che avrebbe ottenuto 3 lauree ad honorem in pochi anni.
Auditorium gremito
In primo piano, il secondo dei due servizi della faraona (tutti i dettagli del piatto)
LA PATATA. Alle spalle del cuoco, Bob Noto (1956-2017)
a cura di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt