Batteri e muffe. Alghe marine e formaggi rancidi. Le cime delle Ande e i colori dell’oceano. La giornata di Identità Naturali a Identità Milano 2018 ci ha portato in viaggio intorno al mondo, tra fermentati giapponesi e fieno profumato, fiori velenosi e patate colorate, sfidando i nostri sensi, i nostri pregiudizi e le nostre convinzioni.

Le gemelle Daniela e Manuela Cicioni
La mattinata in Sala Blu si è aperta con
Daniela Cicioni. Protagonista del suo intervento un batterio, il
bacillus subtilis, con cui la chef lombarda ha creato un natto, fermentato tradizionale nipponico, “all’italiana”. Ha sostituito la soia con i ceci (come aveva già fatto con il
tempeh), facendoli fermentare a 40 gradi per una settimana e poi trasformando il natto in un patè, servito con una foglia di shiso, daikon e kefir di mandorle per dare freschezza. Il piatto successivo era un pane crudista (fermentato di farina di mandorle, fibra di psillio, farina di semi di lino per base secca e polpa di frutta) spalmato con burro di anacardi fermentati e una sorta di "caviale" di alghe.
E' seguito l'intervento di
Corrado Assenza, che vi abbiamo già raccontato nel dettaglio qui:
Corrado Assenza, la perfezione dell'imperfezione. Ovvero: l'obiettivo è quello del non essere identici agli altri. Nel rinunciare a orpelli e artifici. E infatti ha intitolato il suo intervento
Naturale, per natura: «La nostra missione di pasticceri è di non esserci. Il nostro lavoro deve scomparire. Bisogna abbreviare le costruzioni cerebrali e far arrivare i dolci dritti al cuore».
L’importanza del fattore umano, il tema del congresso, è stata ricordata da
Chris Fischer. Lo chef americano ha celebrato la figura del contadino. Lui stesso, nato e cresciuto in una fattoria, ha creato una piccola azienda agricola nell’isola di Martha’s Vineyard, ispirato da suo padre - e da suo nonno prima di lui - che facevano «agricoltura biodinamica senza saperlo. Non c’è niente di più bello del trovare la propria passione e amare quello che si fa». Mentre preparava un’insalata vegana - sedano rapa, finocchi crudi, purea di scarti vegetali e funghi grigliati - lo chef ha poi ammonito il pubblico, ricordando quanto siano importanti tutte le nostre scelte alimentari, e incitandoci a cambiare un sistema
broken con il potere dei nostri acquisti.

Francesco Montaruli sul palco

I fratelli Montaruli, Vincenzo e Francesco, al termine del loro intervento con Lisa Casali, che ha presentato tutte le lezioni di Identità Naturali
A seguire sul palco si sono succedute glorie di Puglia. I primi sono stati
Francesco e Vincenzo Montaruli del ristorante
Mezza Pagnotta di Ruvo di Puglia. I due fratelli conoscono la vegetazione spontanea della Murgia, la meno nota e la più
sauvage delle Puglie, filo d’erba per filo d’erba. E la conoscono in tre lingue: latino, che è qulla della botanica, italiano e dialetto murgese stretto stretto. La terza è infatti l'idioma dei contadini del posto, i
patriarchi li chiamano, che hanno insegnato loro a distinguere le malerbe dalle erbe eduli, e a rispettarle tutte. Nelle tre parlate hanno raccontato il loro erbario, con cui costruiscono una cucina “primitiva”: primitiva non solo per la sostanza della materia prima, ma anche per la scelta delle cotture e della manipolazione ridotta a gesti minimi ed essenziali che lasciano le amarezze, le dolcezze, le acidità della vegetazione esprimersi in tutta la loro potenza.
È poi stato il turno di
Isabella Potì e
Floriano Pellegrino dei
Bros. Belli, giovani e scintillanti, preparano un dessert a base di pasta con latte e cannella. I dessert di
Isabella, pastry e sous chef del ristorante, tendono a non cercar mai la dolcezza, proseguendo le linee di sperimentazione del resto della cucina, che in questo momento vertono sul rancido. Molto interessante il discorso di
Floriano, che ha ricordato quanto sia fondamentale utilizzare gli strumenti della loro generazione - classe 1990 lui, 1995 lei - a vantaggio del ristorante: fotografie e pc per standardizzare ogni ricetta, video e ancora foto per raccontare il progetto, social per comunicare e condividerlo. Cuochi imprenditori di se stessi, chef e
millennials: non hanno paura di dirlo e anzi lo hanno ribadito con orgoglio.

Foto di gruppo al femminile: da sinistra Maria Solivellas, Viviana Varese, Cristina Bowerman e Lisa Casali

Solivellas e Varese sul palco
Salgono sul palco in due - sempre a ribadire l’importanza del fattore umano, che sia un legame di parentela, di amore o, come in questo caso, di amicizia e stima professionale - anche
Maria Solivellas e
Viviana Varese, ristorante
Ca Na Toneta di Maiorca la prima,
Alice a Milano la seconda. Una non parla italiano, l’altra non parla spagnolo, ma si capiscono lo stesso grazie al linguaggio universale della cucina e a quello che amano
compartir, condividere, ovvero l’amore per il proprio territorio e i suoi prodotti.
I protagonisti dell’intervento di
Alessandro Gilmozzi, de
El Molin di Cavalese, sono stati due: latte e fieno. Gli stessi gusti del nuovo yogurt prodotto da
Alce Nero, presentato in anteprima sul palco e utilizzato in una delle ricette di
Gilmozzi, realizzato con latte e fieno 100% biologici. Un prodotto dal profumo di montagna, con cui è stata realizzata una schiuma diventata la farcitura di un fiordilatte - sempre local, ovviamente. «Per me tutto comincia dal profumo - ha spiegato lo chef - E in questo piatto ho voluto aggiungere le note erbacee del fieno. Ci sono riuscito con la betulla essiccata e la foglia di betulla candita».

Il piatto di Martinez con le patate andine
La sala si è riempita fino all’inverosimile per l’intervento di
Virgilio Martinez che ha parlato del menu
Alturas, basato sull’altitudine a cui trova i prodotti, nel suo
Central di Lima (ora quinto miglior ristorante al mondo), e di
Mater Inititativa, un nuovo ambizioso progetto per mappare la biodiversità peruviana. Sul palco con lui un entomologo e un economista, solo due delle tante figure professionali fondamentali in questa avventura. Il piatto di Virgilio consisteva in quattro diverse varietà di patate - in Perù ne sono state classificate almeno 2000 - cotte sotto il terreno e accompagnate da una salsa di erbe medicinali e aromatiche. Lo chef ha invitato a sentire le enormi differenze tra le quattro patate: di colore, di consistenza, di dolcezza, di acidità. Un Perù da mangiare, un universo sensoriale da scoprire.
Celebre lui, celebre il suo
alter ego in forma satirica. Il cuoco vegano
Simone Salvini, ultimo intervento di giornata, col tema della 14esima edizione di
Identità Milano si è ritrovato nel suo elemento. Fattore umano per lo chef fiorentino, classe 1969, vuol dire rispetto «verso le cose, le persone, le azioni quotidiane». È il senso profondo della scelta di campo di
Salvini: cucina naturale nel lessico del bio-chef vuol dire avere in sé umanità sufficiente a rispettare «la terra e i suoi cicli naturali». Parole e azioni perfettamente conseguenti, tanto da meritare il premio
Identità Naturali 2018, riconoscimento ricevuto dalle mani di
Riccardo Felicetti per
Alce Nero.