27-04-2020
Un piatto di bourride, zuppa di pesce tipica della Provenza e della Linguadoca. Nobilitata dalla rana pescastrice, o coda di rospo che dir si voglia, non va confusa con la bouillabaisse e nemmeno con la buridda ligure
XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita, scritto da Paolo Marchi assieme con Annalisa Cavaleri, è stato pubblicato da Mondadori Electa nell'ottobre 2014, la prefazione è firmata da Oscar Farinetti. Questo è il sesto di cinquanta racconti
Il nome di quel paese mi avrebbe dovuto mettere sull’avviso. Se ne stava nel Delta del Rodano in piena Camargue, in un’area di totale libertà con zingari, i loro cavalli, le loro danze, le saline color rosa e il volo di uccelli incredibili. Ma si chiamava Aigues Mortes, Acque Morte, e qualcosa che non andava da qualche parte doveva esserci, oltre alla strage di lavoratori italiani a metà Ottocento. Il nome, in effetti, si riferiva alla acque stagnanti e malariche di una zona molto paludosa, imprigionata prima del mare aperto.
Come vi sono capitato è frutto di una storia incredibile che mi ha segnato profondamente, nel bene, per fortuna.
Un giorno un collega mi chiese perché doveva andare nei ristoranti che io consigliavo nelle mie rubriche. Gli risposi che tra critico e lettore può instaurarsi un rapporto di fiducia. Uno legge, magari per caso, una recensione, scopre che in un determinato posto in cui dovrà recarsi di lì a poco si cucina un piatto gradito, prenota, ci va, mangia e gode. E generalmente a quel punto è fatta. Tu diventi il suo suggeritore.
Palude nell'area di Acque Morte in Camargue
Una sera Cinzia e io cenammo in un bellissimo appartamento di amici in corso Venezia, una di quelle case che mai e poi mai mi sarei potuto permettere. La padrona di casa, a un certo punto, chiese a tutti dove avrebbero trascorso le vacanze e noi rispondemmo “In Francia!”. Non sapevamo però dove. Ci eravamo ripromessi al primo giorno di vacanza - lei sempre impegnata in redazione alla Rai e io via con la Nazionale - di prendere la macchina e scappare il più lontano possibile da Milano.
La Tour de Constance e i suoi bastioni nella paese di Aigues Mortes
La padrona di casa chiese se sapevamo dove ci saremmo fermati la prima sera e la risposta fu no. E così ci suggerì una locanda in cui mangiare una favolosa zuppa di pesce e - se non eravamo troppo stanchi dal lavoro, dal viaggio e dalla cena - anche fermarci a coccolarci in una stanza con le tendine bianche e rosse come le tovaglie in trattoria.
Il posto, di cui non ricordo assolutamente il nome, se ne stava ad Acque Morte. Chiesi un favore alla segreteria del Giornale, ovvero che chiamassero prenotando un tavolo e una stanza. Si stupirono che qualcuno prenotasse da loro dall’Italia. Invece di insospettirmi trovai la cosa ancora più emozionante.
Uno scorcio delle saline tutt'attorno Acque Morte
Cinzia e io partimmo di buon’ora, rotta su Genova, poi Ventimiglia e autostrada verso Marsiglia. Strade sempre più marginali in Camargue fino a trovarci al tramonto sul bordo di un canale assolutamente sconosciuto. Acque Morte stava dall’altra parte e solo con l’arrivo di un ragazzo in bici scoprimmo che a una certa ora una chiatta ci avrebbe lasciato dall’altra parte.
Non ricordo un altro angolo turistico più squallido. Quel “luogo d’amore” era un poderoso edificio a due piani pieno, oltre che di polvere, anche di trofei di caccia. La stanza invitava letteralmente alla fuga verso altri alberghi, ma ormai lì eravamo, stregati da chi una sera a cena si illuminò raccontandoci di quel tugurio.
Il miracolo avvenne a tavola. Non ricordo un'altra zuppa - la bourride in quel caso - altrettanto buona. L’uomo avrebbe in seguito inventato il viagra, ma la carica di aglio e di sapori in quel piatto era tale che nessuno ne avrebbe sentito il bisogno. Ci vennero servite grandi fette di pane tostato su cui ci invitarono a
Nicola Fossaceca, chef-patron, con il fratello Antonio, del Metrò a San Vito in Abruzzo, sul confine con il Molise, protagonista a Identità Golose 2016
Notare bene: tornati a Milano, l’amica ci chiese se eravamo passati di lì, come avrebbe fatto lei qualche settimana dopo di noi. Le rispondemmo di sì. “Splendido posto, vero?”, replicò con gioia.
Ancora oggi mi chiedo come potesse considerare bello quel posto, io l’avrei consigliato soltanto per la zuppa a pranzo, raccomandandomi di andare a dormire altrove. Ma in fondo io avevo già lo spirito del critico e sapevo che non bisogna mai confondere le emozioni personali con l’oggettiva analisi della realtà.
La ricetta
Brodetto di pesce alla Sansalvese
Ingredienti: Pesci di scoglio misti di medie dimensioni, 4 tracine, 4 testoni (o coccio), 4 Scorfani, 4 lucerne, 20 vongole Lupini, 4 seppioline, 4 cicale di mare, 4 triglie, 4 scampi, 20 calamaretti spillo; 1,5 kg di pomodori maturi; 1 peperone verde; 1 peperoncino piccante; 2 spicchi di aglio rosso di Sulmona; 150 g di olio extravergine d’oliva; prezzemolo; sale quanto basta; 4 fette di pane (per i crostini).
Preparazione: A quella bourride che vive nella mia memoria preferisco suggerire un più attuale brodetto di pesce alla Sansalvese. E’ la ricetta di Nicola Fossaceca, chef del Metrò di San Salvo al confine tra Abruzzo e Molise, la cui originalità sta tutta nella scelta di unire alla zuppa i pesci quasi a fine cottura, rispettandone così ogni delicatezza e sapore.
Una versione di brodetto alla sanvitese
Aggiungete i pesci di scoglio e fateli cuocere per 5 minuti, aggiungete gli altri pesci e lasciate cucinare per altri 5 minuti. Servite in tavola la zuppa ancora fumante nel coccio in cui è stata cotta e aggiungete del prezzemolo, se gradito, a casa mia poco, un giro di olio extravergine d’oliva e i crostini di pane tostato insaporiti con l’aglio.
A questo punto ognuno è libero di servirsi come meglio crede, un momento di sana e viva convivialità, come si usava una volta e che oggi con le monoporzioni che escono già perfette dalla cucina è andatospesso perso.
Piatti e momenti che hanno allargato la mia vita
di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi
Vittorio Fusari è tra gli chef celebrati da Paolo Marchi nella sua biografia, XXL 50 piatti che hanno allargato la mia vita. A lui, ai suoi piatti e all'accoglienza nei locali di Iseo, è dedicato il 20° racconto