Caterina Ceraudo
Coregone, pastinaca e erbe spontaneedi Nadia Moscardi
Dolcezze Nicola Olivieri e la riscossa del pandoro. Nuovo trend: da calimero a superstar
Benito Cascone, campano classe 1983, dopo aver girato mezza Europa in indirizzi di grande prestigio, è dal novembre 2018 restaurant manager di Acquolina a Roma
Riaprire in questo momento penso sia già cosa difficile per molteplici motivi: i costi di sanificazione sono sostanziosi, le spese da sostenere per l’acquisto di materiali a norma e per la ricostruzione degli spazi pure. Aprire poi significherà porre fine a tutte le agevolazioni statali messe a disposizione di noi tutti dipendenti e delle aziende. Infine, cosa forse più importante, al momento studiare strategie per ottimizzare al massimo la ripresa è cosa del tutto improba, vista la situazione mutevole e i cambi di direzione nelle scelte del Governo.
In molti sono convinti che la soluzione per restare a galla e ripartire sia tornare a proporre piatti della tradizione; altri sono convinti di puntare il tutto per tutto sui rapporti umani, dunque molto più calore, coccole ai clienti e magari maggiore presenza al tavolo.
Lo staff di Acquolina a Roma
Credo che questi due mesi di quarantena ci abbiano aiutato a capire ciò che è veramente per il resto del mondo la normalità; partendo già dal semplice andare a letto a un orario decente, prepararsi un pranzo con le proprie mani, avere modo di guardare un telegiornale e tempo libero a sufficienza durante la giornata. Persino stufarsi perché non si ha nulla da fare.
Cascone con lo chef di Acquolina, Daniele Lippi
Quindi mi chiedo: chi è colui che da inizio giugno vorrà uscire a cena col desiderio di andar a mangiare un piatto di lasagne? O una carbonara? Io, personalmente, no: in due mesi l’avrò mangiata almeno una volta a settimana.
Inoltre mi chiedo: chi di voi, andando a cena fuori, avrebbe piacere di trovarsi un cameriere sempre al fianco, che col massimo impegno cerca di coccolarvi, cercando un interazione verbale. Chi sarebbe tranquillo se questi si avvicinasse spesso per chiedervi come va?
La sala di Acquolina
Sono solo mie supposizioni, intendiamoci. Perché l’unica vera certezza, al momento, è l'assenza di certezze.
Fabio Zanotti, detto il Cianta, sull'uscio della sua cantina quattrocentesca in alta val Curone dove custodisce prelibetezze come quella che tiene in mano, un salame tipologia "gentile" vecchio almeno quattro anni
Ezio Indiani, direttore generale del Principe di Savoia di Milano, ospite a Identità on the road, dove ha spiegato come gestire gli imprevisti in un grande hotel cinque stelle lusso
«Non è semplice il lavoro di sala in quello che è uno degli indirizzi più prestigiosi e carichi di storia del nostro Paese, che proprio in questo 2020 così complicato festeggia il proprio mezzo secolo di vita. Per reggere la prova, bisogna essere grandi professionisti, capaci di empatia con il commensale e di grande preparazione; di essere accoglienti e impeccabili nello stesso tempo. Lui - classe 1988, origini in un piccolo borgo irpino - ci riesce splendidamente»: sono le parole della motivazione del premio Identità di Sala assegnato a Identità on the road 2020 a Francesco Cioria
nato a Castellammare di Stabia nel 1983. Dopo gli studi alberghieri si trasferisce in Inghilterra dove inizia il suo percorso lavorativo in sala. Prima a Bray presso il celebre The Waterside Inn, poi ad Oxford presso Le Manoir Aux Quat’Saisons. Quindi va in Svizzera, come restaurant manager de La Table d’Adrien; rapido rientro in Italia per l'inaugurazione de Del Cambio a Torino, poi in Francia, prima a Parigi a Le Pavillon Ledoyen, poi al Mirazur di Mentone. Dal novembre 2018 è tornato in Italia, come restaurant manager di Acquolina a Roma
Il lato pubblico del ristorante visto dai suoi protagonisti: maître e camerieri