Mettiamola così: se devo citare una cucina non abbastanza celebrata, ma di valore eccezionale, mi vengono in mente il Nerua di Josean Martinez Alija, a Bilbao, oppure il Canto di Paolo Lopriore, ante-chiusura. Quando recentemente ho terminato di mangiare alla Ciau del Tornavento, a Treiso, ho avuto una sensazione simile. Intendiamoci, è una tavola diversissima dalle altre due, hanno stili opposti: eppure le accomuna la netta impressione di trovarsi in templi del buon gusto che meriterebbero maggiore fama, nei rispettivi ambiti.
Siamo fallibili, quindi non escludiamo che a ben disporci, per la Ciau, abbia contribuito la contingenza: ad esempio, all’epoca del nostro ultimo pranzo, ossia qualche settimana fa, la Langa ci ha accolto con una splendida giornata di sole, poi il locale è luminoso, vanta una delle più belle terrazze mangerecce d'Italia, con vista impareggiabile sulle colline del barbaresco. E a proposito: ci troviamo in un tempio del vino, una meraviglia di cantina, imbattibile sul Piemonte, oltre 50mila bottiglie…

Salmone marinato e affumicato in proprio, accompagnato al burro della Valle Maira
Insomma, tutto aiuta a far sentire a proprio agio il commensale, persino la location, un elegante palazzotto d’epoca fascista, datato 1931 e in puro stile littorio, interessante per chi si diletta d’architettura, divenuto in seguito asilo comunale e finalmente finito nelle mani di
Maurilio Garola e
Nadia Benech. Lei sta in sala e lui in cucina, ormai da sette anni aiutato dal 32enne
Marco Lombardo, albese di talento cui è affidato il compito d’innestare un po’ di contemporaneità nel solco della tradizione. È un dream team senza orpelli, poco incline alle
public relations: parlano poco, pontificano ancor meno, viaggiano l'indispensabile ma lavorano sodo in cucina. Il risultato è stato - per l'esperienza di chi scrive - un pranzo... praticamente perfetto.
Si tende sempre a esagerare, le critiche gastronomiche abbondano di superlativi, tutto è “geniale” e “superlativo”, quindi converrà spiegarsi. Per dire, un pasto eccezionale qui può iniziare con un assaggio di
salmone (sì, il tanto abusato e deprecato salmone), però marinato (sale grosso e finocchietto) e leggermente affumicato in proprio, accompagnato al burro della Valle Maira: delizia controcorrente, forse a guisa del suddetto pesce, pescato in Norvegia. E a continuare a pescare, ma dal menu, ci si diverte come non mai. Prendiamo la
Finanziera piemontese,
Lombardo confessa la propria predilezione per la materia prima povera del territorio: è l’amor suo, insomma. E si lamenta: «Me la chiedono in pochi. Circa un commensale ogni duecento».
Ci candidiamo subito al ruolo e veniamo ripagati da un piatto sontuoso, succulento, con una netta ma ben bilanciata acidità (aceto e marsala), cetriolini e cipolline in agrodolce a conferire croccantezza (e i piselli, la dolcezza) sposandosi col trionfo carnivoro: animelle, creste di gallo, cervella, polpette di filetto, granelle e filoni di vitello. Estasi: una così buona forse solo dai
Vivalda, all'
Antica Corona Reale di Cervere. Eppure non è stato nemmeno questo il piatto del nostro viaggio, quanto un suo parente più elaborato:
Cervella dorata in crema parmantier, spugnole, cipolle bianche, lamelle di tartufo nero, una sublime composizione che rischia tutto sulle note dolci (cervella, patate, porri, cipolle…), ma scansa ogni stucchevolezza vincendo così la scommessa a mani basse.
Sono gusti troppo complicati, che rischiano di
épater le bourgeois?
Garola-
Lombardo impiattano anche un mare tranquillo e goloso, con prodotti d’eccellenza: prevale nella sfida il loro classico
Gambero di Sanremo impanato nella tonda gentile e grissini, oppure la
Burrata fresca, carpaccio di gamberi rossi di Sicilia e pomodoro confit? Bella domanda, ma alla fine ci verrebbe quasi da premiare quello che non ti aspetti: quando cioè arriva in tavola lo “scarto” dei suddetti gamberi, le loro teste, impanate nella semola e da intingere in una delizia di salsa tartara, affiancate a due moleche che in laguna sentono ancora la loro mancanza.
C’è invece chi vorrà infine rimanere saldamente in Langa: tranquilli, la
Ciau è eclettica e non manca di soddisfare tale esigenza. Prendiamo la
carne di Fassone piemontese: viene marinata per poche ore in olio e limone, però ha subito una frollatura strong di 30 giorni; così, cruda, a cubettoni, si presenta di scioglievolezza impareggiabile, accompagnata da insalatina di campo, fiori e salsa al tuorlo delle stesse uova usate per tirare la pasta di quei Tortelli liquidi di asparagi al burro d’Alpe e mandorle che – piatto successivo - continueranno a celebrare l’ode al territorio. Noi, doverosamente, la innalziamo invece a questo grande, grandissimo indirizzo goloso.
Ps: è nata “un’altra Ciau”, gestita da quel Koki Sato che era sommelier al ristorante fino a pochi mesi fa. Si chiama Prima & poi… del Tornavento, si trova in pieno centro a Barbaresco ed è un bar-caffetteria-bistrot d’alta qualità dove far colazione, mangiare un piatto veloce a pranzo o cena (insalate, taglieri ma anche preparazioni gourmand – dal vitello tonnato alle acciughe del Cantabrico col bagnet verde, dalla Fassona battuta al coltello all’insalata russa), concedersi una pausa dolce durante la giornata ma soprattutto bere alla grande, i vini sono quelli della straordinaria cantina della Ciau, ve n’è un’ampia selezione anche acquistabile a prezzo da enoteca. In piazza del Municipio 30, a Barbaresco, +39.0173.635121.
La Ciau del Tornavento
piazza Leopoldo Baracco, 7
Treiso (Cuneo)
+39.0173.638333
Prezzi medi: antipasto 22, primo 18, secondo 23, dolce 14 euro
Chiusura: l'intero mercoledì e giovedì a pranzo
Menu degistazione: 60 e 80 euro