08-09-2020
Norbert Niedekofler mentre firma una copia del suo Cook the Mountain - The nature around you, libro che riassume le idee dello chef sudtirolese e innervano la fantastica cucina del suo St.Hubertus, tre stelle a San Cassiano
Cook the Mountain, che pure ha fatto fortuna, è in fondo uno slogan quasi fuorviante; o, per meglio dire, nasconde una realtà più vasta, cela un concetto molto più fertile e ampio di quanto sembri suggerire a prima vista. In sostanza: va bene anche per mare, pianura, collina, lago, fiume... «Per noi è importante Cook the Mountain, ma solo perché ci troviamo qui», spiega Norbert Niederkofler al termine della nostra recente cena al St.Hubertus, incidentalmente il miglior pasto da noi mai gustato nel ristorante di San Cassiano. L'essenza profonda di questo concetto può essere applicata ovunque, dalla Val d'Aosta alla Sardegna o alla Sicilia. Perché rappresenta una pura esortazione alla salvaguardia del territorio e delle tradizioni, ovviamente in vesti contemporanee. Il successo dei tristellato sudtirolese indica una via per tutti, in Italia.
Cook the Mountain - The nature around you s'intitola infatti il nuovo libro di Niederkofler, distillato della sua filosofia culinaria, e non solo. La parte che precede il trattino è una (ri)affermazione identitaria; quella che lo segue rappresenta invece il succo del discorso: lavorare con il proprio territorio, in senso esteso, senza dogmatismi di prossimità, «il km zero, o quello vero, sono cavolate. Noi ci occupiamo in generale della cultura - gastronomica - di montagna», una koinè che abbraccia tranquillamente tutto l'arco alpino, non solo il Sud Tirolo. Si ragiona di ambiti geografico-culturali che van ben oltre gli sterili confini amministrativi).
Norbert Niederkofler
L'ascesa all'Olimpo dei macarons ha infatti spazzato ogni perplessità. Di più: «Il nostro successo ha dimostrato come fosse possibile arrivare al top con una cucina basata essenzialmente sul territorio». Diventa modello perfetto per l'Italia, così differenziata per usi e costumi: «Cucinate la vostra identità, qualunque essa sia. È questa la strada giusta». Forse anche la migliore. Riassume Norbert: «Tra St.Hubertus e AlpiNN (il "secondo indirizzo" di casa, aperto a fine dicembre 2018 a Plan de Corones, ndr) compriamo prodotti locali per circa 500mila euro l'anno. Con sole due insegne. Immaginiamo se altri 98 ristoranti della nostra zona facessero lo stesso, il giro d'affari centuplicherebbe». Perché gli obiettivi primari sono due: «Noi offriamo un valore originale ai clienti che vengono da fuori, possono gustare qualcosa che non avrebbero potuto assaggiare altrove; nel contempo difendiamo l'economia locale, diamo lavoro e redditività ai nostri piccoli contadini, creiamo insomma un'economia che gira intorno alla nostra cucina». Fertilità del modello, The nature around you diventa la chiave di volta, «ognuno valorizzi la propria identità, le proprie tradizioni, che altrimenti andremmo a perdere». I benefici sono per tutti.
Il nemico è il sistema di produzione industriale, la monocoltura, «qui in Alto Adige tutto sommato siamo in un'isola felice, grazie ad antiche leggi, ad esempio quella sui masi. Poi c'è la realtà dei grandi consorzi, che però presenta luci e ombre: standardizzano tutto. Penso a quello delle mele: induce a estirpare vecchie coltivazioni per impiantare le varietà più commerciali. Così al mondo esistono 2.200 tipi di mele diverse, ma solo 24 hanno un appeal economico, e di queste 7 fanno da sole il 60-70% del mercato. Il resto si rischia di perdere o si è già perso». Ecco allora The nature around you: «In fondo non ci siamo inventati niente, esortiamo solo a riprendere in mano quello che avevamo già, ma ci eravamo dimenticati di possedere».
Appuntamento a Care's
Una delle cene di Care's
Niederkofler col suo sous chef Michele Lazzarini
La nostra cena è stata semplicemente magnifica: profonda, ampia, di classe, senza la minima sbavatura. In più, perfettamente coerente, con quel fuoco delle idee che rende tutto più buono non solo al palato, ma anche al cervello. Ve la raccontiamo, con gli scatti di Tanio Liotta.
Tartelletta di grano saraceno, crema di sangue di maiale, polvere di cipolla bruciata, "delizia di monte" (si tratta del formaggio vaccino BergGenuss, stagionato un anno affinato dal maestro casaro Hubert Stockner in una grotta naturale nonché vecchio bunker della Prima Guerra Mondiale a San Lorenzo di Sebato, Bolzano, diventato così deposito per la maturazione e lavorazione di squisiti caci a base di latte crudo, 99% di umidità, genussbunker.it)
Essenziale questo salmerino marinato (in sale, zucchero e aneto) e affumicato (nelle grotte di coservazione dello speck, da qui le note di ginepro) da intingere in una fantastica crema di panna ridotta fino alla caramelizzazione e servita con una grattata di rafano
Bruschetta di pane di segale con salsa di "pomodoro di montagna" (ossia una riduzione di prugne fermentate)
Schiacciata di grano saraceno, aglio orsino e porro fresco, con pennellata di grasso di agnello
Insalata dell'orto. È composta da quasi 30 tra erbe e fiori, con tre tipologie di lattuga che arrivano da un orto di Kronplatz. Poi briciole di puccia (ossia la classica pagnotta sudtirolese fatta con farina di segale e frumento e semi di finocchio e cumino), semi di amaranto, di lino, topinambur disidratato e a bagnare il tutto una kombucha di fiori di sambuco, che invero rende un po' troppo dolce il tutto. A riequilibrare, l'abbinamento con Total Green, ossia un succo di mela verde ed erbe aromatiche
Il pane. È di farina mista di farro, frumento e segale, lo produce una cooperativa di Gries che si occupa dell'aiuto ai bambini disabili. Due le lievitazioni: la prima di giorno a temperatura ambiente, la seconda di notte a 3-4°. Ha pochissimo glutine...
...e si accompagna con due burri di montagna, montati, assolutamente spettacolari, meravigliosi. Il primo, più delicato e lattico, viene dalla Valle Aurina, pascoli a 1.500 metri; il secondo, più pannoso e intenso, dalla Cima Bianca vicino a Vipiteno, a 2.740 metri. Noi votiamo per il numero uno
Equilibrio eccezionale e perfezione gustativa in questa Tartare di coregone. Le squame del pesce d'acqua dolce sono bollite e fritte così da regalare note croccanti, le carcasse vengono tostate e infuse per ricavarne una salsa arricchita con vino Terlano, olio di vinacciolo e aneto. Il piatto risulta insieme intenso e lieve, con splendide note vegetali e armonia totale
Un fuori carta della tradizione: Patata & salsa bolzanina. Le patate novelle sono cotte nel latticello (vengono dall'orto di Brunico di un contadino che collabora col St.Hubertus), la salsa è realizzata con uovo sodo setacciato, olio all'erba cipollina, senape, cetriolini sott'aceto e aglio sbollentato
Un'altra meraviglia: Anguilla laccata & brodo affumicato. La laccatura è al miele e saba di soia, poi foglie di salvia. A parte un consommè delle parti di scarto dell'anguilla, tostate, con melissa, menta, verbena e nastruzio
Ravioli al bagoss, cipolla & caffè di cicoria. Piatto assoluto, perfetto, goloso, tre stelle piene. È condito con olio alle noci, noci spellate e polvere di di fungo Sarcodon
La bernia, ossia carne di pecora frollata che subisce una semplice marinatura a base di sale, vino e spezie; viene poi messa ad essiccare. È un’antichissima usanza rurale bergamasca, si differenzia nella lavorazione dalla sbernia raccontata da Riccardo Camanini, stessa carne ma ricoperta di cera, leggi qui). La bernia viene grattata sul piatto seguente...
...ossia un Risotto all'aglio orsino, kefir & pecora. Viene cotto sopra una stufa a legna
Trota alla mugnaia, un salto in Francia (la salsa tradizionale è di burro, limone e prezzemolo. Limone in montagna non ce n'è, viene quindi sostituito da susine fermentate). Forse l'unico piatto che non ci ha fatto sobbalzare, piuttosto classico
Al tavolo un'emulsione di acetosa e pigne di larice...
...per Animelle di vitello & larice. L'animella di cuore di vitello è cotta col burro, in padella di ghisa, sopra le braci. Molto buona
Testina di maialino. Altro fuori carta: c'è una chips croccante di tendini di maialino bolliti, tostati e poi fritti. Poi la testa bollita con gli stessi aromi che venivano usati per la preparazione dell'insaccato; qui viene servita fredda. A condire il tutto: polvere di sorbo, olivello spinoso, cipolla bruciata
Carota bbq. È cotta alla brace e poi sulla griglia, laccata con salsa bbq realizzata con ciliegia, mela rossa, agone e cipolla. Umami
Vitello dei nostri masi. Ennesimo capolavoro: viene cotto alla brace, il suo midollo affumicato, poi salsa verde con ribes bianco ed erbe di montagna, fondo di vitello
La seconda parte di Vitello dei nostri masi: la lingua marinata 48 ore nel vino rosso viene piastrata e condita con mirtillo rosso fermentato e fondo di verdure. Ultimo piatto "di sostanza", fin troppo goloso
È tempo di funghi al St.Hubertus...
Ed ecco Fungo, con bacche di aglio orsino, schiuma di acqua di cottura dei funghi stessi e Marasmius, o "fungo aglio"
Un marshmallow al cirmolo viene "bruciato" con una pietra incandescente...
...e così caramellato sormonta un sorbetto di mela verde e acetosa. I dolci sono firmati da Naoko Nikaido, nuova pastry chef, giapponese di Osaka, classe 1977
Fior di castagno: gelato di fiori di castagno, noci nere, mousse di ricotta di capra, crumble di frolla, popcorn all'azoto liquido
Cagliata: caglio vaccino, more, mirtilli, ribes bianco, chips di topinambur, noci nere, succo e sorbetto di corniolo
Piccola pasticceria finale: canelés, rape bianche, gialle e rosse sottaceto e poi candite nello zucchero
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di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Marco De Benedictis, 29 anni e originario di Bari, è l'executive chef dell'Ama Stay
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Il fascinoso edificio antico che ospita Ansitz Steinbock, hotel di charme e ristorante gourmet in quel di Villandro, in Valle Isarco, Sud Tirolo. Foto di Alex Filz