Quesito: esistono forse due Antonia Klugmann? Da una parte quella che vedi alla mattina china in cerca di germogli ed erbe fresche, tra la natura attorno al ristorante... E poi l’altra, che si prepara a diventare popolare giudice di Masterchef? La chef dal tocco soave, dai modi gentili, che già avevamo conosciuto al Venissa... E il futuro personaggio televisivo, che si prepara senza infingimenti a ereditare il ruolo “cattivo” di Carlo Cracco, «io in cucina sono molto severa», preparatevi al massacro dei concorrenti?
Questa domanda frullava nella nostra testa, approcciandoci a Vencò, frazione di Dolegna del Collio, provincia di Gorizia: il luogo fuori e dentro la storia che lei ha scelto come proprio eremo goloso («Volevo una cosa così: piccola, immersa nel verde. Ho girato molto il Friuli, per trovarla: ovunque vedevo panorami scheggiati da capannoni industriali, ambienti bucolici stuprati da aree industriali dismesse. Poi sono arrivata qui…»).
La domanda non gliel’abbiamo posta, lo confessiamo. Perché la
Klugmann è ragazza molto intelligente, e ci ha risposto ancora prima che aprissimo bocca: «A giugno e luglio il ristorante sarà chiuso. Per due mesi
L'Argine rimarrà deserto, io sarò impegnata a registrare in tv: quindi preferisco serrare i battenti. Non voglio snaturare questa realtà, che è ciò che sto costruendo.
Romano (
De Feo, il suo compagno da 15 anni,
ndr) ne approfitterà per creare quella stanza tutta a vetri che sogniamo da tempo, per i nostri ospiti».
Sorgerà dal lato opposto dell’entrata, verso la vicina Slovenia. Noi abbiamo invece dormito in una delle quattro, deliziose e piccole camere ricavate sul lato sinistro del ristorante, «con vista sul nulla», ossia su una realtà che per troppo a lungo abbiamo imparato a non conoscere: la campagna. «Mi sono ispirata all’In de Wulf di Kobe Desraumaults».

La Klugmann, a sinistra, con la sua brigata: Kengo Okada, classe 1981 da Kobe, in Giappone, e Sonia Sabello, 1994 ligure-siciliana
Antonia si prepara – forte della sua consapevolezza derivata dalla cultura – a vivere quest’avventura strana, da aspirante
Heidi balzata d’un tratto sotto i riflettori. Andarla a trovare significa raggiungere un luogo che sembra aver vissuto il tempo con sano e pragmatico disinteresse: qui c’erano gli austriaci e là ci sono gli sloveni, qui era una polveriera della Prima Guerra Mondiale e là il confine. Che importa? L'atemporalità del mondo rurale si fa beffe del rincorrersi degli eserciti contrapposti.
«In questo edificio abitava un contadino. Non aveva il bagno in casa, la lavatrice era nel cortile… Con Romano abbiamo voluto affiancare all’edificio originale una struttura moderna», che dialoga in perfetta simbiosi, in un continuo rimando tra passato, presente e futuro, «contattammo un architetto, ci stilò un preventivo troppo caro», così De Feo rispolverò il proprio diploma da geometra per realizzare i sogni di Antonia.
Lei racconta dell’inverno trascorso, «per due settimane si sono toccati i -17°. Tutti i germogli sono andati perduti». E ci chiede: «Ma come fa Michel Bras a gestire l’orto d’inverno? Dovrò andarlo a trovare». D’altra parte, l’estate scorsa, in cucina i +45° sono diventati un’abitudine: ma la Klugmann li sopporta volentieri, «Romano vorrebbe creare un impianto di climatizzazione, però costa molto, meglio resistere».

La Klugmann con Paolo Marchi a Identità Milano 2015
Lei appunto va a
Masterchef confessando con disarmante candore i propri propositi: «Mi serve per poter sviluppare queste cose a
L'Argine. Per avere le risorse e la notorietà necessarie a dare solide basi» alla sua immaginazione che si è fatta concretezza.
Tutt’attorno sulle colline, ci racconta Romano, è un susseguirsi di consolidate aziende vinicole, «là c’è La Viarte, là I Clivi, là ancora Felluga». Ma la perla capace di far risplendere il territorio è questo Argine che ha bisogno di benzina, «devo farmi conoscere di più».
Davvero? Scende la sera, è ora di accomodarsi ai tavoli per la cena (di altissimo livello. La racconta Tanio Liotta coi suoi scatti, nella fotogallery, ndr). «Antonia sta per arrivare, è ancora a casa», che si trova vicino a Cividale, deve dar da mangiare ai suoi cinque gatti più un cane. Ha fatto tardi perché il servizio è finito nel pomeriggio inoltrato, «i clienti non volevano andarsene». Perché si sta benissimo, qui all’Argine: è già, sicuramente, uno dei migliori indirizzi della ristorazione italiana. Anche senza telecamere.