Giunti ha pubblicato da poco “Ristoranti da scoprire”, sottotitolo “I Ristoranti dove nessuno ti ha mai portato”. L’autore è Marco Bolasco, 44 anni, responsabile dell’area gastronomica della stessa casa editrice fiorentina, penna già tra le più longeve (con Identità lo premiammo “giornalista dell’anno” alla fine del 2007) e acute (si legga l’ultimo post del suo blog) in circolazione.
L’idea di questo libello è vincente: la novantina di insegne italiane recensite – divise in Nord-Ovest, Nord-Est, Centro e Sud – non sono “le solite”, o il frutto di una classifica, ma nascono dai consigli spassionati di una persona che ne sa. Quante volte, infatti, capita agli operatori del settore di dover rispondere al whatsapp degli amici: «Sono a Roma (o Londra o Canicattì), dove vado a mangiare?». A nulla vale il fatto che magari il giorno prima hanno pubblicato corposi dossier su quotidiani e settimanali, se non intere guide che mettono in fila top e pop. Succede perché chi fa quella domanda, un po’ è pigro e un po’ vuole l’esclusiva, quel posto segreto che il tuo amico esperto dirà in confidenza solo a te.
«Il consiglio giusto», spiega bene l’autore nell’introduzione, «è considerato in qualche modo più affidabile di qualsiasi ranking. E per dare il consiglio giusto bisogna mettere la faccia». Bolasco mette la sua in questo libro che «Non è una guida e non è esaustiva. È piuttosto un taccuino aperto, una raccolta di esperienze che possono diventare i consigli giusti». Niente stellati, non ne troverete «perché non ci sarebbe nulla di nuovo». Sono ristoranti «Che vanno scoperti perché non sono ancora abbastanza conosciuti e magari non ci siamo andati». Indirizzi al di fuori di ogni «referenzialità» tra addetti ai lavori. Posti in cui, prima che mangiare bene, si sta bene, un fattore progressivamente in ombra negli ultimi anni, messo in ombra dalla luccicanza degli chef.

Marco Bolasco (a destra) con il suo maestro Stefano Bonilli. Il libro è dedicato a lui e a Bob Noto
È così che ci vien voglia di passare prima o dopo da
Fre a Monforte d’Alba per scoprire quel ragazzo che osa «aprire un locale vicino a quello di
Crippa o agli
Alciati, che è un po’ come giocare a tennis nel campo accanto a
Federer». Di fare un salto dal misconosciuto
Michelaccio di Genova , «per bere solo vini con un livello di solfiti bassissimo o nullo». O alla baia di Portonovo, dove non c’è solo il
Clandestino di
Moreno Cedroni ma pure
Marcello, un luogo «con una luce indimenticabile, in cui tornare perché propone soluzioni adatte a famiglie e bambini, grandi mangiatori e stomaci leggeri».
Lo stile, rinforzato dai disegni di Simona Oliva, ha un'originalità narrativa che introduce, con la lievità colloquiale, consigli mai banali, che scampano le frasi trite e ritrite di una letteratura nascente ma spesso già stanca. Storie di buona accoglienza, spiega Bolasco nelle acute "istruzioni per l’uso" in coda al libro, non rivolte «A chi pensa che una volta si mangiava molto meglio di come si mangia oggi». Ma a chi cerca curioso e aperto indirizzi in cui, più di tutto, si è accolti bene. Tavole, per usare una classificazione recente dell'autore, che cercano di essere «accessibili e aperte. Cioè inclusive».
p.s. Bolasco sa bene che, nonostante il libro, continuerà a ricevere i whatsapp.