29-12-2012

Il formaggio nel sacco

Nella seconda parte del dossier, focus su uno dei prodotti più particolari (e buoni) di Bosnia

Miroslav Glogovac di Nevesinje, presidente dell’

Miroslav Glogovac di Nevesinje, presidente dell’Associazione produttori di Formaggio nel Sacco (sir iz mijeha), ottenuto da latte vaccino stagionato nella pelle intera di pecora, gonfiata, essiccata e affumicata

La gente e la terra, dicevamo. Un legame forte in Bosnia, un retaggio rurale che ancora oggi impegna una grandissima fetta dell’economia locale. Ma non è solo interesse: è anche affetto puro, sincero, non così scontato da trovare in un’epoca in cui il ritorno alla terra è dettato più dalla convenienza. In Bosnia ed Erzegovina, i figli di questo affetto si chiamano formaggio nel sacco, fagiolo poljak, raštika (cavolo di sola foglia, aperta senza formare una testa chiusa), la prugna požegača, il miele di salvia: è da qui che la gente può reinventarsi – si sta già reinventando - una nuova vita.

Prendi Miroslav, 32 anni, figlio di Ljubica e Borivoje Glogovac: abita a Nevesinje, è presidente dell’Associazione produttori di Formaggio nel Sacco (sir iz mijeha, ne parla bene qui Stefano Tesi) ed è uno dei rappresentanti di questa nuova generazione di erzegovesi che hanno preso in mano le redini delle tradizioni per affacciarsi al mondo. «Abbiamo approfittato delle opportunità che ci offriva il progetto di tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli di pregio dell’Erzegovina finanziato dal Mae e Oxfam Italia, puntando su questo antico formaggio, uno dei pochi che mai potrà essere prodotto industrialmente, e abbiamo vinto la scommessa», racconta.

Venditrice di formaggio del sacco

Venditrice di formaggio del sacco

E mai intuizione fu più indovinata, visto che nel 2006 il formaggio nel sacco è diventato Presidio Slow Food. Miroslav lavora duro: la mancanza di una politica locale forte che tuteli il loro lavoro rende tutto più difficile, ma lui e tanti altri si sono uniti e lentamente stanno dotando la loro nazione di un’identità gastro-culturale, non più confinata a šljivovica, ćevapći o ricordi di guerra.

Il formaggio nel sacco per me è una cosa nuova, molto curiosa: bizzarro vederlo stagionare nella pelle intera, gonfiata, essiccata e affumicata di una pecora. Ma posso garantire sul risultato, eccellente: il formaggio esce a pezzi, i più grossi sembrano estratti dal cuore di una forma di Grana Padano, i più piccoli dalle briciole del taglio, ma ovviamente il sapore è tutt’altra storia. È un formaggio di latte vaccino ma con tutte le sfumature selvatiche e ovine rilasciate dal “sacco” entro cui è maturato per me. Qualcosa di non riproducibile sinteticamente.

Potrei continuare a raccontare a lungo di questo viaggio: kifle, vino, burek, formaggio… Soprese continue, stimoli infiniti. E un simbolo che rappresenta un intero paese: il melograno, con i suoi mille chicchi. Che poi sono le mille sfaccettature dei suoi paesaggi, i mille sapori inattesi, gli uomini e le donne per bene incontrati lungo la via.

2. fine


Storie di cuochi

Uomini che abbandonano per un attimo mestoli e padelle per raccontare le proprie esperienze e punti di vista

a cura di

Daniele Zennaro

rodigino di Rosolina, classe 1979, è chef dell'Osteria Vecio Fritolin di Venezia

Consulta tutti gli articoli dell'autore