La lezione numero 1 del giorno 2 di Identità New York è introdotta dall’assessore al Commercio e Attività Produttive del Comune di Milano, Franco D’Alfonso, una traversata atlantica per ricordare ai presenti che «Milano è una piccola New York, melting pot di gente da ogni parte d’Italia, come il vicentino Carlo Cracco qui accanto a me. Un bel viatico per l’Expo 2015, che centreremo sul tema di Energy for life. Nel 2015 accorreranno persone da 130 paesi del mondo, per discutere ma anche per cucinare assieme».
Con Cracco c’è Michael White di Marea a New York, cuocone con proprietà linguistiche italiane migliori di tanti colleghi nati sullo Stivale, una dote maturata in 7 anni di apprenticeship al San Domenico di Imola di Valerio Marcattilii, re della pasta ripiena come l'allievo. «E poi», aggiunge, «io sono nato nel Mid-West, in un paese in cui non avevo praticamente scelta: tra cucina cantonese e pizze sceglievo sempre le seconde».

La Caponata revisited di Micheal White
Dalla pizza alla caponata presentata oggi a
Eataly il passo non è stato breve: vent’anni e due sudate stelle Michelin per capire che «capperi, scalogno, aglio e olio (in inglese, fa notare
Paolo Marchi, non esiste la parola soffritto, che
White infatti dice in Italiano) vanno rispettati sempre: per questo la mia cucina ha un basso impatto termico sulle materie prime». La caponata «rivisited» è un viaggio tra la montagna dei funghi e il mare delle capesante, due addendi che aggiungono un po’ più di consistenza alla cremosità tipica delle melanzane da caponata. Una grande eleganza, anche visiva, arricchita al tavolo da piccoli sorsi di
Allegrini Soave Doc, presentati da
Marilisa Allegrini in persona: «un’acidità che si sposa benissimo con i piatti di oggi».
Dai presentatori Andrew Knowlton e Alessandra Rotondi il testimone passa a Carlo Cracco, che aveva ricordato l’eterogeneità dei palati italiani nei riguardi della pasta: «A sud al dentissimo, man mano che sali al nord, quasi cruda». Ma il suo primo piatto a New York è un’entréee, le Cozze alla marinara, inganno visivo che da anni apre il pasto in via Victor Hugo: «Prendiamo della pasta fillo di acqua e farina, la inseriamo in uno stampo a forma guscio di cozza, mettiamo in forno per 3-4 minuti a 180°C. Una volta fuori, ecco il finto guscio che poi coloreremo con del nero di seppia, su cui metteremo il mitile 'vero'. La farcia è di pomodori canditi con sale, timo e olio, tagliati a metà e messi dentro le ‘cozze’. Le presentiamo con delle alghe – non buone da mangiare – ma belle d’aspetto. Cozze che finalmente possiamo mangiare per intero. Così diamo senso al culo che ci siamo fatti per pensarlo e realizzarlo». Amazing, ribattono in sala.

Tagliolini di tuorlo d’uovo, un autentico masterpiece di Carlo Cracco, ora arricchito da tartufo bianco disidratato
Secondo piatto, secondo masterpiece cracchiano:
Tagliolini di tuorlo d’uovo e tartufo bianco, con quel «di» che è notoriamente un complemento di materia, il celebre uovo marinato creato 10 anni fa e poi anche ‘quadrato’ nel libro. «Un piatto», rievoca il vicentino, «che ho cavalcato per rivoluzionare la posizone dell’uovo stesso, da allora non più elemento complementare ma trave portante di un piatto». La marinatura è preceduta dalla separazione dell’albume dal tuorlo, e dura 7 ore tra sale grosso, zucchero e purea di fagioli. Un cavallo di battaglia tra i più galoppanti della cucina italiana contemporanea, oggi col
surplus del tartufo bianco d’Alba, che però non è come credi ma «una patata pregiata che abbiamo fatto disidratare» per isolare il proverbiale aroma. Un piatto di pasta secca, da mangiare con le mani perché privo di condimenti che imbrattano. Una pietanza che alterna ludicità a profondità di pensiero, le stimmate del nostro cuoco.