continua dalla prima e seconda parte
Se mai un giorno i signori della Gazprom decideranno che, oltre ai balletti e ai concerti di musica classica, converrà che si sponsorizzino anche le rassegne nazionali di enogastronomia, il merito sarà anche di alcuni giovani cavalli di razza che sfidano il vento contrario della piatta tradizione.
Tra questi galoppa che è un piacere Vladimir Muhin. Fino, si dice, a un possibile posto nella prossima S.Pellegrino World’s 100 Best (e magari anche nella 50). Trentun anni, è al timone da pochi mesi del White Rabbit, sulla piazza Smolenskaya, un ristorante sopraelevato con vista da brivido su almeno tre delle Sette Sorelle, i grattacieli in stile gotico-elisabettiano voluti da Stalin per rivaleggiare con quelli della New York di allora.

La cupola del ristorante White Rabbit, alle spalle, uno dei 7 grattacieli detti "sette sorelle", voluti nel Dopoguerra da Stalin
Mentre nella più vicina delle sorelle, sede del ministero degli Affari esteri, si decidono cose che vorremmo sentire anche noi, di qua
Muhin scrive nel piatto la sua personalissima campagna di Russia, un viaggio soprattutto di terra perché il mare da cui trarre del pescato o è d’acqua dolce (il Caspio e il Mar Nero a Sud) o è molto distante e inospitale (il Barents a nord). In un setting surreale, dichiaratamente ispirato ad Alice nel Paese delle Meraviglie –
White Rabbit è il Bianconiglio – capita di iniziare da subito con un piacevolissimo amuse bouche di
Anatra e mela, l’accoppiata principe della tradizione russa, testimoniata da tanti romanzi di
Tolstoj e
Cechov.
Ricordiamo ancora con piacere l’eleganza delle Zuppa di funghi di Sochi, il paese natale del cuoco, una regione in stagione provvida di porcini e finferli, aggiustata da un tuorlo d’uovo alla francese. Le zuppe sono la pietanza russa che più russa non si può, anche quando queste prendono imprevedibili virate nippo-italiane (i deliziosi Soba freddi con tartufo nero di Toscana), come a dimostrare che, se una vera e propria tradizione russa è ancora da scrivere, non è per forza necessario stare al di qua dei confini.

Foresta nera con ciliegia piccante, cioccolato e crema, dessert di Dmitry Zotov (foto facebook)
Un secondo cavallo di razza russo si chiama
Dmitry Zotov e guarda a vista diversi ristoranti a Mosca. Abbiamo approvato l’
Antrekot, a ridosso del Metropol hotel, davanti allo scintillante
Teatro Bolshoi. Specialità: carne dalle razze più pregiate del mondo con godibilissimi intermezzi creativi locali. Alla vista di un buonissimo e sifonato
Cappuccino di funghi ci è tornato alla mente
Alajmo e il suo con seppie al nero: «
Massimiliano ha trascorso una settimana qui con noi. E con
Lorenzo Cogo abbiamo fatto una magnifica cena a 4 mani», rivela
Zotov. Scoperte interessanti, come il gusto di quei grandi manzi, di provenienza anche locale. Il giorno in cui la Russia scoprirà che le sue infinite distese sono buone non solo da trivellare ma per far pascolare il bestiame o piantarci frutta e verdura, l'Occidente dovrà temere sul serio.
3. fine