05-08-2022
Mette Søberg, danese di Copenhagen, 32 anni, al Noma dal 2013. Tre anni dopo assume la conduzione del test kitchen, il laboratorio creativo del ristorante che si fregia di 3 stelle Michelin e di 5 titoli di miglior ristorante al mondo
Danese di Copenhagen, 32 anni, Mette Søberg è una delle figure più silenziose e importanti nell’ultimo decennio del Noma. È responsabile del segmento di ricerca e sviluppo, il test kitchen che orienta la creatività dell’insegna più influente al mondo. La incontriamo in un mattino soleggiato nella sala da pranzo, con l’erba alta fuori in giardino e l’inceneritore Copenhill che sbuffa fumo all’orizzonte. «Ho cominciato questo mestiere non perché volevo diventare chef ma perché amavo cucinare», riassume il suo percorso, «a 18 anni mi sono iscritta a una scuola di cucina. Il metodo danese ti impone di fare subito pratica e questa cosa mi piaceva molto. Ho lavorato per 3 anni in uno storico ristorante tradizionale di pesce. Poi sono andata al Marque di Sydney, in Australia. Lo chef Mark Best scrisse una bella lettera all’amico René Redzepi. Era il 2013, avevo 23 anni. Per me che sono di Copenhagen, rifiutare il Noma non era un’opzione». Com’è arrivata alla conduzione del test kitchen? Sono stata assunta poco dopo lo stage di 3 mesi. Per 3 anni ho lavorato in cucina: in pasticceria e poi un po’ in tutte le altre partite. Sono entrata nel test kitchen nel 2016, poco prima del pop-up del ristorante a Sydney. René ha intuito delle potenzialità e al ritorno mi ha chiesto di dirigere il laboratorio. Lavorare nella creatività, qualcosa a cui tutti quelli che entrano al Noma aspirano, per me era un sogno. Quanta gente lavora oggi nel test kitchen del Noma? Siamo 5 fissi più una quota variabile di gente che entra ed esce. Rispetto al passato cerchiamo di coinvolgere di più anche i cuochi perché abbiamo smesso con gli appuntamenti del Saturday night project, quel momento in cui ognuno di noi poteva presentare a fine servizio la sua idea e sottoporla a Rene e a tutti gli chef più importanti della squadra. Oggi non ha più senso trattenere la gente fino a tardi, nel fine settimana. Qual è l’obiettivo finale del menu del Noma? Il sapore è al centro di tutto. Se un tempo alcuni piatti erano amati dal 50% dei clienti e odiati dall’altra metà, oggi il nostro scopo principale è creare cibo delicious, delizioso, che possa piacere a tutti, un obiettivo che cerchiamo di realizzare ben consapevoli che è impossibile, perché ognuno di noi ha un palato diverso. Soprattutto, ci piace l’idea di far riflettere il cliente su ciò che mangia: non vogliamo servire piatti sicuri, noiosi. Ci piace farli ragionare su percorsi inconsueti. Come facciamo mettendo a tavola la bistecca di scoby (la madre della kombucha) o la tartare di cuore marinato d’anatra, servita nel suo becco. Piatti che cercano di catturare la tua attenzione, che fanno riflettere fuori da ogni zona di conforto.
Mette Søberg e René Redzepi, 44 anni. Nel 2023 Noma compie 20 anni (e Mette 10 anni di militanza)
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Rene Redzepi sul palco della Nuvola Lavazza di Torino. Con lui, da sinistra a destra, Giuseppe Lavazza, Massimiliano Alajmo, Paolo Griffa, Davide Scabin, Antonella Fassio, Elena Peirone, Matteo Baronetto, Ferran Adria, Stefano Cavallito, Marco Bolasco e Luca Iaccarino
La bistecca di scoby, la madre del kombucha, uno dei passaggi del menu vegetariano-estivo del Noma di Copenhagen, Danimarca. L'insegna, aperta nel 2003 nella vecchia sede di Strandgade 93, ha 3 stelle Michelin ed è stata prima al mondo nel 2010, 2011, 2012, 2014 e 2021
René Redzepi, al centro, con una parte dello staff del Noma