16-03-2018
Massimiliano Alajmo, 43 anni, chef de Le Calandre a Rubano (Padova), 3 stelle Michelin dal 2002, 27° posto nella World's 50Best 2017
Il pensatoio delle Calandre è una stanza a base rettangolare che precede le cucine. Le pareti accalcano grandi classici di gastronomia, cornici con fogli bianchi schizzati a tempera, pregiate bottiglie vuote e tante foto della mirabile saga di famiglia. Ce n’è una raggiante di Massimiliano Alajmo accanto a Paul Bocuse: «Era il 1997», ricorda il cuoco padovano, «avevo 23 anni». Fosse stata scattata 5 anni dopo, avrebbe messo assieme i sorrisi del più vecchio e del più giovane cuoco al mondo con 3 stelle Michelin. Dal soffitto cala un invisibile filo di ferro. Regge il manico di un pentolino in ferro, che volteggia lento e inesorabile a mezzaria. «E’ l’idea di un amico artista», spiega Alajmo accomodandosi al tavolo di pietra sedimentata pluricentenaria. «In questo spazio sedimentano allo stesso modo i pensieri e le cose».
E la cucina? Cucinare è un tentativo parziale di celebrare la materia, che contiene in sé già tutte le possibilità. Attraverso il nostro lavoro non possiamo che fotografarne degli spicchi. Non potremo mai esaurire le possibilità della materia, così carica di forza e di bellezza. La cucina italiana è una o sono tante? Non esiste una cucina italiana, esistono “le” cucine italiane. C’è quella che ci ha lasciato Gualtiero Marchesi, un approccio di grande pensiero che aderiva alla materia per sottrarla e ripulirla. Voleva esprimere la purezza della cucina, un’idea molto orientale. Preparava i risotti con l’acqua: epurava per trasmutare un pensiero in arte. La seppia al nero, il piatto quadro, lo spaghetto freddo col caviale, il salmone in dolceforte, la capasanta al pepe rosa. Intuizioni straordinarie che ha saputo caricare di un pensiero, di una grande energia non masticabile.
Cappuccino di seppie al nero, piatto icona di Massimiliano Alajmo. Fu concepito nel 1994 ed è ancora in carta
Da pochi giorni lo staff delle Calandre veste nuove uniformi. Nella foto, Matteo Bernardi, sommelier
Sembra invece esaurita l’onda tecno-emozionale dalla Spagna. È sempre stata una visione antitetica al mio pensiero. Una definizione che non ho mai amato, di basso livello. Con Ferran Adrià tutto aveva un senso, ma dopo di lui il genio è diventato omologazione. E quel periodo storico ha ancora una coda importante nelle abitudini del presente.
Risotto allo zafferano e liquirizia con foglie croccanti all'incenso a lato
Terminato il risotto, troviamo sotto disegnata la foglia d'oro, omaggio a Gualtiero Marchesi
Come valuti il lavoro che tanti giovani stanno sviluppando attorno alla trattoria italiana? Era ora! Ben vengano tutti questi ragazzi che portano forza e stimoli. Avvicinare determinate consuetudini è fondamentale. L’alta ristorazione può traghettarle ma anche la contestualizzazione è importante. Per me una trattoria vera vale 3 stelle. Vorrei aprirne una anch’io.
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Insegne, cuochi e ghiotti orientamenti: a narrarceli è Gabriele Zanatta, laureato in Filosofia, nonché coordinatore della Guida ai Ristoranti di Identità Golose. Il suo punto di vista va ben oltre la superficie, per esplorare profondità e ampiezza della tavola, di tutto quello che è Zanattamente Buono.