segue dalla prima puntata
Arrivare nel tardo pomeriggio in uno dei luoghi più sperduti del pianeta è certamente una delle esperienze più affascinanti che si possano fare. Sicuramente non è il Polo sud, sicuramente siamo abituati alle nostre Alpi (che gli svedesi ci invidiano) e certamente siamo capaci di guidare qualunque mezzo su quasi qualunque tracciato. Tutto questo per arrivare davanti alla piccola costruzione rossa che svetta nella neve del 2 stelle Michelin svedese che «merita la deviazione», suggerisce la Rossa.
Sull’altopiano non c’è nulla se non qualche piccola costruzione in cui si trovano le 5 camere del ristorante, una bella sala da biliardo, la sauna, e poco altro. Lo staff si sposta a dormire nell’alloggio del personale situato proprio alla fine della strada, dall’altra parte della collina verso Åre: la patente è requisito necessario per entrare nella brigata del Fäviken.
Inizia quindi la motivazione principale di questo viaggio, a 2,500 km da casa: lasciata la macchina in mezzo alla strada, davanti alla casetta rossa, ci fanno accomodare al primo piano. Si trova qui un corridoio con le uniche stanze disponibili del ristorante. Lo stile nordico impera ovunque: ci si sente come nella casa di montagna, anche se l’altitudine è poco più di 600 metri sul livello del mare, quindi paragonabile alla nostra media campagna.


L’esperienza inizia della sauna, dove con gli altri pochi ospiti si può prendere un piccolo aperitivo in accappatoio. Birra e vino sono a disposizione dei clienti, assieme a salamino di cervo e al sempre presente cetriolo, questa volta sott’aceto.
Alle 19 inizia la cena, noi siamo scesi poco prima per un piccolo aperitivo a base di champagne, salame e carotine baby. Il pasto durerà circa 2 ore e mezza e si svolgerà metà al piano terra, nella sala dell’aperitivo, dove rimarrà fisso solo l’unico tavolo conviviale da 6 coperti del ristorante; l’altra metà verrà servita al primo piano. Il tutto con ritmo sostenuto prima, poi qualche portata intervallata da qualche minuto di pausa, per poi ricominciare in velocità, per terminare nuovamente al piano terra dopo circa 28 portate, dagli amuse bouche alla piccola pasticceria.
Per descriverli tutti servirebbero altri episodi ma proviamo a sintetizzare. La prima portata in assoluto è una
Sfoglia di semi di lino e aceto con salsa alle cozze blu di Norvegia: si parte benissimo con un forte sapore di mare. Per nominare la carne, invece, si passa al quarto e quinto assaggio:
Uova di trota selvaggia in un impasto di sangue secco di maiale e
Bon bon di testina di maiale, immersa nel lievito madre e fritta, con uva spina e sale di dragoncello. Buoni e particolarissimi, soprattutto il primo dei 2 assaggi.

Bon bon di teste di maiale

La sala al piano superiore
Il ritmo rallenta, si sale al primo piano e vengono servite delle
Capesante cotte su rami di ginepro servite nel loro guscio con del brodo, buonissime. O ancora
Persico al vapore con fungo al sapore di pino: tanto è buono il fungo, quanto è ben cotto il pesce, ma senza un pizzico di sale. Anche mangiato col fungo non convince, peccato perché la cottura era impeccabile e la carne ottima e tanta.
Si torna in velocità e vengono servite le celeberrime
Uova di quaglia rivestite di cenere nera (altro non è che sterco di pecora, antichissimo metodo di conservazione del cibo) con una salsa di trota essiccata e calendula sott’aceto. Le portate principali terminano con l’unico “secondo piatto”, ossia un taglio di
Maiale e bacche sott’aceto. Tutto sommato, una delusione.
Quindi
Colostro servito in 2 mezzi gusci di uova con mirtilli e dopo qualche altro piccolo assaggio si riscende al piano terra, dove vengono serviti i dolci e la piccola pasticceria, accompagnata da caffè o tisane, amari. Infine un buon sigaro per terminare la serata sotto la tenda indiana in mezzo alla neve nel campo davanti al ristorante, con fuoco accesso e copertina per resistere ai -10°C.

Mahogany clam: vongola cinquantenaria con mirtilli ghiacciati
Il giorno dopo termineremo definitivamente l’esperienza con un’abbondantissima e buonissima colazione salata, necessaria ad affrontare le 8 ore di viaggio necessarie per fare ritorno a Stoccolma.
2. fine