Siamo nella valle di Tlaxcala, a quasi 2500mt sul livello del mare, tra antiche haciendas, edifici coloniali e ranchos, in un paesaggio stepposo disseminato di enormi agavi ricoperte da affilati pungiglioni. Qui regna la sagoma onnipresente e inquietante del vulcano che porta il nome di Malinche, la giovane indigena offerta in dono ai conquistadores che poi divenne amante e consigliera di Cortes.
Tra miti e leggende, questa valle è uno scrigno gastronomico inesplorato, ancora sconosciuto ai molti. Proprio qui in questa valle, grazie alla grande passione, all’enorme talento e alla forte determinazione del giovane chef Francisco Molina, si trova Evoka, uno dei ristoranti in assoluto più interessanti del panorama gastronomico messicano. In realtà siamo a meno di un paio d’ore da Città del Messico, abbastanza vicini all’epicentro dell’ultima rivoluzione messicana, quella gastronomica, e allo stesso tempo abbastanza lontani dall’inevitabile rischio di contaminazioni per cui quando un piatto, una ricetta o una tecnica diventano di moda, tutti lo copiano.
La cucina di Chef Molina è un esercizio di archeologia gastronomica declinata al futuro. Francisco reinterpreta l’intensità degli ingredienti indigeni, recupera ricette ancestrali e crea piatti che sono autentici mosaici di estetica avanguardista. Maguey, mais e mole sono il comune denominatore di tutto il menu dove appaiono, scompaiono, riemergono sotto distinte sembianze in ciascuno dei piatti che lo compongono.

Chileatole verde con escamoles
Il mais prende subito la forma della tortilla, l’ingegnoso alimento che ogni messicano usa contemporaneamente come pane, piatto e cucchiaio. Non poteva essere diversamente, Tlaxcala, in
nauatl significa “il luogo della tortilla”. Per
Francisco Molina è un orgoglio conservare l’antica tradizione millenaria e realizzare all’interno del ristorante l’intero processo di elaborazione delle tortillas, dalla selezione del mais, alla nixtamalizzazione, alla preparazione dell’impasto, fino alla cottura.
Spiega
Francisco: «L’autentica tortilla purtroppo è a rischio di estinzione. Il paese è invaso dalle
tortillerias, piccoli locali di produzione e vendita, a cui l’industria presta i macchinari e dipinge il locale a condizione che usino il loro impasto che è tutto meno
masa nixtamalizzata».
Non solo. Da
Evoka le tortillas sono fatte con diverse varietà di mais autoctoni, dal mais blu a quello rosso, al bianco, oltre che con il rarissimo
maiz ajo, i cui chicchi sono ricoperti uno ad uno da una piccola foglia. Ogni piatto del menu è accompagnato da un tipo di tortilla diverso, perché a seconda della varietà di mais utilizzata ogni tortilla assume un sapore e un colore differente. Ma l’essenza della cucina tlaxcalteca sono i
moles e le
salsas. «Quando andiamo ad una
fiesta diciamo -Vado a magiare un mole! o Vado a mangiare un pipian!- non diciamo -Vado a mangiare carne o pesce» racconta
Francisco mentre visitiamo i mercati alternativi di Apizaco e Tlaxcala dove si riuniscono i
campesinos della zona per vendere i propri prodotti.
Da
Evoka il mole e le salse assumono tutte le possibili sembianze. Iniziamo con la
Sopa de jitomate asado, en carbón de nogal con croquetas de huauzontle y flores comestibles, la zuppa di pomodori arrostiti al carbone di noce con crocchetta di huauzontle e fiori commestibili, passiamo poi al
Chileatole verde con escamoles, le famose larve di formica affumicate e accompagnate da
nopales, chiles encurtidos y escamoles.
Proseguiamo inoltre con il
Pipián de pistache y mole de frutas de temporada, con pechuga de guajolote ahumada y verduras, una versione del
pipian preparata con pistacchi che insieme al
mole di frutta di stagione accompagna un taglio morbidissimo di petto di tacchino affumicato. Infine terminiamo con il
mole de matuma con pesca del dia cocinada en hoja de mixiote, una personale interpretazione del famoso mole de Tlaxcala, accompagnato da un
pargo, uno dei pesci che storicamente transitava in questo stato nel suo itinerario tra il porto di Veracruz e la capitale, qui cotto nella tradizionale foglia di maguey. Perché anche del maguey non si butta nulla.
Del maguey, il nome con cui i messicani chiamano comunemente l’agave, qui in Messico si usa proprio tutto: dalla linfa con cui si ricava
aguamiel e
pulque, alle foglie, ai fiori e ai suoi parassiti, quelli bianchi delle foglie e quelli rossi delle radici, fino alla radice dalla cui distillazione si ottiene il mezcal. In più qui a Tlaxcala dell’agave si usa anche il
mixiote, la membrana protettrice delle foglie (dell’agave,) con cui si prepara il piatto omonimo, un vero e proprio “papillotte” preispanico di cui abbiamo appena visto la versione con il pesce.
E da
Evoka, del
maguey, in questa stagione, si usano anche i fiori, chiamati
palmitas, con cui
Francisco Molina decora la
Gordita de jaiba con requesón,frijoles negros y caldillo de jitomate. Ci avviciniamo al termine del nostro viaggio gastronomico a Tlaxcala con la
Calaverita de atole agrio con dulce de ayocote y dulce de calabaza en tacha, un divertissement dolce e scaramantico. È un gelato di
atole agrio a forma di teschio a ricordare il piatto tradizionale che si prepara per la celebrazione del Giorno dei Morti, la festività più importante dell’anno in Messico.
E anche se nella cucina messicana non esiste una pasticceria vera e propria,
Chef Molina la crea chiudendo il percorso in dolcezza con un vero e proprio dolce meticcio, il
Tamal dulce de chocolate,con puré de piña rostizada, helado de maíz nixtamalizzato y ganache de chocolate al 70%. La base è di
chile pasilla,
chile chipotle e
quelites in polvere, mentre il
tamal di cioccolato avvolto da una
ganache di cioccolato e
chile chipotle è ricoperto da
platanos dominicos. Accompagna il gelato di mais nixtamalizzato. Il risultato è un puzzle impossibile in equilibrio perfetto.