Un investimento imponente, 90 milioni di euro in quattro anni, non solo per dare una casa sfavillante allo stabilimento della S.Pellegrino nell’omonimo Comune lombardo, ma che ribadirà il forte legame del colosso delle acque con il proprio territorio e garantirà a quest’ultimo visibilità internazionale, poiché la nuova flagship factory del gruppo si candida a diventare un grande richiamo del bello e del buono.
E’ stato presentato poche ore fa l’esito definitivo del concorso internazionale cui il marchio sotto il controllo della multinazionale Nestlé ha affidato il compito di individuare quale dovesse essere il proprio nuovo volto proprio là dove è nato e ha radici forti, a San Pellegrino Terme, provincia di Bergamo. Ha trionfato l’ambizioso progetto dell’archistar Biarke Ingels, studio di architettura danese BIG, che sta curando la realizzazione di altri mega-complessi in giro per il mondo, basti citare la Serpentine Gallery a Londra, il Google Campus a Mountain View in California, il World Trade Center 2 a New York, ma anche la nuova casa della Lego.

L'archistar Bjarke Ingels, al centro, con il ceo del Gruppo Sanpellegrino Stefano Agostini, poche ore fa durante la presentazione della nuova S.Pellegrino Flagship factory
Una sfida ambiziosa, «ma loro se lo possono permettere» ha commentato ai nostri taccuini
Santo Versace, presente in platea alla nuova Fondazione Feltrinelli di Milano, dove si è tenuto l’incontro di presentazione – come dire, bella architettura chiama bella architettura.
Ancora Versace: «Qui non si valorizza solo un’acqua o un paese, ma tutta l’Italia. Perché S.Pellegrino la rappresenta nel mondo (un miliardo di volte lo scorso anno! Tante quante sono state le bottiglie consumate) in modo prestigioso e racconta la nostra storia, la nostra cultura, la nostra eccellenza, il nostro lifestyle. Noi siamo e dobbiamo sempre più essere l’industria del bello. Questo progetto va in questo senso e merita dunque l’applauso mio e di tutti».
Sorrideva Versace parlando, sorridevano dal palco anche Stefano Agostini, presidente e ceo del Gruppo Sanpellegrino (il più lieto di tutti diremmo. E con ragione), Luca Molinari dell’omonimo studio, che ha guidato i lavori della commissione di esperti che ha scelto il progetto migliore, poi tre dei membri della giuria stessa, ossia Edwin Heathcote del Financial Times, Giulio Cappellini, grande architetto e art director Cappellini, Laudomia Pucci della Emilio Pucci, come dire che architettura, design e moda parlano linguaggi simili, almeno nella Penisola. E sprizzavano gioia gli amministratori locali, sindaco di San Pellegrino Terme - Vittorio Milesi – in testa.
I sorrisi disegnano sulla bocca un arco all'ingiù. E proprio l’arco, ma svettante, è il simbolo del progetto targato
Big, sarà il leitmotiv della nuova sede di S.Pellegrino, o meglio della vecchia sede, parecchio ingrigita, che adesso cambierà completamente volto.
Quattro archistar per S.Pellegrino, avevamo titolato a settembre l’articolo che annunciava la volata finale tra altrettanti progetti di studi di architettura prestigiosi, tra i quali anche quello italiano di
Michele De Lucchi. La finale a due ha visto protagonisti il danese
BIG (
Bjarke Ingels Group) e l’olandese
MVRDV, fino alla vittoria del primo. «Abbiamo scelto in base alla capacità di rappresentare tre fattori: il concept, l’aderenza alla missione e la corrispondenza di valori».
Ingels ce l’ha fatta perché esprime al meglio «la purezza, la trasparenza, la naturalità». E ancora: «Prevede ampi spazi e confortevoli, che trasmettono senso di appartenenza».
Bjarke Ingels si è presentato sul palco con una promessa, «sono contento, perché ho quattro anni per imparare l’italiano e ho conquistato una buona scusa per venire spesso in questo splendido Paese». Poi ha parlato di identità del brand, «S.Pellegrino è strutturalmente legata alle sue radici territoriali, al suolo, al cielo, ma in generale all’italian way of life». La nuova sede, come detto, recupera l'arco come elemento chiave d'interazione tra la fabbrica, il paese e il paesaggio.
Il progetto di
BIG, studio fondato nel 2005 dallo stesso
Ingels, con
headquarter a Copenhagen e una filiale a New York, prevede al centro del campus che si andrà a creare l’installazione di una gigante “biopsia geologica” che mostrerà il viaggio trentennale che deve percorrere l’acqua dalla nuvola al terreno e poi filtrando al suo interno, per acquisire i minerali e raggiungere la purezza che rende così unica la S.Pellegrino.
La nuova S.Pellegrino Flagship Factory si candida a divenire un modello nel rapporto tra territorio e sue industrie – ossia di come la committenza privata più illuminata ha contribuito nei decenni a ridisegnare il territorio stesso, valorizzandolo - che ha una lunga e felice storia nella Penisola, basti pensare agli esempi dell’Olivetti a Ivrea o della Sogesta a Urbino. Cappellini: «Noi produciamo da sempre eccellenze, dobbiamo perà lavorare a comunicarle meglio. Ecco perché questo progetto mi entusiasma». Chiude Agostini raggiante, coll’orgoglio di chi fa il suo lavoro per un brand, ma si sente anche legato al proprio Paese: «Sono felice, perché promuoveremo l’Italia nel mondo». Sempre di più.