20-09-2021
Da sinistra, quattro nuovi protagonisti di Identità Milano 2021: Errico Recanati, chef-patron dell'Andreina a Loreto (Ancona); i pizzaioli Ciro Oliva, del Concettina ai Tre Santi di Napoli, e Mirko Petracci, de La Scaletta di Ascoli Piceno; Mattia Casabianca, pastry chef dell'Uliassi di Senigallia (Ancona)
Il countdown segna sempre meno giorni per l'avvio di Identità Milano 2021, al MiCo – Milano Congressi in Via Gattamelata, in calendario dal 25 al 27 settembre (qui il programma completo di Identità Milano 2021) e, in questa ricca edizione, sono numerose le new entries tra i relatori presenti. Saranno loro, assieme agli "amici di vecchia data", ad animare le riflessioni sul tema scelto per quest'anno Costruire un nuovo futuro: il lavoro.
Anche l'Italia ha il suo Victor Arguinzoniz, magari meno celebre nel mondo del cuoco basco che ha sdoganato la brace ai più alti livelli, ma certo ugualmente meritevole di attenzione e autore di un percorso di crescita importante. Il punto di partenza è stato il ristorante di famiglia, insegna storica (anno 1959) per chi voleva mangiare pesce a metà tra la costa adriatica e il santuario di Loreto. Era il regno di Andreina, che dà il proprio nome al locale; e così suo nipote Errico Recanati, classe 1973, è venuto su seguendo le orme della nonna e poi di mamma Ave, fra spiedi, cacciagione, tizzoni e fuoco vivo.
Poi, certo, non si è fermato a quello. Ha frequentato l’Etoile Academy, svolto stage da Gianfranco Vissani, da Pietro Leemann e al ristorante Talvo di Martin Dalsass... Ha arricchito insomma il suo bagaglio di conoscenze che poi però ha riversato in un'idea di fondo: dare forme contemporanee e di fine dining al suo ristorante Andreina senza stravolgerne l'identità primigenia; anzi, partire proprio da quest'ultima - in un percorso d'evoluzione lento, personale e organico, mica fotocopiato - per proporre qualcosa di originale, fusione perfetta della storia, coi suoi sapori antichi, e di una moderna ricerca creativa. Insomma: raw e autentico, un'anima tradizionale traslata in tempi odierni. Qualcuno ha detto: neo-rurale.
L'Andreina, stella Michelin dal 2013, oggi non è certo solo brace, perché Recanati ha idee brillanti che vanno ben oltre, pensiamo alla bottarga di cuore di agnello o di milza (strepitoso lo Scampo, bottarga di cuore d'agnello, uova di trota e mango). Oppure all'uso intelligente e non modaiolo del quinto quarto, della selvaggina. Persino della verdura, a smentire una fama esclusivamente carnivora. Di sicuro però sui carboni finisce l'ostrica per L'ostrica si dà le arie di brace, una delle versioni più convincenti che chi scrive abbia mai gustato. E poi, lo Spaghetto cotto alla brace, pepe e cacio è semplicemente da inserire nei libri di cucina. (Carlo Passera)
C'è un fuoco che arde al rione Sanità, a Napoli. È acceso al Concettina ai Tre Santi, pizzeria dalla lunga storia che ha avuto inizio nel 1951, quando Concettina Flessigno Oliva dinanzi al suo basso sfornava con dedizione tante pizze fritte per tutto il quartiere. Questo fuoco ha un nome: è quello del suo bisnipote Ciro Oliva, quarta generazione di famiglia alla guida del locale (a proposito: "ai Tre Santi" perché l'insegna si trova accanto all’edicola votiva di San Vincenzo Ferrari, patrono della Sanità; di Sant’Alfonso Maria de’Liguori, protettore delle mura del locale; e di Sant’Anna, cui era devoto Sant’Alfonso).
Ciro è adrenalinico e guascone, giovanissimo (classe 1992) eppure assai ferrato. Fonde insieme la tradizione partenopea - del quale è erede in quota parte - con l'evoluzione contemporanea la cui conoscenza gli deriva dalla frequentazione col mondo dell'alta cucina, non a caso uno come Massimo Bottura gli ha dedicato un appetizer, Omaggio a Ciro Oliva, in un menu di Osteria Francescana, nel 2017, leggi qui. Mica poco, per un ragazzino che allora aveva 25 anni.
Questi riconoscimenti non hanno fatto montare più di tanto la testa a Ciro. Semmai l'hanno stimolato a cercare sempre più - e sempre meglio - un punto di fusione tra patrimonio identitario (compreso l'impasto di papà Antonio, la cui preparazione risponde a una formula segreta) ed elementi personali: saper insomma guardare avanti senza mai tradire la memoria. «La curiosità e il confronto per me sono tutto», spiega lui sfoderando il suo solito sorriso. E aggiunge brillantemente, a Paola Pellai, leggi qui: «Dentro una pizza c'è tutto. È casa, è Italia, è eccellenza. C'è chi pensa che la pizzeria sia una seconda scelta rispetto al ristorante, io voglio cancellare questa visione. La pizza è cultura, è sentimento, è ricerca, è investimento ed esalta il pilastro su cui si fonda la bellezza del nostro Paese: l'artigianalità». Come non volergli bene? (Carlo Passera)
Dentro o fuori. C'è stato un momento, nel 2013, da vere e proprie sliding doors: Vincenzo e Maria Petracci erano stanchi, avevano aperto la loro pizzeria La Scaletta ad Ascoli Piceno nell'ormai lontano 1978. Basta: era ora di andare pensione. Quante pizze avevano servito! Dignitosissime, per carità: ma nei decenni precedenti l'imperativo era far cassetta e non si andava tanto per il sottile con i dettagli legati a impasti, condimenti e coperture. "Pizze curate, mai tirate via, digeribili, ma erano momenti nei quali letteralmente non si chiedeva ai pizzaioli di essere chef", come ha scritto Luisa Acciarri.
E dunque? Dunque, appuntamento dal notaio. Non per chiudere bottega, ma per sancire carte alla mano il passaggio di gestione alla nuova generazione dei Petracci, rappresentata in particolare dal primogenito Mirko, classe 1981, il locale esisteva da soli tre anni. Dunque uno che a La Scaletta era praticamente nato e cresciuto, e ne conosceva alla perfezione ritmi e meccanismi.
Soprattutto, ne conosceva anche le potenzialità inespresse, gli aspetti da migliorare ulteriormente.
Conseguente la decisione di cambiare molto, se non tutto. O per meglio dire: andare oltre il lavoro dei genitori, senza far perdere l’identità del locale. Il matrimonio di Mirko con Maria è arrivato l'anno dopo il passaggio generazionale che vi abbiamo raccontato; ed è stato il suggello alla nuova stagione nella vita de La Scaletta.
L'indirizzo oggi è un punto di riferimento per i buongustai. Gli impasti di Petracci sono leggeri, non a caso la linea d'eccellenza si chiama Gran'aria, frutto di un anno e mezzo di ricerca, sperimentazione e studio, per ottenere una pizza eterea e insieme croccante, molto idratata, dall’altissima digeribilità. Il risultato finale al piatto è un blend che regala alla pizza un aroma ricco e originale.
Eravamo a casa sua, a Senigallia, dove è nato e dove è tornato a lavorare; era giugno 2021, durante la seconda edizione di Identità di Gelato. E il "suo" chef, Mauro Uliassi, che lo ha voluto come pasticciere nel 2019, lo ha presentato così al pubblico: «Sono davvero orgoglioso del nostro pastry chef Mattia Casabianca: è figlio di pasticcieri, a 18 anni è partito per fare esperienze con alcuni dei più grandi. Al suo ritorno l'abbiamo immediatamente preso nella nostra squadra».
Poche parole, e molto affetto, che raccontano in modo eloquente sia la parabola professionale di Mattia, sia l'affetto che Uliassi ha per lui. Che invece spiega di essersi innamorato del suo lavoro quando ancora era bambino, guardando il nonno e la nonna darsi da fare davanti ai forni del laboratorio che gestivano. Ma anche che la sua vera formazione professionale, quella che l'ha reso il pasticciere che è, è iniziata quando si è iscritto al corso professionale di pasticceria all'ALMA di Colorno (Parma): «Quella scuola mi ha dato l'impostazione e la mentalità che mi servivano per potermi ambientare nelle grandi cucine in cui poi sono andato a lavorare».
Dopo questo passaggio importante, Casabianca ha scelto di andare all'estero per arricchire il proprio bagaglio di esperienze: le fermate più rilevanti, secondo Mattia, sono state quelle da Michel Roux al Waterside Inn, «dove ho imparato alla perfezione tutta la pasticceria classica francese» e quella dal maestro spagnolo Paco Torreblanca, «che invece mi ha dato una grande struttura e competenza tecnica, ma mi ha aiutato anche a formarmi un gusto personale». Arrivare poi al Celler de Can Roca è stato il coronamento di un sogno: «Erano anni che desideravo di poter lavorare con i fratelli Roca, è stata una soddisfazione unica».
Così come quella che ha avuto al rientro a Senigallia, con Mauro Uliassi che l'ha voluto e accolto a braccia aperte. Due settimane dopo il suo arrivo in brigata sono arrivate le tre stelle Michelin, e oggi Uliassi di lui dice così: «Mattia con i suoi 25 anni ci conquistò immediatamente e gli lasciammo la gestione della pasticceria. Entrò nel gruppo creativo rapportandosi con tutti noi alla pari e dalle sue mani cominciarono ad uscire dolci come il Soufflé al cioccolato albicocche e gelato di Lagavulin, La foresta nera, Come una cassata, il Millefoglie, la Granita di chartreuse e melone, il Senigallia-Brest, solo per citarne alcuni. Tecnicamente è capace di mettere in piedi qualsiasi desiderio dolce, con noi ha imparato ad avere una visione aperta che si è perfettamente mescolata con il nostro stile». (Niccolò Vecchia)
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A cura della redazione di Identità Golose
I nuovi loghi di Identità Milano, con a destra quello speciale e celebrativo, per i vent'anni del congresso che per l'occasione racconterà le Identità Future
Cervello croccante, ricci di mare, pesca saturnina, frutto della passione e fonduta di provola affumicata è il Piatto della bella stagione di Errico Recanati, chef del ristorante Andreina, a Loreto (Ancona)