23-03-2022
Lo chef Salvatore Bianco del ristorante Il Comandante del Romeo Hotel, una stella Michelin, a Napoli, con la sua brigata e la squadra di Identità Golose Milano coordinata dal resident chef Edoardo Traverso. I sapori concreti di chef Bianco delizieranno ancora per questa sera, mercoledì 23 marzo, gli ospiti dell'Hub. Per info e prenotazioni, cliccare qui
Cuochi si nasce. E cuochi si diventa: o per meglio dire, si acquisiscono consapevolezze e una maturità tali da inaugurare freschi scenari di gusto; consapevolezze dischiuse, liberate dal guscio di una tradizione magna, ma talvolta assopente: le prime, le certezze, sicuramente intente ad onorare la seconda, la storia, ma al contempo pronte a dare un seguito, tanto florido quanto le premesse stesse.
E dunque, come lo scrittore maturo percepisce di vivere l’apoteosi dei suoi versi, la pulizia, la sazietà che sgorga dalle sue parole, così, Salvatore Bianco, chef del ristorante Il Comandante del Romeo Hotel, una stella Michelin a Napoli - che sazio non lo è ancora - sta via via delineando la strada per consolidare la eco dell’autenticità, in un crescendo graduale e assorto, sonante e denso, eppure squisitamente fruibile, com’è la sua cucina. Si sente, dunque, in una fase proficua Salvatore, prospera; una fase in cui s'intensifica l’empatia con la terra, e predilige la robustezza delle sue radici, che ora investiga sotto nuovi punti di vista. E i frutti, quelli sono promettenti.
Un ritorno - il terzo negli spazi dell’Hub - quello della scorsa sera, che ha sospinto lo chef di Torre del Greco a esprimersi mediante un ingrediente non propriamente partenopeo (eppure apprezzato dal pubblico napoletano, tanto che nascono ristoranti tematici) e forse, per questo, ancora più stimolante tra le sue mani: il tartufo.
Al cuore di due serate (l’ultima questa sera mercoledì 23 marzo – per info e prenotazioni cliccare qui) il fungo ipogeo e le sue deliziose interpretazioni, con il consueto appuntamento Tartufo Tutto l’Anno in collaborazione con Appennino Food Group, dell’imprenditore Luigi Dattilo.
Due varietà previste dal menu stilato ad hoc da Salvatore Bianco: il bianchetto, in accompagnamento al primo piatto, delicato e tenue, e il tartufo nero estivo in un dessert sorprendente.
Nel mentre, tra una portata e un’altra, riflessioni in divenire, racconti: a partire dagli studi che Salvatore porta avanti, ricostruendo ricette raccolte in polverosi manuali, custoditi in antichi conventi, o preservati dalla memoria culinaria della storia cittadina, affinché il passo verso l’evoluzione sia ragionato, un’elaborazione della continuità dei sapori nel tempo, meno una pretesa stilistica. E così monache, ricettari, tradizioni di strada ispirano i tre nuovi percorsi degustazione del Comandante: un inno alla sua storia, ormai decennale, con una raccolta di classici; il menu i mangia maccaruni, ispirata ai vicoli, al gusto popolare, alla sontuosità delle bontà domestiche, al gesto di servire la pasta su pezzi di carta per le vie di Napoli, e i mangia erbe, una proposta vegetale che fugge le mode e riconduce ancora una volta a un cibo semplice, che ha sempre fatto parte della quotidianità, ma che rinasce sotto i venti favorevoli della rivoluzione Bianchesca .
Uno studio che raccoglie tendenza ed eredità cronologica, aperture scavate in profondità nella materia, che Salvatore scandaglia propriamente nella sua cucina. Ragion per cui, non ha esitato dinanzi alla scelta di una chiusura al pubblico per un semestre intero, necessario per rendere l'ambiente di lavoro, perfettamente funzionale alla propria creatività. È felice Salvatore per quella vicinanza, quel senso di corporazione, congregativo che sta affiorando tra i cuochi partenopei: la stima, la consapevolezza che in tanti è meglio, e che la luce dell’uno si propaga fruttuosamente sull’altro. «Napoli vive un momento felice». E questa felicità la si assapora tutta nei quattro piatti presentati da chef Bianco: la maestria delle cotture, i legami tra ingredienti, l’eleganza delle commistioni, e la spontaneità con la quale tutto ciò emerge nel piatto. Quasi come un gioco da ragazzi: sì, Salvatore cucina felice, senza pesantezza. Infatti, non ama mettere in difficoltà l’ospite al cospetto del gusto, bensì lo invita a ralletare e godere di ogni millimetro di materia accarezzato dal proprio pensiero.
Terrina di coniglio con fondo all’ischitana
E dunque la terrina di coniglio con fondo all’ischitana, è tenera, impreziosita dall’uso delle erbe con le quali le carni sono state aromatizzate; un boccone che si arricchisce delle consistenze delle interiora, rognoncino compreso, elegante, addomesticato dalla cottura, lunga, e dalla “bassa temperatura” ancestrale, cioè una fiamma lenta; l’intera composizione viene poi irrorata da un fondo all’ischitana, con tutti gli aromi e le componenti della ricetta locale a base di pomodoro, olio di oliva, pinoli, olive e spezie isolane.
Pasta ripiena con cremoso di bufala e crema di finocchio alla brace con tartufo nero estivo
Si prosegue con un primo piatto dai contorni settentrionali e un’anima terrosa: è il plin, ma la sua lavorazione e il suo ripieno rispecchiano la matrice meridionale di una pasta più elastica, dalla farcia morbida, quindi un caglio di bufala, più acido che grasso; il plin è avvolto da una crema di finocchio alla brace, tocco vegetale delicato, la cui dolcezza è estratta proprio dal tartufo bianchetto; e poi un incrocio di testure con petali di cavolfiore croccante e una spezia leggera, un dolce piccante, per nulla invadente.
Piccione, fave e barbabietola in due servizi e quindi, il petto...
... e la coscia
Arriviamo al piccione, proposto in due servizi: ancora materia, e come la stessa riesca ad assumere toni diversi. Classe, vigore, sobrietà, in un filetto irrorato dal jus alla barbabietola e note sottili di cacao e caffè; e la coscetta, rustica, con contorno di crema di fave, e un’insalatina rinfrescante con fragole, barbabietole e i primi frutti della primavera che arriva. Avvolgenza setosa con spunti di acidità e zampillii vegetali che accompagnano la carnosità saporita della coscetta di piccione.
Sottobosco con tartufo nero dolce
In ultimo, il piatto che corona, a nostro avviso, l’uso del tartufo è – a gran sorpresa – il dessert: un sottobosco profumatissimo, senza squilibri zuccherini, il finale di un percorso lineare e coerente. È la vitalità del terriccio, di prati umidi e tappeti di foglie, di noccioleti e di un autunno luminoso che persiste e si esprime in questo dolce-non-dolce: una ganache alla nocciola, i cui zuccheri sono stati ridotti al minimo; foglioline di cioccolato fondente, una terra di crumble alla barbabietola, perle di uova di lumaca e, naturalmente, il tartufo nero estivo. È la concezione sensoriale del sottobosco che ti aspetti e diventa materia. Che a sua volta diventa emozione.
Ancora un'occasione per gustare la cucina di Salvatore Bianco, a Identità Golose Milano, questa sera. Per info e prenotazioni, consultare il sito dell'Hub.
Racconti, storie e immagini dal primo Hub Internazionale della Gastronomia, in via Romagnosi 3 a Milano
di
Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.
Salvatore Bianco e Alfredo Manzoni, chef e maître del nuovo ristorante Il Comandante del Romeo Hotel di Napoli