Una settimana prima del Milano food&wine Festival e di Identità Golose, è calato il sipario, in tutt’altra metropoli europea, sui cinque mesi di Stelle di Stelle, la grande cucina contemporanea italiana in gran spolvero da Harrods a Londra. Cinque mesi per cinque chef e i loro relativi menù.
Tutto ha avuto inizio il 1° settembre nel segno di Carlo Cracco e della sua creatività, a ottobre è stata la volta dei fratelli Cerea e dei piatti del loro Da Vittorio a Brusaporto (Bergamo), quindi di Gennaro Esposito e del sole di Vico Equense a novembre. A dicembre ecco invece Annie Feolde e Italo Bassi, l’Enoteca Pinchiorri in riva al Tamigi. Al cambio di anno, l’ultimo cambio di chef: Enrico Crippa e il suo mix tra la creatività del Piazza Duomo e la tradizione della Piola. Ultimo servizio sabato scorso, 31 gennaio.

Isaac McHale a fine servizio al The Clove Club nell'East End londinese
Tutto questo è stato reso possibile anche dal supporto di sei main sponsor come
Grana Padano,
Acqua Panna – S.Pellegrino,
Lavazza,
Birra Moretti,
Ferrari e
Petra – Molino Quaglia. Sei pure le cantine:
Villa Sparina,
Ottosoldi,
Allegrini,
Poggio al Tesoro,
San Polo Montalcino e
Ceretto. Presente al momento dell’aperitivo il
Consorzio del Prosciutto di Parma.
Parafrasando il titolo di un recente volume di Alain Ducasse, mi viene spontaneo dire che J’aime London, Amo Londra. L’amo in pratica da sempre, da quando tredicenne, estate 1968 i miei mi iscrissero a un corso di inglese a Reading. Volo da Milano su Gatwick, poi trenino per Victoria Station, quindi treno per la città del Berkshire. Ma questa è un’altra storia.

Lo staff del ristorante Stelle di Stelle, da settembre 2014 al gennaio scorso da Harrods a Londra. A sinistra con gli occhiali il manager Stefano Buscema, alle sue spalle il barman Oliver e sulla destra il team leader Matthew. La ragazza con la coda è la chef de rang Irsida, mentre in prima fila ecco l' hostess Eva. A tutti loro il grazie di Identità per la professionalità e la pazienza
Sarà per l’imprinting di una vita fa, per lo stupore di ritrovarmi catapultato in una metropoli mondiale, dove ti sentivi in un vortice continuo, ma per me Londra è unica anche a tavola. Certo, allora mi veniva spontaneo rilanciare quel detto che vuole che “per mangiare bene a Londra devi fare colazione tre volte”. Però vogliamo mettere la varietà di cucine? Tutto il mondo lì lungo le due sponde del Tamigi? La forbice della qualità e quella dei prezzi? C’è sempre una versione alta e una spicciola, c’è sempre e solo l’imbarazzo della scelta. E ancora il fascino dei pub, nei quali non metto piede da tempo a meno che non sia uno dei tipo
Harwood Arms di
Brett Graham, lo stesso chef-patron del
Ledbury, non a casa un gastropub con tanto di stella
Michelin.
Per me i continui viaggi per seguire i vari momenti di Identità Londra sono serviti anche per visitare questa o quella insegna, a iniziare dalle due appena citate sopra. Oscar assoluto al Ledbury, pranzo perfetto per servizio e per proposte. Bene anche l’Harwood Arms, ma attenti a non andarci pensando di mangiare bene come nella casa madre ma a un terzo o anche meno del prezzo. Giocano campionati diversi e entrambi primeggiano. Ma un peso leggero non può incrociare i guantoni con un massimo.
Isaac McHale, scozzese, ex Ledbury, fresco di prima stella, è invece un cuoco che ha i numeri per emergere nella categoria maggiore. Dirige i giochi golosi del The Clove Club nell’East London, dove i menù sono due, carne e pesce oppure vegetariano, e in due misure, 5 portate o XL. Piatti tosti, scelte decise, nulla di lezioso e fighetta.
E più scrivo, più vorrei salire su un aereo per Londra.