09-10-2014

L'Italia di Gastronomika

Tutta la cronaca del congresso di San Sebastian chef per chef, ponencia per ponencia

Il pasticciere catalano Christian Escribà cavalca

Il pasticciere catalano Christian Escribà cavalca una Vespa agghindata di dolci. E' l'omaggio che i Paesi Baschi hanno tributato ai cuochi italiani, protagonisti della 3 giorni di Gastronomika, congresso che ha affollato le sale del Kursaal di San Sebastian, dal 5 all'8 ottobre scorsi

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»

Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»

 

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 

Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti

Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini

Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»

Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo.
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo

 

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 

Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso

Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi

Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili

In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna

Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria MasardonaEnzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal

Galleria fotografica






Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal

Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui

Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui








Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato

Lorenzo Cogo – che annovera tanto l'esperienza giapponese con Seji Yamamoto che quella alla scuola dell'asador basco Victor Arquinzioniz – declina la sua cucina istintiva in una “griglia utopica” dove si uniscono ingredienti italiani, sapori e tecniche orientali e l'omaggio alla tradizione iberica: i testicoli di toro marinati con soia, sake e miele, cotti sulla brace e accompagnati da radice di soncino e un “cocktail” a base di caffè e vermuth sono un assaggio potente e spiazzante, giocato sui toni dell'amaro, che si rivela uno dei contributi italiani più interessanti

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui








Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato








Lorenzo Cogo – che annovera tanto l'esperienza giapponese con Seji Yamamoto che quella alla scuola dell'asador basco Victor Arquinzioniz – declina la sua cucina istintiva in una “griglia utopica” dove si uniscono ingredienti italiani, sapori e tecniche orientali e l'omaggio alla tradizione iberica: i testicoli di toro marinati con soia, sake e miele, cotti sulla brace e accompagnati da radice di soncino e un “cocktail” a base di caffè e vermuth sono un assaggio potente e spiazzante, giocato sui toni dell'amaro, che si rivela uno dei contributi italiani più interessanti

Il napoletano Nino Di Costanzo ha iniziato con una dichiarazione d'intenti: si parla anche troppo dei cuochi e della loro “filosofia”, dice, mentre bisognerebbe far parlare di più la materia prima e il territorio. Il cuoco, secondo lui, ha il dovere di raccontare il territorio in cui agisce, nel bene e nel male. Lo chef del Mosaico di Ischia ha presentato un piatto che unisce Nord e Sud, un risotto condito con il limone usato in tutte le sue sfumature e consistenze – incluso il “pane”, la parte bianca, dolce e polposa dei limoni isolani – e gamberi del Golfo

Galleria fotografica






Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui








Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato








Lorenzo Cogo – che annovera tanto l'esperienza giapponese con Seji Yamamoto che quella alla scuola dell'asador basco Victor Arquinzioniz – declina la sua cucina istintiva in una “griglia utopica” dove si uniscono ingredienti italiani, sapori e tecniche orientali e l'omaggio alla tradizione iberica: i testicoli di toro marinati con soia, sake e miele, cotti sulla brace e accompagnati da radice di soncino e un “cocktail” a base di caffè e vermuth sono un assaggio potente e spiazzante, giocato sui toni dell'amaro, che si rivela uno dei contributi italiani più interessanti








Il napoletano Nino Di Costanzo ha iniziato con una dichiarazione d'intenti: si parla anche troppo dei cuochi e della loro “filosofia”, dice, mentre bisognerebbe far parlare di più la materia prima e il territorio. Il cuoco, secondo lui, ha il dovere di raccontare il territorio in cui agisce, nel bene e nel male. Lo chef del Mosaico di Ischia ha presentato un piatto che unisce Nord e Sud, un risotto condito con il limone usato in tutte le sue sfumature e consistenze – incluso il “pane”, la parte bianca, dolce e polposa dei limoni isolani – e gamberi del Golfo

Alberto Manassei, grande artigiano del gelato a Roma, ha raccontato la magia dei pistacchi di Bronte – da noi inflazionatissimi ma in gran parte ignoti a queste latitudini – ma pure la fatica e i costi del loro approvvigionamento. Lui, che in tempi non sospetti e in piena epoca di vaschette fosforescenti ha deciso di puntare sulla qualità, è giustamente riconosciuto come un vero maestro del pistacchio. Il segreto sta nell'aver adattato dei macchinari per farsi da sé la pasta di pistacchio, bandendo i semilavorati come per tutti i suoi gelati. L'assaggio conferma e conquista

Galleria fotografica






Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui








Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato








Lorenzo Cogo – che annovera tanto l'esperienza giapponese con Seji Yamamoto che quella alla scuola dell'asador basco Victor Arquinzioniz – declina la sua cucina istintiva in una “griglia utopica” dove si uniscono ingredienti italiani, sapori e tecniche orientali e l'omaggio alla tradizione iberica: i testicoli di toro marinati con soia, sake e miele, cotti sulla brace e accompagnati da radice di soncino e un “cocktail” a base di caffè e vermuth sono un assaggio potente e spiazzante, giocato sui toni dell'amaro, che si rivela uno dei contributi italiani più interessanti








Il napoletano Nino Di Costanzo ha iniziato con una dichiarazione d'intenti: si parla anche troppo dei cuochi e della loro “filosofia”, dice, mentre bisognerebbe far parlare di più la materia prima e il territorio. Il cuoco, secondo lui, ha il dovere di raccontare il territorio in cui agisce, nel bene e nel male. Lo chef del Mosaico di Ischia ha presentato un piatto che unisce Nord e Sud, un risotto condito con il limone usato in tutte le sue sfumature e consistenze – incluso il “pane”, la parte bianca, dolce e polposa dei limoni isolani – e gamberi del Golfo








Alberto Manassei, grande artigiano del gelato a Roma, ha raccontato la magia dei pistacchi di Bronte – da noi inflazionatissimi ma in gran parte ignoti a queste latitudini – ma pure la fatica e i costi del loro approvvigionamento. Lui, che in tempi non sospetti e in piena epoca di vaschette fosforescenti ha deciso di puntare sulla qualità, è giustamente riconosciuto come un vero maestro del pistacchio. Il segreto sta nell'aver adattato dei macchinari per farsi da sé la pasta di pistacchio, bandendo i semilavorati come per tutti i suoi gelati. L'assaggio conferma e conquista

Moreno Cedroni, un veterano di San Sebastian, qui con il sous chef Luca Abbadir, questa volta – ha sottolineato - è qui per rappresentare l'Italia insieme a un gruppo di colleghi che sa rispettare la tradizione e la fa crescere, affiancandole nuove esperienze e nuovi stimoli. Così – seguendo il fil rouge dei suoi menu letterari - ha proposto piatti evocativi della sua regione e della sua storia, in omaggio a Giacomo Leopardi. L'intento è di far sorridere l'ombroso poeta – e il commensale odierno – con piatti divertenti e sensuali, come la “minestra” a base di orzo e vongole con il tocco esotico di prezzemolo, lime e cocco

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui








Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato








Lorenzo Cogo – che annovera tanto l'esperienza giapponese con Seji Yamamoto che quella alla scuola dell'asador basco Victor Arquinzioniz – declina la sua cucina istintiva in una “griglia utopica” dove si uniscono ingredienti italiani, sapori e tecniche orientali e l'omaggio alla tradizione iberica: i testicoli di toro marinati con soia, sake e miele, cotti sulla brace e accompagnati da radice di soncino e un “cocktail” a base di caffè e vermuth sono un assaggio potente e spiazzante, giocato sui toni dell'amaro, che si rivela uno dei contributi italiani più interessanti








Il napoletano Nino Di Costanzo ha iniziato con una dichiarazione d'intenti: si parla anche troppo dei cuochi e della loro “filosofia”, dice, mentre bisognerebbe far parlare di più la materia prima e il territorio. Il cuoco, secondo lui, ha il dovere di raccontare il territorio in cui agisce, nel bene e nel male. Lo chef del Mosaico di Ischia ha presentato un piatto che unisce Nord e Sud, un risotto condito con il limone usato in tutte le sue sfumature e consistenze – incluso il “pane”, la parte bianca, dolce e polposa dei limoni isolani – e gamberi del Golfo








Alberto Manassei, grande artigiano del gelato a Roma, ha raccontato la magia dei pistacchi di Bronte – da noi inflazionatissimi ma in gran parte ignoti a queste latitudini – ma pure la fatica e i costi del loro approvvigionamento. Lui, che in tempi non sospetti e in piena epoca di vaschette fosforescenti ha deciso di puntare sulla qualità, è giustamente riconosciuto come un vero maestro del pistacchio. Il segreto sta nell'aver adattato dei macchinari per farsi da sé la pasta di pistacchio, bandendo i semilavorati come per tutti i suoi gelati. L'assaggio conferma e conquista








Moreno Cedroni, un veterano di San Sebastian, qui con il sous chef Luca Abbadir, questa volta – ha sottolineato - è qui per rappresentare l'Italia insieme a un gruppo di colleghi che sa rispettare la tradizione e la fa crescere, affiancandole nuove esperienze e nuovi stimoli. Così – seguendo il fil rouge dei suoi menu letterari - ha proposto piatti evocativi della sua regione e della sua storia, in omaggio a Giacomo Leopardi. L'intento è di far sorridere l'ombroso poeta – e il commensale odierno – con piatti divertenti e sensuali, come la “minestra”  a base di orzo e vongole con il tocco esotico di prezzemolo, lime e cocco

Arriva come ultima relatrice della 3 giorni l’unica donna del mazzo di italiani. È Viviana Varese del ristorante Alice di Milano, salernitana alla conquista di San Sebastian, anche attraverso i suoi mentori: Gennaro Esposito e i fratelli Roca, da cui andò per uno stage illuminante. Spunti dalla sua lezione: «In Italia esistono centinaia di tipi di pasta diversa e ognuna esige un tempo di cottura diverso». E ancora, la ormai celebre pizza fritta e l’indugiare sui colori dei piatti, la sua passione. Trasformazione, istinto e tecnica per un degno finale

Difficile dare un colore finale al bilancio di Gastronomika una tre giorni che mai come quest’anno ha avuto una così ricca rappresentanza di cuochi italiani. Da quando esistono i congressi di gastronomia (il primo assoluto si tenne proprio in queste sale di San Sebastian nel 1999, ma con un’altra anima e organizzazione, quella pionieristica de Lo Mejor de La Gastronomia) mai erano saliti su un palco fuori dai nostri confini così tanti chef, oltre una ventina, dall’Alto Adige ad Agrigento, pizzaioli e gelatieri inclusi.

E' stata un'edizione cruciale per il futuro di Gastronomika: è andata bene, la sala era spesso gremita e l'attenzione media elevata. Nazioni ospiti dell'edizione 2015: Hong Kong e Singapore

E' stata un'edizione cruciale per il futuro di Gastronomika: è andata bene, la sala era spesso gremita e l'attenzione media elevata. Nazioni ospiti dell'edizione 2015: Hong Kong e Singapore

Al final, le cose sono andate meglio di come lasciava presagire la prima mattinata, un avvio scollato fotografato da Marco Bolasco, per il quale, «Ancora una volta, i cuochi italiani apparivano in successione isolata e non come immagine di gruppo». Di sicuro faceva specie osservare che all’ora di pranzo, la foto d’insieme non vedeva abbracciati i nostri cuochi, ma i big baschi Andoni, Juan Mari Arzak, Martin Berasategui, Pedro Subijana, stretti in una ricorrente immagine di coesione che noi non abbiamo mai dato. E chi è stato qui l’anno scorso ricorda i cuochi londinesi, affratellati a cantare all’unisono sotto la stessa Union Jack.

Va bene, è già stato detto tante volte: l’Italia è una somma di individui. Infatti i cuochi non si sono parlati prima per coordinare gli interventi e sarebbe stato sicuramente auspicabile trovare una regia comune, per concordare un’immagine generale dalle quale declinare tutte le grandi specificità che distinguono le nostre cucine, quella varietà che poi è la ricchezza del nostro paese, si dice spesso. Ma forse balzava all’occhio ancora di più l’assenza di una rappresentanza istituzionale: al Kursaal non s’è visto, non diciamo un ministro ma nemmeno un assessore, in un momento in cui nel paese «si sorride poco» (Moreno Cedroni dixit) e in una fase così cruciale con l’Expo dietro l’angolo.

Tra gli interventi più appassionati degli italiani della 3 giorni, quello di un... oriundo, l'uruguayano Matias Perdomo del Pont de Ferr di Milano, una lezione appassionata sulla pasta tra divertimento, gioco e sapori

Tra gli interventi più appassionati degli italiani della 3 giorni, quello di un... oriundo, l'uruguayano Matias Perdomo del Pont de Ferr di Milano, una lezione appassionata sulla pasta tra divertimento, gioco e sapori

A saldo positivo è rimasta indubbiamente la possibilità di schierare grandi individualità che si distinguono vuoi per le grandi competenze tecniche, vuoi per la capacità di ricerca e immaginazione. Per la capacità di saper essere innovatori e poliedrici oppure ancora grandissimi conoscitori e manipolatori di prodotti (per conferma, leggere il riassunto di tutti gli interventi nella fotogallery qua in alto a sinistra). E la memoria – vero tema conduttore del congresso, invocato da diversi dei nostri – può realmente diventare uno stimolo verso l’innovazione, come ha confermato anche lo stesso Andoni. Insomma, se nasci in Italia e cresci con i nostri sapori, parti avvantaggiato.

Ultima osservazione: alla fine gli autori delle lezioni più incisive sono stati i nostri cuochi più giovani o quelli meno avvezzi a calcare un palco. Assi decisive della cucina italiana che, ha ben sintetizzato Matias Perdomo, «deve fondarsi sulla tradizione, guardando al futuro e vivendo il presente».

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»

Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»

 

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 

Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti

Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini

Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»

Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo.
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo

 

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 

Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso

Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi

Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili

Galleria fotografica






Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili

In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna

Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria MasardonaEnzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal

Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui

Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui








Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato

Lorenzo Cogo – che annovera tanto l'esperienza giapponese con Seji Yamamoto che quella alla scuola dell'asador basco Victor Arquinzioniz – declina la sua cucina istintiva in una “griglia utopica” dove si uniscono ingredienti italiani, sapori e tecniche orientali e l'omaggio alla tradizione iberica: i testicoli di toro marinati con soia, sake e miele, cotti sulla brace e accompagnati da radice di soncino e un “cocktail” a base di caffè e vermuth sono un assaggio potente e spiazzante, giocato sui toni dell'amaro, che si rivela uno dei contributi italiani più interessanti

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui








Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato








Lorenzo Cogo – che annovera tanto l'esperienza giapponese con Seji Yamamoto che quella alla scuola dell'asador basco Victor Arquinzioniz – declina la sua cucina istintiva in una “griglia utopica” dove si uniscono ingredienti italiani, sapori e tecniche orientali e l'omaggio alla tradizione iberica: i testicoli di toro marinati con soia, sake e miele, cotti sulla brace e accompagnati da radice di soncino e un “cocktail” a base di caffè e vermuth sono un assaggio potente e spiazzante, giocato sui toni dell'amaro, che si rivela uno dei contributi italiani più interessanti

Il napoletano Nino Di Costanzo ha iniziato con una dichiarazione d'intenti: si parla anche troppo dei cuochi e della loro “filosofia”, dice, mentre bisognerebbe far parlare di più la materia prima e il territorio. Il cuoco, secondo lui, ha il dovere di raccontare il territorio in cui agisce, nel bene e nel male. Lo chef del Mosaico di Ischia ha presentato un piatto che unisce Nord e Sud, un risotto condito con il limone usato in tutte le sue sfumature e consistenze – incluso il “pane”, la parte bianca, dolce e polposa dei limoni isolani – e gamberi del Golfo

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui








Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato








Lorenzo Cogo – che annovera tanto l'esperienza giapponese con Seji Yamamoto che quella alla scuola dell'asador basco Victor Arquinzioniz – declina la sua cucina istintiva in una “griglia utopica” dove si uniscono ingredienti italiani, sapori e tecniche orientali e l'omaggio alla tradizione iberica: i testicoli di toro marinati con soia, sake e miele, cotti sulla brace e accompagnati da radice di soncino e un “cocktail” a base di caffè e vermuth sono un assaggio potente e spiazzante, giocato sui toni dell'amaro, che si rivela uno dei contributi italiani più interessanti








Il napoletano Nino Di Costanzo ha iniziato con una dichiarazione d'intenti: si parla anche troppo dei cuochi e della loro “filosofia”, dice, mentre bisognerebbe far parlare di più la materia prima e il territorio. Il cuoco, secondo lui, ha il dovere di raccontare il territorio in cui agisce, nel bene e nel male. Lo chef del Mosaico di Ischia ha presentato un piatto che unisce Nord e Sud, un risotto condito con il limone usato in tutte le sue sfumature e consistenze – incluso il “pane”, la parte bianca, dolce e polposa dei limoni isolani – e gamberi del Golfo

Alberto Manassei, grande artigiano del gelato a Roma, ha raccontato la magia dei pistacchi di Bronte – da noi inflazionatissimi ma in gran parte ignoti a queste latitudini – ma pure la fatica e i costi del loro approvvigionamento. Lui, che in tempi non sospetti e in piena epoca di vaschette fosforescenti ha deciso di puntare sulla qualità, è giustamente riconosciuto come un vero maestro del pistacchio. Il segreto sta nell'aver adattato dei macchinari per farsi da sé la pasta di pistacchio, bandendo i semilavorati come per tutti i suoi gelati. L'assaggio conferma e conquista

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui








Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato








Lorenzo Cogo – che annovera tanto l'esperienza giapponese con Seji Yamamoto che quella alla scuola dell'asador basco Victor Arquinzioniz – declina la sua cucina istintiva in una “griglia utopica” dove si uniscono ingredienti italiani, sapori e tecniche orientali e l'omaggio alla tradizione iberica: i testicoli di toro marinati con soia, sake e miele, cotti sulla brace e accompagnati da radice di soncino e un “cocktail” a base di caffè e vermuth sono un assaggio potente e spiazzante, giocato sui toni dell'amaro, che si rivela uno dei contributi italiani più interessanti








Il napoletano Nino Di Costanzo ha iniziato con una dichiarazione d'intenti: si parla anche troppo dei cuochi e della loro “filosofia”, dice, mentre bisognerebbe far parlare di più la materia prima e il territorio. Il cuoco, secondo lui, ha il dovere di raccontare il territorio in cui agisce, nel bene e nel male. Lo chef del Mosaico di Ischia ha presentato un piatto che unisce Nord e Sud, un risotto condito con il limone usato in tutte le sue sfumature e consistenze – incluso il “pane”, la parte bianca, dolce e polposa dei limoni isolani – e gamberi del Golfo








Alberto Manassei, grande artigiano del gelato a Roma, ha raccontato la magia dei pistacchi di Bronte – da noi inflazionatissimi ma in gran parte ignoti a queste latitudini – ma pure la fatica e i costi del loro approvvigionamento. Lui, che in tempi non sospetti e in piena epoca di vaschette fosforescenti ha deciso di puntare sulla qualità, è giustamente riconosciuto come un vero maestro del pistacchio. Il segreto sta nell'aver adattato dei macchinari per farsi da sé la pasta di pistacchio, bandendo i semilavorati come per tutti i suoi gelati. L'assaggio conferma e conquista

Moreno Cedroni, un veterano di San Sebastian, qui con il sous chef Luca Abbadir, questa volta – ha sottolineato - è qui per rappresentare l'Italia insieme a un gruppo di colleghi che sa rispettare la tradizione e la fa crescere, affiancandole nuove esperienze e nuovi stimoli. Così – seguendo il fil rouge dei suoi menu letterari - ha proposto piatti evocativi della sua regione e della sua storia, in omaggio a Giacomo Leopardi. L'intento è di far sorridere l'ombroso poeta – e il commensale odierno – con piatti divertenti e sensuali, come la “minestra” a base di orzo e vongole con il tocco esotico di prezzemolo, lime e cocco

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Massimo  Bottura ha aperto il congresso "italiano" presentando il suo nuovo libro, in anteprima mondiale, edito da Phaidon: "Never trust a skinny Italian chef" (Mai fidarsi di un cuoco italiano pelle e ossa). In Italia è tradotto con "Vieni in Italia con me".  «Ci ho messo solo 28 anni per farlo». È la collezione di tutte le storie che stanno dietro a ogni singolo piatto. La nostra battaglia quotidiana per fare dell'Osteria Francescana quello che è oggi»








Secondo a salire sul palco nella giornata augurale di domenica mattina, Carlo Cracco (a destra, il fido Luca Sacchi), lesto a citare il leitmotif del congresso: «Per un cuoco del sud è più facile lavorare che per uno del Nord: ha prodotti, forza, una cucina molto riconoscibile. Per noi è più dura perché senza il prodotto è complicato lavorare». Sotto col risotto, il suo simbolo. E un omaggio agli ospitanti: «I Paesi baschi hanno un cuore grande così»
 








Pino Cuttaia de La Madia di Licata (Agrigento) ha giocato sui temi a lui cari: la memoria, l’infanzia, il gioco, il territorio, la vastità del mare. La finta pizza. E un polpo servito perfetto. Proprio ieri è stato annunciato il suo nuovo libro "Per le scale di Sicilia: profumi, sapori, racconti, memoria", per i tipi di Giunti








Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona) è partito dal concetto di stupore, ben esemplificato dal piatto Bagnasciuga; un grande classico per noi. Ha poi ripiegato sul concetto a lui caro di "Street good", spiegando quanto il tema possa essere cruciale per il destino dei cuochi e dei nostri bambini








Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli, qui con il sous chef Giuseppe Di Martino) ha sostenuto una ponencia tutta giocata sul significato di paesaggio: «La cucina italiana in genere non è una cucina aritmetica, di assemblaggio, ma di insieme. I sapori si compenetrano, esplorano potenzialità semantiche e gastronomiche del paesaggio». Tutto questo brandendo un limone «che il nostro non è un limone come tutti gli altri»








Intervento in sordina per Massimiliano Alajmo de Le Calandre di Padova (e da qualche giorno del Caffè Stern di Parigi), qui con Silvio Giavedoni. Ha fatto suoi i concetti di "Fluidità" (non a caso il titolo del suo libro più recente), declinati sui due piatti simbolo della tradizione italiano: risotto e pasta. Polpo con lumache alle erbe con pistacchi all’acqua e fumo. 
Piatti che non appesantiscono.Il primo con prosciutto Joselito, finoscchio silvestre e camomilla, il secondo con estragone (sbollentato, congelato e pacossato), profumato con distillato di anice stellato, lumache alle erbe con pistacchio all'acqua e fumo
 








Intervento preciso e puntuale per Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone) attorno ai concetti di tradizione, territorio e memoria – ciociara. Tra i piatti presentati, una pasta al pomodoro. Però i tagliolini all'uovo fatti “come una volta” vengono resi dalle conoscenze di “oggi” completamente un'altra cosa: conditi con olio exravergine a 40°C (temperatura a cui le molecole si “aprono” compenetrando totalmente nella pasta e facendosi ingrediente e non solo condimento), polvere di pomodoro liofilizzato e Parmigiano. Un boccone simbolico ma assieme concretamente goloso








Norbert Niederkofler ha intonato il coro della sua cucina alpina con influssi tedeschi e ladini con il refrain degli ultimi tempi, "Cook the Mountain". «Le montagne ti proteggono e ti restringono – dice - ma ti incuriosiscono anche su cosa c'è oltre. Io ci sono andato, poi sono tornato. Ma la natura della montagna può renderti difficile la vita, devi fare i conti con stagioni povere di prodotti e una gastronomia ridotta». Un limite? No, una sfida, che coinvolge produttori e artigiani vicini, uniti nel ripensare una filiera che sa dare grandi sorprese come i 20 tipi di carote e rape usate durante tutto l'anno. Nel giugno scorso ha voluto riunire colleghi “montanari” da tutto il mondo – da Virgilio Martinez ad Ana Ros – per ripensare tutti insieme la cucina di montagna. Un piatto emblematico? Il dessert Enrosadira – termine che descrive il colore unico delle Dolomiti al tramonto – servito solo in estate, a base delle sfumature dei frutti di bosco che crescono intono al Rosa Alpina nei mesi caldi










Niko Romito del Reale-Casadonna di Castel di Sangro (L'Aquila), emozionato ma preciso come sempre, ha spiegato che fino a qualche anno fa preferiva restare in silenzio e far parlare i suoi piatti ma, da quando ha avviato il suo progetto di formazione, sente la responsabilità di trasferire origine e processo creativo dei suoi piatti. Lo ha fatto con l'ausilio di efficaci filmati, essenziali e d'effetto proprio come la sua cucina, elencando quelli che ne sono i tratti salienti: semplicità (martire dalla materia prima ed estrarne l'essenza), profondità (lavorando con una ricerca profonda, scomponendo e poi ricomponendo il sapore con un gioco di strati sovrapposti), equilibrio (con la consapevolezza che la percezione di un sapore o un elemento può cambiare, ad esempio, modificando temperatura o consistenza) e salute, cercando di “aggiungere” il meno possibile (che si tratti di grassi, addensanti o altro) e usando le proprietà naturali degli ingredienti, come l'albumina delle teste di scampo che diviene la base per una sfoglia o una maionese senza uova e dal gusto inedito. Obiettivo: intrigare i palati esperti che riconoscono il gioco di stratificazioni e ricerca di sapori essenziali, ma dare piacere anche al palato meno smaliziato che ritrova sapori primordiali, conosciuti e godibili








In primo piano Arcangelo Dandini de L'Arcangelo di Roma in un selfie a San Sebastian con la sua squadra. Nella sua lezione ha lanciato il tema della trattoria che in Italia, ha spiegato Marco Bolasco alla platea, è da sempre luogo di riflessione su identità e tradizione ma oggi anche di innovazione. L'oste dell'Arcangelo conduce il pubblico in un viaggio nella cucina romana attraverso i secoli con la punta di vitello alla fornara con cipollata - da ricetta rinascimentale del cuoco papalino Bartolomeo Scappi – e misticanza di erbe selvatiche condite con il “suo” garum, salsa ispirata all'antica Roma con aggiunta di incenso e manna








Per la prima volta, la pizza ha fatto irruzione in un congresso di alta cucina fuori dall'Italia. Tre i relatori della giornata: Enzo Piccirillo dell'Antica Pizzeria Masardona, Enzo Coccia della Notizia e Raimondo Cinque della Pizza a Metro di Vico Equense. I tre hanno portato la tradizione della pizza napoletana declinata nelle sue tre anime: non solo la pizza tonda del pizzajuolo della Notizia, ma anche le versioni meno note all'estero della pizza fritta – quella della Masardona, per la prima volta all'estero – e della pizza a metro dell'Università della Pizza a Vico Equense. Differenti forme, cotture e impasti  (a cominciare dalla farina) che la città basca ha avuto modo di apprezzare nei 4 giorni di congresso anche nella sezione Popular, fuori dal Kursaal








Per Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino, qui con Steve Caruso), l'occasione è stata buona per sfoggiare due importanti cavalli di battaglia: Black is black, un moto che è parte della sua ormai celebre rivoluzione sulla pasta secca. Un piatto condito con Spaghetti alla carbonara con besciamella e maionese, due salse della tradizione. E poi ha commosso il pubblico spiegando i dettagli del Food Clinic, studiato in congiunzione con l'università di Torino: "Noi chef possiamo aiutare a far godere persone con patologie importanti, dalla disgeusia alla celiachia alle intolleranze", un progetto in cui credo molto. E noi con lui








Andrea Berton del ristorante Berton è salito sul palco con grinta insospettabile: «Noi italiani abbiamo un grande compito: presentare la cucina e la cultura del nostro paese su questo palco e altrove, nell'anno cruciale dell'Expo». Poi la prima chiamata alle armi: «Noi cuochi dobbiamo lavorare assieme!». Via poi con una lezione che, partendo dal concetto di Paesaggio espresso da Gennaro Esposito, ha esplorato in lungo e in largo la purezza, la precisione e l'identità del Buonpaese con sapori «identificabili» ma anche con un interessante brodo di cioccolato








Lorenzo Cogo – che annovera tanto l'esperienza giapponese con Seji Yamamoto che quella alla scuola dell'asador basco Victor Arquinzioniz – declina la sua cucina istintiva in una “griglia utopica” dove si uniscono ingredienti italiani, sapori e tecniche orientali e l'omaggio alla tradizione iberica: i testicoli di toro marinati con soia, sake e miele, cotti sulla brace e accompagnati da radice di soncino e un “cocktail” a base di caffè e vermuth sono un assaggio potente e spiazzante, giocato sui toni dell'amaro, che si rivela uno dei contributi italiani più interessanti








Il napoletano Nino Di Costanzo ha iniziato con una dichiarazione d'intenti: si parla anche troppo dei cuochi e della loro “filosofia”, dice, mentre bisognerebbe far parlare di più la materia prima e il territorio. Il cuoco, secondo lui, ha il dovere di raccontare il territorio in cui agisce, nel bene e nel male. Lo chef del Mosaico di Ischia ha presentato un piatto che unisce Nord e Sud, un risotto condito con il limone usato in tutte le sue sfumature e consistenze – incluso il “pane”, la parte bianca, dolce e polposa dei limoni isolani – e gamberi del Golfo








Alberto Manassei, grande artigiano del gelato a Roma, ha raccontato la magia dei pistacchi di Bronte – da noi inflazionatissimi ma in gran parte ignoti a queste latitudini – ma pure la fatica e i costi del loro approvvigionamento. Lui, che in tempi non sospetti e in piena epoca di vaschette fosforescenti ha deciso di puntare sulla qualità, è giustamente riconosciuto come un vero maestro del pistacchio. Il segreto sta nell'aver adattato dei macchinari per farsi da sé la pasta di pistacchio, bandendo i semilavorati come per tutti i suoi gelati. L'assaggio conferma e conquista








Moreno Cedroni, un veterano di San Sebastian, qui con il sous chef Luca Abbadir, questa volta – ha sottolineato - è qui per rappresentare l'Italia insieme a un gruppo di colleghi che sa rispettare la tradizione e la fa crescere, affiancandole nuove esperienze e nuovi stimoli. Così – seguendo il fil rouge dei suoi menu letterari - ha proposto piatti evocativi della sua regione e della sua storia, in omaggio a Giacomo Leopardi. L'intento è di far sorridere l'ombroso poeta – e il commensale odierno – con piatti divertenti e sensuali, come la “minestra”  a base di orzo e vongole con il tocco esotico di prezzemolo, lime e cocco

Arriva come ultima relatrice della 3 giorni l’unica donna del mazzo di italiani. È Viviana Varese del ristorante Alice di Milano, salernitana alla conquista di San Sebastian, anche attraverso i suoi mentori: Gennaro Esposito e i fratelli Roca, da cui andò per uno stage illuminante. Spunti dalla sua lezione: «In Italia esistono centinaia di tipi di pasta diversa e ognuna esige un tempo di cottura diverso». E ancora, la ormai celebre pizza fritta e l’indugiare sui colori dei piatti, la sua passione. Trasformazione, istinto e tecnica per un degno finale


Primo piano

Gli appuntamenti da non perdere e tutto ciò che è attuale nel pianeta gola

a cura di

Luciana Squadrilli e Gabriele Zanatta