20-01-2014
Il Riso giallo al salto e calamari farciti di ossobuco alla milanese, un omaggio tributato alla città dai ragazzi di Nassa Osteria, insegna di pesce di recente apertura in via Donatello 22. E' uno dei 15 ristoranti novità del Fuoricongresso, un plotone di 55 insegne complessive che nei giorni di Identità Milano (9-11 febbraio) terranno in carta un menu dedicato a IG
Dieci anni di Identità Milano significano anche 9 primavere di "fuoricongresso", il circuito di ristoranti che per tre giorni estende l’eco di idee di via Gattamelata (e, prima, di Palazzo Mezzanotte) a tutto l’agglomerato urbano. L’illuminazione arrivò una sera del 25 gennaio 2005, nel corso della prima edizione. Una coppia di ristoratori milanesi si avvicinò a Paolo Marchi: «Bel congresso oggi, ma dove possiamo andare a mangiare stasera?», chiesero. «Se lo domandate voi, allora l’anno prossimo dobbiamo fare una lista delle insegne cittadine che stimiamo», pensò il curatore di IG.
Dal 2006 a oggi, la ventina di ristoranti del fuoricongresso è quasi triplicata. Gli indirizzi che quest’anno terranno in parallelo in carta un menu dedicato a Identità sono 55, divisi in 3 categorie: Milano d’autore, La tradizione a Milano e Nuovi volti a Milano. Quest’ultimo sottoinsieme, dedicato alle new entry cittadine più interessanti degli ultimi mesi, è stato tracciato per la prima volta l’anno scorso perché da qualche tempo la città registra una ventata di novità più sferzante di sempre.
Le Eggs benedict di Domenico Della Salandra, un piatto tornato subito cult da Taglio in via Vigevano 10
I lievitati deliziano anche da Dry, per ora la pizza più buona di Milano e non perché quei supercocktail in anticamera offuscano il giudizio. Poi c’è la carica dei piccoli-e-intelligenti, formule snelle che cancellano il superfluo a totale beneficio del buono come Larte in via Manzoni (un interessante intreccio tra arte, gastronomia e design di Altagamma), Turbigo sui Navigli (stessa proprietà di Dry e Pisacco), Taglio (lunch e brunch coi fiocchi ma anche il luogo per esplorare il significato di caffè buono e vermouth), il Persè (una voce meditata nella caciara dell’Arco della Pace) e due ingredient-restaurant come l’O Lei di via Washington, che esprime amore per l’olio extra-vergine o il mozzarella di bufala-based Ladybù. Col che ci avviciniamo all’Al Fresco in via Savona, timbrato come Ladybù dallo zampino aimoenadiesco di Fabio Pisani, Alessandro Negrini e soprattutto di Kokichi Takahashi, un giapponese che, a frugargli nelle tasche, trovate di sicuro spiegazzato pure il passaporto italiano.
Il Polpo grigliato con manioca fritta di Mauricio Zillo, cuoco brasiliano del Rebelot del Pont, ripa di Porta Ticinese 55
E che Milano sia la capitale italiana di cucina internazionale, lo vediamo benissimo dalle microfollie di Mauricio Zillo, un brasiliano che sforna piatti a metà tra tapas e pietanze full-bodied. Ma anche dal furore dell’italo-armeno Misha Sukyas, ormai per tutti «L’uomo che mette l’arrosto in caffetteria» (cit. Corriere della Sera). Fuori (congresso), ma con giudizio.
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a cura di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt