Una settimana appena è trascorsa da Identità New York, edizione numero 4, tra la Scuola al piano terra, riempita di giorno, e la Birreria all’ultimo piano di Eataly, affollata ben dopo il tramonto. Sei lezioni nel primo spazio e due cene nell’altro. E prima ancora, il 26 settembre, la cena voluta da Expo Milano e organizzata da noi di Identità, chef Carlo Cracco, da Manzo, il ristorante della carne che ha visto tanti interessarsi all’Esposizione Universale del 2015 a Milano, invitati dal primo ministro Enrico Letta e dall’amministratore delegato del mega-evento Giuseppe Sala.
Ho cercato di riassumere questa tornata americana in 10 punti, più una galleria fotografica curata da Gabriele Zanatta grazie agli scatti di Matilde Damele. Non necessariamente i miei ricordi coincidono con Identità, abbracciano l’intero periodo trascorso oltreoceano.

Oscar Farinetti, patron di Eataly, con Enrico Letta. Il premier italianoè intervenuto il 26 settembre al ristorante Manzo di Eataly New York, in una cena organizzata da Identità Golose e dalla stessa Eataly pensando all'Expo 2015 di Milano
I mondeghili di Cesare Battisti: quelle che per tutta Italia sono le polpette di carne, a Milano sono i mondeghili come ben sa lo chef del Ratanà, ma come si traduce questa parola in inglese? Semplice: Milanese Meatballs. Un paio di americani mi hanno però poi chiesto perché mancasse lo zafferano.
Jeremy Bearman & Kristy Lambrou: coppia sul lavoro, lui è lo chef del Rouge Tomate e lei la Culinary Nutritionist che calibra i piatti sui valori di un’alimentazione sana e golosa, per nulla di punitivo. Carne e pesce in carta, altro che le tristezze di certa esasperazione vegetariana.
Il dilemma di Massimo Bottura: al modenese piace giocare con le parole e le materie prime, tanto sa di conoscere così bene la materia da permettersi vagonate di ironia. Ecco così la patata che sognava di diventare tartufo ma che nel piatto si risveglierà spaghetto. E gli americani a chiedere quale magia fosse mai intervenuta.
Daniel Boulud e il tartufo: che i francesi siano maestri di comunicazione e marketing è fuor di dubbio. Primi in tutto o quasi perché a volte capita pure a loro di doversi arrendere. come è accaduto a Boulud durante la lezione con Bottura. A un certo punto, è successo che Daniel evocasse per il suo uovo del tartufo, e Massimo lo ha subito punzecchiato: “Nero o preferisci bianco?”. Bianco ovviamente. Come direbbe Josè Mourinho: “Non sono un pirla”.

Lidia Bastianich e il Premio Lavazza consegnatole da Ennio Ranaboldo, ceo del gruppo in America, “per avere valorizzato la cultura gastronomica Made-in-Italy negli Stati Uniti”
Sean Brock e la sorpresa: Sean si divide tra Tennessee e South Carolina, tra Nashville e Charleston. Lui nella prima sede dell’Husk Restaurant, mi sono goduto la sua straordinaria e piena cucina nella sede di Charleston. Il McCrady’s l’insegna gourmet. Per fortuna non c’è solo New York, ma anche posti e cuochi che ti sorprendono con la loro qualità.
La pasta di riso di Carlo Cracco: cosa fa un fuoriclasse? Qualcosa di impensabile, di spiazzante perché solo lui sa vedere qualcosa di felice dove per i più non vi è nulla. Cracco, dopo il risotto giallo per l’Expo e le capesante per la cena del 4 ottobre, per la sua pasta alla chitarra è partito dal riso ridotto a impasto, condito alla fine con il caviale. E tutti a strabuzzare gli occhi davanti alla scatola con i fili in acciaio.
Daniel Humm e quella delusione: anche Daniel Humm si è arreso al rito del menù degustazione nel suo Eleven Madison Park (mentre la carta resiste al NoMad). Almeno a pranzo a me piacerebbe potere ancora ordinare tre piatti e via felice e contento, ma cosa sarà mai successo lì da fargli cambiare rotta? “Semplice: entrati due anni fa nei 50 Best, un mattino una coppia di tedeschi trovò, come da regola, la carta ridotta. Mangiarono e poi mi chiamarono per dirmi che da un locale così quotato si aspettavano ben altro. ‘Non abbiamo mangiato da 50 Best’ dissero. Questo mi colpì e capii che era cambiato il mondo attorno a noi”.
Le orecchiette di Mark Ladner: ci sono cuochini che azzeccano la cottura di un risotto e se la tirano come non mai. Ladner mai: 4 stelle del New York Timesper il Del Posto (evento pressoché unico per la ristorazione italiana nella Grande Mela) e lui si comporta come il Forrest Gump dei fornelli. Meglio lui sia chiaro anche perché a parlare per uno chef sono i suoi piatti. E le Orecchiette al ragù di agnello e carote sono da orbita attorno al pianeta del gusto.

Carlo Cracco e Matthew Lightner, loro una gran lezione sul riso
Matthew Lightner e l’insegna: che gran cena, brillante e intelligente, all’Atera di Lightner. Un unico menu degustazione, prendere o lasciare. Io ho preso e non vedo l’ora di tornare. Un unico limite, comune a questa formula imposta dal Bulli di Ferran Adrià: ci sono piatti che, per essere apprezzati in pieno, non possono essere ridotti a mini-porzioni. Attenti: al 77 di Worth Street non esiste targa alcuna che indichi la presenza di un ristorante. I portoni sono due, il più piccolo (e nero) è quello giusto.
Il bombolone di Davide Scabin: un incidente in auto ha bloccato Davide in Italia. E’ toccato così a Beppe Rambaldi preparare i due piatti pensati dal Combal.zero per New York, una bagna cauda in versione scarpetta per via dei conchiglioni usati al posto del pane e un krapfen ripieno di cacio e pepe. Un piatto di pasta pure il secondo: stracotta, polverizzata e usata al posto della farina. Risultato da capogiri.