13-10-2013

Bearman, quando la salute fa gola

Lo chef del Rouge Tomate a New York elabora le ricette con Kristy, la nustrizionista di fiducia

Four Story Hill Farm Veal Sweetbreads, le Animelle

Four Story Hill Farm Veal Sweetbreads, le Animelle di vitello della fattoria Four Stiry Hills preparate con finferli, crema di fiocchi d'avena, fagioli biologici e riduzione di pepe da Jeremy Bearman, chef a New York del Rouge Tomate, ristorante premiato dalla Michelin con una stella nel quale il capo cuoco condivide il lavoro con una nutrizionista, Kristy Lambrou. Questo per salvaguardare il benessere psico-fisico dei clienti

Ho avuto una nonna che da ragazzo mi deliziava col mascarpone sbattuto con zucchero e polvere di caffè e una madre, sua figlia, che ha sempre sostenuto che se si sostituisce il mascarpone con la ricotta il risultato è altrettanto valido “e nessuno se ne accorge”. Frottole. Nonna non c’è più, mamma sì ma si è arresa proprio quando sta cambiando il modo di percepire il cibo e buono ha anche altri significati e premesse.

La salute nel piatto goloso non è il capriccio di questi giorni, è – e lo sarà sempre di più – il totem degli Anni Dieci, molto più del chilometro zero perché quest’ultimo sta a monte del lavoro della cucina. Fatta la spesa, bisogna poi cucinare e qui subentrano le vere scelte. Preparando l’ultima edizione di Identità New York, ho avuto modo di conoscere il Rouge Tomate e il suo chef Jeremy Bearman, un capo-cuocoche non è solo nel pensare i piatti. Condivide i suoi pensieri con Kristy Lambrou, americana di radici greche, quindi mediterranee. Che non guasta mai.

Kristy sul lavoro si veste da cuoca, ma non è cuoca, almeno non in prima battuta. E’ una nutrizionista che Jeremy ha voluto accanto a sé quando la proprietà del Rouge Tomate, avviato il progetto una dozzina di anni fa a Bruxelles, decise di sbarcare a Manhattan, al 10 East 60 Street. Come ha spiegato lui stesso durante la lezione di domenica scorsa (e prima ancora a cena da lui) “la volontà era quella di coniugare benessere e gastronomia, di fare in modo che il lato salute non andasse a scapito della golosità di una pietanza. Una gran bella sfida per uno chef che non arrivava da questo mondo visto che l’ultimo posto dove cucinavo era una steak house a San Francisco”.

Jeremy Bearman e Kristy Lambrou, lo chef e la nutrizionista alla guida della cucina del Rouge Tomate a New York

Jeremy Bearman e Kristy Lambrou, lo chef e la nutrizionista alla guida della cucina del Rouge Tomate a New York

Era il 2008 e da quattro edizioni il locale si fregia della stella Michelin, che è sempre un valido biglietto da visita: “C’era diffidenza verso di noi. Eravamo quelli che ti mettono a dieta, che ti negano il piacere. Perché pagare per non godersela?”. Io stesso, chiesti lumi in giro, mi sono sentito rispondere “ah, quel posto vegetariano”, detto con compatimento. E vegetariano il Rouge Tomate non lo è affatto: “Io cucino anche pesce e carne, ma se un cuoco pensa alla salute dei suoi clienti tanti pensano che sei uno che ha rinunciato loro”. Confermo: ottime le Animelle ai finferli ad esempio.

Sono troppo moderni, oltre ai settarismi nutrizionali. E il riferimento a mia nonna e a mia madre non l’ho certo fatto a caso. A Eataly Jeremy, tema della lezione con Viviana Varese il formaggio, il Grana Padano ad esempio piuttosto che la ricotta, ha preparato una base di acqua e latte magro per gli Gnudi con tartufo nero, sedano rapa ed erbe fini, come contorno un trionfo di funghi misti. Ottimo assaggio, da scarpetta.

Gli Gnudi di ricotta e Grana Padano presentati da Jeremy Bearman a Identità New York 2013

Gli Gnudi di ricotta e Grana Padano presentati da Jeremy Bearman a Identità New York 2013

Acqua e latte magro, ecco l’apporto della Lambrou: “Si tratta di capire come arrivare allo stesso risultato passando per altre vie. Io ho lavorato per due chef francesi del calibro di Daniel Boulud e Joel Robuchon e questo mi aiuta nella spiegazione del mio lavoro. Se penso alla una crema di castagne il primo metterebbe sul fuoco un soffritto ricco di tutto, alcune i cubetti di prosciutto per legare poi con burro e panna. Robuchon invece, al quale tra i due mi sento più vicino, avrebbe invece fatto andare le castagne per 20 minuti in una padella con null’altro dentro. Poi le avrebbe cotte in un litro di panna, frullate per bene e servite. Io vedo la cosa in tutt’altro modo”. Di sicuro più leggera e con i sapori più netti e chiari, puliti.


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a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

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