La terza edizione di Identità New York cala il sipario dietro a un agnello. Una duplice interpretazione firmata George Mendes e Pino Lavarra, interpreti mediterranei che investono il Flatiron District di tutto un aromatico commiato. Il portoghese mastica l’americano come i nativi ma ha le radici piantate nell’Alentejo a sud di Lisbona, un eden da cui spunta una cinquantina di specie di menta, chiave di volta della crosta del primo ovino. Nome completo del piatto: Costolette d’agnello con menta, noccioline, chanterelle e biete scottate e affumicate, «una versione», spiega il lusitano, «che parte dal classico Agnello con gelatina di menta per distanziarsene anni luce».

L'agnello di George Mendes
Inizia pulendo bene l’ovino dal grasso con un coltello molto affilato, sale e pepe fresco attorno. Lo caramella finché non diventa
medium rare e poi lo fa riposare «almeno per la metà del tempo in cui è stato fatto cuocere». Si chiude la padella con una pellicola d’alluminio («per trattenere il vapore») e si cuoce per 15 minuti in forno («in alternativa, sottovuoto per 57°C a 50 minuti»). A parte si trattano i due tipi di biete –
red e
baby gold, due varietà che differiscono dal colore, comprate proprio a
Eataly - in olio, pepe, sale, timo fresco, aglio schiacciato, brodo di verdure (o in acqua, in caso).
E poi lavora la menta col prezzemolo: tre specie -
spearmint (menta verde),
orange mint e
peppermint - messe a bollire in acqua e sale, poi schock termico nel ghiaccio e in frullatore con un po’ di brodo. Mancano i pinoli, messi in un’altra padella a tostare. E i grani di frumento, cotti 6 ore e affumicati. Finitura: spennellata di menta e prezzemolo sull’agnello tirato fuori dal forno, con crosta che diventa di un bel verde coi grani di pinolo. Il piatto è un letto di grano, slice di biete, costoletta, funghi chanterelle et voilà.

L'agnello di Pino Lavarra
La laboriosa follia si sdoppia con
Pino Lavarra, grande interprete della cucina mediterranea, con fascinazioni asiatiche evidenti nel desiderio di aggiungere aromi inconsueti e nel vezzo di attardarsi anche alle prese con un centimetro quadrato di patata. Il suo è un
Carrè d’agnello in crosta di pane, rose e rosolio. Il carrè va pulito benissimo e il grasso «cuoce per 6 ore a 95°C finché non diventa liquidissimo, e poi frullato. In padella timo e rosmarino, sale e pepe per caramellare l’agnello», che lui gira e rigira come fosse una creatura.
La crosta è romantica, di rosa canina e rosolio («Rosa è anche il nome di mia mamma», dice il cuoco con gli americani che fanno ooh!). Pan grattato da mollica di pane, rosso d’uovo, timo, rosmarino e bucce di limone candite, petali di rose disidratate (non trattate, anche home made). La terrina la passa in polvere di popcorn, «simile a una palla di neve». Ma l’impiatto prevede anche una patata cristallizzata: una sorta di ostia con incastonata una sezione di fiori di zucca, «incredibile versione personalizzata di una potato chips». L’agnello arriva privo di contorni perché la crosta contiene già tutto. La cottura è rossa «perché a noi italiani piace così». vero: in Usa cuociono tutto invece troppo per i nostri gusti. Un grande agnello.

Coi due cuochi, Paolo Marchi e Pavia Rosati, ottima presentatrice delle lezioni in tandem con Alessandra Rotondi
E allora si chiude Identità New York 3 con due bei momenti: la dichiarazione d’amore (professionale, s’intende) reciproca dei due ragazzi: «Ci siamo conosciuti alle 4 di oggi ma siamo andati subito d’accordissimo», dicono dandosi pacche sulle spalle. Uniti da un agnello. Secondo momento, il Premio di
Miglior chef straniero della
Guida Identità 2012 assegnato a
Daniel Humm dell’
Eleven Madison Park. Il cuoco purtroppo è a Chicago ma il premio lo ritira il suo sous chef
Bryce Schuman dalle mani di
Elisabetta Serraiotto di
Grana Padano: «Dietro un grande chef c’è sempre un grande sous-chef».
See you next year.