Dici cous cous e in pratica è come se non avessi detto nulla, se non evocato un capolavoro della cucina araba che ha attraversato il Mediterraneo per radicarsi soprattutto nel Trapanese e più in generale in Sicilia, senza ancora aver compiuto un altro balzo, dall’isola dei mille profumi e colori all’Italia e il continente. Dire di avere voglia di un cous cous è un po’ come affermare di voler pappare un risotto o una pasta, giusto un cicinin meno vago di una scelta tra carne o pesce. Come lo condisco quel riso? Pasta pasta o pasta ripiena? Di acqua e farina o all’uovo? Secca o fresca? Sugo bianco o sugo rosso? E così il cous cous: di carne, pesce o verdure? E mi fermo qui perché il concetto è chiaro, non esiste un cous cous, ne esistono mille come ci ricordano bene Hadjira Mouhoub e Claudine Rabaa, autori per Guido Tommasi del libro “Le avventure del couscous”.

Arancino di cous cous ripieno, succo di pomodoro e fiori d’ulivo di Giuseppe Costa
Noi italiani siamo fortunati, ogni campanile ha il suo piatto-bandiera. A San Vito Lo Capo, una delle tre estremità tra le quali la natura ha teso le coste siciliane, quella più occidentale, sono un tutt’uno con il cous cous tanto da avergli dedicato una quindicina di anni fa una festa, il
Cous Cous Fest, che va in scena a fine estate, quest’anno dal 20 al 25 settembre. Rispetto alla classica sagra, gioia ma anche a volte pure tormento dei fine-settimana tricolori perché il prodotto celebrato sovente si trasforma in pretesto per fare baldoria a poco prezzo, lì a San Vito si è sempre voluto camminare più alti. Idee, musica e degustazioni, folla certo ma anche la gara tra nazioni per eleggere il piatto più riuscito, un successo tale che tutta la kermesse cresce nel tempo tanto da avere reso sempre più conosciuto questo comune di poco più di 4mila residenti, una fetta di paradiso che d’estate cresce a lievitazione naturale. Colpiscono l’ordine, la zona a traffico limitato o vietato a ridosso della spiaggia, la pulizia, la gentilezza e disponibilità verso il turista. Lì si è capito che il turismo meglio è gestito e più alla lunga offre, e più cose vengono offerte più visitatori arriveranno, contenti e sorridenti.
L’apertivo del
Cous Cous Fest si è sviluppato lungo 3 giornate/serate la settimana scorsa, con 6 cuochi in lizza (3 isolani e 3 arrivati dal continente) per un totale di 9 cous cous testati tra semifinali e finali. A giudicare, sia 80 appassionati (diversi da momento a momento) che si sono prenotati attraverso il web sia una giuria tecnica, che nella finale di sabato 4 giugno era composta da 5 elementi perché non è passata inosservata, in questa perla siciliana, la presenza vacanziera di
Elia Rizzo, chef-patron del
Desco a Verona. Così a 3 cuochi sanvitesi e al sottoscritto, si è aggiunto lui. Voto minimo 7, voto massimo 10 e risultati quasi sempre uguali (solo nel primo confronto è passato il cuoco piaciuto più agli appassionati) visto che il voto maggiore lo ha ottenuto sempre l’Arancino di cous cous ripieno, succo di pomodoro e fiori d’ulivo di
Giuseppe Costa, sbarbato titolare del
Bavaglino a Terrasini vicino Palermo, +39.091.8682285 o +39.331.4437535, un 29enne che ha fatto gavetta da
Beck a Roma,
Pino Lavarra sulla
Costiera Amalfitana,
Cracco a Milano e
Chiocchetti a Trento prima di aprire un locale tutto suo. Ha preceduto
Salvatore Bonafede di Marsala e
Giorgio Trovato, casacca rossa, un calabrese trapiantato a Siena.
Bonafede ha proposto un cous cous di mare, per la precisione, lui di Marsala, «la scogliera di Garibaldi tra Marsala e dintorni», mentre
Trovato ha puntato sulla originalità di un Timballo di cous cous agli aromi di Sicilia, pistacchi di Bronte e chips di melanzana viola, un puntare su note dolci che i puristi hanno trovato molto lontane dall’ortodossia.

Cous cous al nero di seppia del ristorante dell'Hotel Ghibli
In chiusura alcuni consigli per momenti di qualità a iniziare dalle prime colazioni all’
Helios Hotel, +39.0923.974418, dolci e coccole sempre diverse grazie alla linfa inesauribile del vulcanico Gaspare. Il
Ghibli invece, telefono +39.0923.974155, si distingue per la qualità della cucina, chef
Giuseppe Abate. A parte 6 tipi diversi di cous cous (varietà che spiega l’insegna:
Profumi di couscous), da non perdere quello al nero di seppia e ricci di mare, guai non assaggiare le Busiate (pasta fresca, sorta di tagliatelle avvitate su loro stesse) con finocchietto selvatico, pomodorini e filetti di spatola (e – attenti – se ve le propongono al pesto, quello trapanese è diverso dal ligure). E ancora, i cous cous della
Casa del cous cous sanvitese, il locale di
Enzo Battaglia, +39.0923.621488, e la fantasia di
Giovanni Torrente, chef all’
Hotel Trinacria, +39.0923.621467, uno che sa colorare i suoi piatti. Così come la spettacolarità del
Fico d’India alle spalle del centro abitato, +39.0923.972446, e il
Sirah, un ristorantino in pratica sulla sabbia, +39.0923.972028. San Vito infine è anche tonno, quello straordinario lavorato a mano dall’
Ittica Capo San Vito, +39.0923.972672, gelati naturali grazie a
Minaudo, +39.0923.972549, in una via Amico che va cercata vicino al Santuario dedicato a San Vito, e cannoli alla ricotta, siringati al momento, dalla famiglia
Cusenza, +39.392.3580791, sull’arteria principale, la via Savoia che è bello considerare la Rambla di San Vito.