26-03-2019
Paolo Marchi, Massimo Bottura, Davide Oldani, Andrea Berton, Carlo Cracco e Cinzia Benzi sul palco di Identità Milano 2019 per celebrare Alain Ducasse. Tutte le foto sono di Brambilla-Serrani
Solo Massimo Bottura, che oltre a essere quel gran chef che è, fa della virtuosa e adrenalinica narrazione un po' iconoclasta la propria arma di fascinazione di massa, osa punzecchiare amorevolmente l'ospite e amico: «Lui pensa di aver inventato il panettone! E anche l'aceto balsamico! Ah, no, scusate, l'aceto dice solo di averlo migliorato!», risate e applausi in platea. Negli altri sul palco prevalgono invece altri atteggiamenti: compunto e cortese Carlo Cracco; riguardoso Davide Oldani, che porge un dono al transalpino (una Cavallina Steph, seduta di design, tutta in cuoio, firmata dalla prestigiosa Bottega Conticelli di Stefano Conticelli a Castel Giorgio, in Umbria); persino un po' emozionato c'è parso Andrea Berton, come se si fosse un po' sciolta la tenace scorza friulana che è in lui.
Quattro grandi a celebrare un grande, o grandissimo che dir si voglia, «per la prima volta nella storia di Identità Milano rendiamo omaggio a uno chef straniero», precisa Paolo Marchi dal palco, chiamandovi Dudu, così Henri Gault aveva soprannominato il maestro e signore della cucina d'Oltralpe e non solo, monsieur Alain Ducasse. Che fa il Ducasse, fedele al suo ruolo: si presta al gioco con condiscendenza e gentilezza, tenendo la distanza ma solo il giusto, il che ribadisce agli occhi di tutti quello che già si sapeva e viene bisbigliato d'orecchio in orecchio: «Che classe! Che gran signore!».
Alain sorride. E parla: «Vi è una relazione profonda tra la cucine italiana e francese. Io stesso, nell'ideare i piatti del mio ristorante Le Louis XV di Montecarlo, mi sono ispirato moltissimo alla vostra tavola. Sono partito dalle vostri base e le ho migliorate - lancia una frecciatina sorridente - E il motivo per il quale siamo ora qui con Berton, Bottura, Cracco e Oldani è che ognuno di loro è passato al Louis XV, vi ha appreso il rigore, la disciplina, le tecniche necessaria per fare alta cucina». Bottura aggiunge un particolare gustoso: «Vero. Era il 1994, avevo venduto la Trattoria del Campazzo per frequentare uno stage al Louis XV (l'anno dopo avrebbe aperto la Francescana, ndr). Al termine, m'ero fatto un quadernone fitto fitto di appunti su tutti gli insegnamenti appresi. Ducasse me lo strappò davanti agli occhi. Non ci siamo parlati per due anni, ma poi ho capito». Il senso era, ed è: qui hai imparato tante cose. Ora devi però sviluppare un tuo stile autonomo, non copiare da me. «Oggi devo dire - continua il modenese - che la mia cucina ha più riferimenti nell'ossessione per la qualità di Ducasse che, per esempio, nella lezione - potremmo dire tecnoemozionale - di Ferran Adrià. Lo vedi, lo mangi: questa è la cosa fondamentale che Alain mi ha trasmesso».
Si fa, arriva il momento del pranzo. «Esco a presentare il piatto ai commensali, glielo racconto così: "Ecco Il sogno di un cuoco francese di fare la pasta come un italiano". Gelo in sala, non vola una mosca. Ducasse allora, nello sconcerto generale, assaggia il raviolo, si alza e inizia ad applaudire, seguito da tutti». Lo stesso accade nell'auditorium di Identità Milano 2019, per il gran finale di un momento indimenticabile.
a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera