Le Café de l’Usine
L'Usine Spring Court, 5 passage Piver, +33769085669
All’11°arrondissement, l'ex celebre fabbrica Spring Court si è trasformata in una fucina di imprese creative. Dopo aver moltiplicato le sue esperienze tra le tavole più rinomate (La Marine a Noirmoutier, Noma a Copenhagen, Le Perchoir a Parigi…), la chef Alice Arnoux (30 anni) sta gettando le basi in quella che un tempo era una mensa per operai. Il décor riflette la storia del luogo con un mezzanino in legno e metallo, grandi stufe in ceramica che scaldano gli ambienti in inverno e tavoli dal design vernacolare di un’altra epoca. Come un bistrot, con una terrazza coperta (non male nei giorni di pioggia!). La carta del pranzo è volutamente breve: 2 antipasti, 2 piatti principali, 2 dessert, tutti perfettamente eseguiti con un’impronta bistronomica franco-nordica: fagioli bianchi, pistacchio, vongole, lombo di maiale, melanzana, scalogno, gnocchi, bietole e jus vegetale. C’è sempre un piatto vegetariano in carta, come la Torta al vapore, mandorla e sorbetto di mirabelle. A cena, il menu include un po’ il tutto in un degustazione da 5 o 6 portate con abbinamenti di vini, per lo più naturali. Il menu cambia di settimana in settimana, ma i signature restano.

Le Pergolèse
3 rue Pergolese, +33153640404
Dopo aver dato nuova vita agli storici ristoranti Lucas Carton e Club Saint James, lo chef
Julien Dumas ha da poco raccolto una nuova sfida: diventare lui stesso “patron”, spinto da una forte volontà di affermare le proprie idee prima di ogni altra cosa. La carta del Pergolèse, storica insegna anch’essa, ma un po’ assopita, ha preso vita tutto d’un tratto attraverso sapori al 100% marini. Sull’onda della sua precedente insegna, lo chef svela i suoi piatti attraverso enunciati come fossero
haïku: «Nei campi di Heblay, fiori e alghe si mescolano» (pomodoro verde, granchio e lattuga di mare), «Un ruscello nel Cézallier attraversa il verde» (trota e verbena). O ancora, «Nei fondali marini si intravedono scie nere» per descrivere un finto calamaro che rilascia il suo inchiostro, senza dubbio un signature di cui Dumas non si libererà così facilmente tanto incredibile è la sua composizione, in termini estetici e gustativi. Con polo e grembiule, come fosse necessario sentirsi a casa per liberarsi del peso della giacca da chef, Julien Dumas si è in qualche modo trasformato in un oste dei quartieri borghesi senza mai smettere di osare per dare libero sfogo alla sua creatività.
Prévelle
34 rue Saint-Dominique, +33140671212
È a due passi dall’hotel National des Invalides che lo chef
Romain Meder si è innamorato perdutamente del suo primo ristorante in proprio che segna anche il suo ritorno a Parigi (dopo l’esilio campagnolo al castello di Primard, a un’ora dalla capitale). La location era già stata adocchiata da tempo ed è proprio la sua configurazione, distribuita su 2 piani, che ha sedotto il vecchio complice di Alain Ducasse in questa ricerca della “naturalità”. Qui, il termine però non viene contemplato: lo chef preferisce infatti parlare di una cucina guidata dal vegetale. Per scoprirla, si entra direttamente in cucina, dove c’è un tavolo che accoglie fino a 4 ospiti, prima di giungere nella sala da pranzo al piano superiore, dove il legno chiaro fa da padrone all’arredamento pensato “con” Atelier Siel. Il menu da 3, 5 o 7 portate, evolve progressivamente al ritmo delle stagioni. Sapori decisi, ma anche inaspettati come quello assaggiato, un civet di barbabietola dai sapori sorprendentemente selvatici, o ancora, l’incontro tra iodio e sottobosco generato dall’incontro tra ostrica e spugnola, ma che una grande maestria rende tanto imprevedibili quanto armonici al palato.