11-08-2024

Rosso d'estate? In frigorifero (ma con attenzione)

Guai a servire un vino rosso a temperatura ambiente con questi caldi intensi: rischieremmo di bere una tisana! I nostri esperti hanno scovato oltre una dozzina di etichette da tenere sempre in fresco, per stupire i vostri ospiti fuggendo alle convenzioni

Ripetete con me: i vini rossi non vanno serviti a temperatura ambiente. No. Perché d’estate facciamo spesso lo stesso errore: pensare che il vino rosso non vada bene perché “fa troppo caldo”. E quindi sembra meglio bere un bel bicchiere di vino bianco ghiacciato. Ma è un altro errore, passando da un estremo all’altro.

Non vogliamo certo fare una lezione da sommelier, ma l’intenzione è quella di demolire alcuni pregiudizi, soprattutto d’estate. Il vino rosso, per esempio, va messo in frigorifero. Ritorninamo al primo concetto: niente temperatura ambiente, soprattutto con un clima dove si registrano giornate ben superiori ai 30 gradi centigradi. Un vino a 30 gradi è più simile a una tisana calda o a un punch. E non si riesce ad apprezzare. Bisogna quindi farlo scendere di temperatura, a 15 gradi, o anche meno (perché poi, quando lo si versa, con queste temperature si scalda velocemente) per poterlo apprezzare. Se non si ha una cantinetta refrigerata, usiamo il frigo.

Così possiamo demolire il nostro pregiudizio e pensare che si possa apprezzare un buon bicchiere di vino rosso anche d’estate. Come quelli che noi di Identità di Vino abbiamo pensato di suggerirvi in questa newsletter. Buona lettura e buona estate, in rosso.

Raffaele Foglia

I CONSIGLI DEI NOSTRI ESPERTI PER UN'ESTATE IN ROSSO

La novità di Grosjean è il Donnas
Chi conosce il Picotendro? In realtà, come vitigno, è decisamente più celebre con il nome di Nebbiolo. In Valle d’Aosta, infatti, il nome Picotendro è quello del Nebbiolo coltivato da queste parti, che viene utilizzato in particolare per la Doc Valle d’Aosta Donnas. Proprio un Donnas, in edizione limitata, è la novità di Grosjean, la cantina di Quart appena a nord di Aosta. Una scelta importante: il vigneto si trova nella frazione di Le Roncdevaccaz, su terrazzamenti secolari trattenuti da muri con altezze anche di 4 metri. Si tratta di un vigneto estremo, che però permette di ottenere risultati di grande qualità. Spiega Hervé Grosjean, enologo dell’azienda: «Abbiamo fatto investimenti in zona acquistando nuovi appezzamenti e a oggi la produzione è ancora limitata ma contiamo di poterla aumentare nel prossimo futuro. Nonostante le condizioni molto difficili in cui si va a lavorare, resta al centro di tutto la vite e la cura che vi poniamo: il Valle d’Aosta Donnas rappresenta in modo forte e identitario la nostra regione e il nostro territorio». Il vino, Nebbiolo/Picotendro in purezza, ha un affinamento di 15 mesi in legno e 15 mesi in bottiglia, prima di uscire in commercio. La prima annata è quindi la 2021: un frutto netto, preciso, si sposa a una nota leggermente floreale, di viola, e poi si amplia su erbe di montagna. Un vino abbastanza ricco ma anche ben equilibrato, dal tannino presente ma non aggressivo. Raffaele Foglia

 

Rivetti, Barbaresco con dedica “A Silvana”
Un’azienda familiare quella di Massimo Rivetti nel cuore delle Langhe con l’amore incondizionato per la terra con 25 ettari vitati e condotti in regime biologico, un uomo che sa essere prima agricoltore e poi viticoltore. Una cantina nel Comune di Neive e un nuovo vino, prodotto solo nelle migliori annate, omaggio assoluto alla signora Silvana, moglie e mamma, “pilastro della famiglia”. Una donna solare che riesce a concertare una vita domestica alla campagna, cantina, ufficio. Un grazie convertito in nettare di Bacco da parte del marito Massimo con i figli DavideAndrea e SimoneSilvana è l’anima della cantina e questa etichetta esprime un grande Barbaresco. Selezione di uve Nebbiolo provenienti dalla Vigna Volpe, un ettaro disteso a 380 metri sul livello del mare. Un invecchiamento decennale, per metà in botticelle da 1250 litri e il resto in bottiglia. Frutta matura, note speziate e lievi cenni di incenso. Solo 1.660 bottiglie per un rosso importante perfetto per una serata estiva e non solo. Cinzia Benzi

 

Il Risveglio del Ceppo, progetto sul Barbera

La cooperazione piemontese in questa parte del Monferrato ha dato vita alla nuova sede della Cantina Sei Castelli, principale produttore di Barbera d’Asti con oltre 250 soci e 800 ettari vitati in produzione. La novità assoluta è questa nuova etichetta di Barbera d’Asti “Risveglio del Ceppo” frutto di un progetto singolare iniziato nel 2009. Un’idea dell’enologo Enzo Gerbi e dalle squadre tecniche e presidenziali, past e attuali, tutti convinti di quanto si potrà ritrovare nei calici. Osservando degli antichi ceppi, di epoca prefillossera, e con il supporto dell’Università di Torino e del professor Vincenzo Gerbi, ne sono stati selezionati 35 sui quali, dopo dieci anni di coltivazione sperimentale si sono ridotti a dieci. Ecco nascere la vigna che ha dato il nome a questo vino. Un rosso intenso da degustare ad una temperatura più “estiva” e sorseggiare anche nei momenti di relax delle vacanze. Per maggiori dettagli vi consigliamo la visita del Museo del VinoCB


Ruché di Garrone sulla strada della tradizione
Il Ruché è un canto piacevole anche d’estate, sia che si esibisca da solista sia che affronti la performance con gli abbinamenti a tavola. L’azienda agricola Garrone Evasio & figlio ha creduto subito in questo vitigno autoctono che ha saputo tracciare una propria, orgogliosa strada in Piemonte e l’ha fatto impiantando il primo vigneto a Grana. Si è affiancato quindi un vigneto a Castagnole Monferrato e questo permette un incontro particolarmente proficuo: da una parte c’è esposizione a Sud, dall’altra a Sud Est. È insomma la storia di un’azienda di famiglia, oggi guidata da Marco con la moglie Cinzia e da Dante, che ha voluto scrivere la propria pagina sul libro di questo vitigno. Il Ruchè di Castagnole Monferrato Docg dei Garrone viene affinato in acciaio e già i suoi profumi tessono un fitto dialogo con l’estate: le note di rosa e viola, ma anche geranio, e poi ciliegia e mora. I profumi e non solo: questo vino ha una sua impagabile freschezza e un’impronta vegetale, in cui si fanno strada le spezie. Anche l’etichetta di questa cantina, con quei calici colorati che si sollevano, rappresenta un invito a fermarsi e godere le belle sere in compagnia, quelle che l’estate serve più spensierata, con il Ruché. Marilena Lualdi

 

Maggiorina di Le Piane, buono e divertente
I vini composti da tante varietà di uva sono divertenti, fuori dagli schemi, difficile che riescano a dare sempre lo stesso risultato, ma proprio per questo diventano affascinanti. Sono fatti secondo quella che è una usanza classica del passato, dove al posto delle monocolture si trovava in vigna un po’ di tutto, senza nemmeno sapere come potevano essere arrivate così tante varietà diverse. Il Maggiorina 2022 di Le Piane è un rosso che vede il Nebbiolo protagonista, con l’aggiunta di CroatinaVespolinaMalvasiaErbaluceMalvasia di Boca ed altre presenze minoritarie. Il nome è legato al sistema di impianto della vite esistente in loco da secoli come tradizione: sono tre piante che si sviluppano ai quattro punti cardinali e formano un quadrato come fosse una coppa, denominato quadretto maggiorino, da una delle città presenti nel territorio della Boca. Particolarmente adatto da consumare nel periodo estivo, grazie alla sua freschezza godibile in bocca, preannunciata da sentori che spaziano da frutti freschi e precisi, come mirtilli e ribes, a note floreali, cenni di sottobosco ma anche note speziate di pepe. Bello il sorso, godibile, avvincente anche prolungato per un finale che soddisfa in persistenza. Da servire fresco ma non gelato ovviamente. Leonardo Romanelli

 

Salurnis, due amici e un Lagrein di classe
Nel cuore dell’Alto Adige, incastonato tra le maestose Dolomiti e le pittoresche valli alpine, si trova il Comune di Salorno, dove, dall’idea di due giovani amici Nicolò e Andrea, nasce la cantina Salurnis. Il clima unico insieme all’escursione termica tra giorno e notte, creano le condizioni perfette per la coltivazione del Lagrein; vitigno autoctono che regala vini di grande struttura e complessità. Il Lagrein di Salurnis si distingue per il suo colore rosso rubino intenso, quasi impenetrabile. Al naso, offre un bouquet complesso di frutti di bosco, ciliegia nera, prugna, accompagnati da note speziate di pepe nero, cioccolato fondente e una leggera sfumatura di vaniglia. Al palato, è un vino corposo e avvolgente, con tannini morbidi e una piacevole acidità che ne garantisce una lunga persistenza. Il Lagrein di Salurnis è un vero e proprio gioiello dell'enologia altoatesina, capace di raccontare attraverso i suoi aromi e sapori la storia e la tradizione di un territorio unico. Per chi desidera scoprire l'essenza dell'Alto Adige in un calice, questo vino rappresenta una scelta capace di regalare emozioni indimenticabili e di arricchire ogni esperienza enogastronomica; perfetto, ad esempio, per una classica grigliata estiva. Stefania Oggioni


Vernatsch 448 slm, Girlan punta in alto
Fondata nel 1923 in uno storico maso del XVI secolo da 23 viticoltori pionieri che costruiscono le fondamenta, Girlan è oggi considerata una delle cantine più importanti dell’Alto Adige, con 200 soci viticultori, dislocati in un’area di coltivazione dei vigneti di 220 ettari, nelle migliori zone produttive dell’Oltradige e della Bassa Atesina. Al timone troviamo Oscar Lorandi, direttore della cantina, affiancato da quello amministrativo Helmut Strumpflohner e dall’enologo Gerhard Kofler. Le vigne si dividono in cinque zone: Girlan, Appiano Monte, Monticolo, Montagna e Mazzon. La Schiava “448 s.l.m.” richiama nel nome il posizionamento geografico del maso storico della cantina, situato a 448 metri di altitudine. Le uve Vernatsch provengono da diversi vigneti della zona di produzione, piantati su terreni ricchi di minerali, formatosi da sedimenti dell’epoca glaciale. Si apre al naso con sentori di violetta, rosa canina e fragola, con soffusi sbuffi balsamici di sottofondo e un sorso agile e dinamico, di grande freschezza. I suoi 12,5° lo rendono perfetto - servito fresco - per la tavola estiva. Adele Granieri

 

Cà du Ferrà, espressione viva della Liguria
Siamo a Bonassola, gradevole paese della Riviera Ligure di Levante, poco distante da Levanto e dalle Cinque Terre, qui negli anni 2000 nasce Cà du Ferrà, azienda vinicola e agriturismo, il cui nome riprende l’espressione dialettale di “casa del fabbro”, perché in queste terre, oggi solcate dai filari di vite, un tempo si ferravano i cavalli. Oggi è Davide Zoppi – figlio di Antonio Zoppi e Aida Forgione – a continuare il lavoro iniziato dai genitori, coadiuvati da Giuseppe Luciano Aieta. Distribuita in un territorio terrazzato di 5 ettari, Cà du Ferrà si estende dal livello del mare fino ai 400 metri di altitudine, un vero e proprio incontro tra mare e collina che riporta nei vini quel concetto di mediterraneità, di narrazione e di memoria. In particolare, il loro Colline di Levanto Rosso DOP Ngilù, dedicato al nonno Angelo, viene prodotto da un uvaggio di sei varietà (SangioveseCiliegioloGrenacheVermentino NeroMerlot e Syrah), nato dall’idea del veleggiare sul mare, figlio dei vitigni tradizionali dell’alto Mediterraneo. Un rosso teso e polposo che con leggiadria e al contempo profondità si rende ideale per le sere estive. Un vino decisamente marino, con note sapide perfetto se servito fresco e in abbinamento al pescato. Fosca Tortorelli

 

Baffonero, Merlot toscano che sa di Francia
Rocca di Frassinello, nel cuore della Maremma, è una di quelle aziende nate fin da subito per puntare in alto. Ne era convinto per primo Paolo Panerai, che grazie alle sue prestigiose amicizie, ha creato questa azienda, con la collaborazione di Les Domaines Baron de Rothschild-Lafite, una vera icona della viticoltura francese, e poi realizzando la cantina seguendo il progetto di Renzo Piano, che non ha bisogno di molte presentazioni. Quindi la volontà era quella di realizzare un vino da posizionare in una fascia alta di mercato, un prodotto che unisse le caratteristiche della Maremma Toscana e lo stile elegante della Francia. La collaborazione tra Christian Le Sommer, l’enologo di Les Domaines Baron de Rothschild-Lafite, e Alessandro Cellai, discepolo di Giacomo Tachis, ha portato alla realizzazione di un Merlot in purezza, il Baffonero, che è la punta di diamante della produzione di Rocca di Frassinello. Il Baffonero 2020 dimostra la grande profondità di questo vino: naso ricco ma non invadente, dove emergono le note di un Merlot elegante e non prepotente. Al sorso è già abbastanza equilibrato, ma con quelle leggere spigolature da vino che, in prospettiva, può esprimersi ancora con più ampiezza. Un vino rosso per l’estate? No, un vino per tutte le stagioni. Perché un vino di questo spessore ha bisogno solo dell’occasione giusta per essere gustato. RF


Amaranto: il Sangiovese, la Maremma e il mare
Podere San Cristoforo è a Gavorrano, una tenuta certificata biologica di Lorenzo Zonin che ha eletto questo angolo di Maremma come luogo perfetto per creare vini identitari, eleganti, e marini. Vini che rispecchiano perfettamente l’unicità del territorio a pochi chilometri dal mare con alle spalle le colline minerarie. Proprio come l’Amaranto. Questo Sangiovese in purezza è un’esplosione al naso e al palato di frutti rossi, dal lampone alla ciliegia selvatica con lievi speziature dolci sul finale. Interessanti cenni di erbe officinali stemperate con note d’incenso. Freschezza e piacevolezza assoluta. Una vinificazione in acciaio con un passaggio in tonneaux di rovere francese, di quarto passaggio, da 300 litri, per dieci mesi. Sorso dalla trama tannica setosa e perfetto per una serata estiva con gli amici e, amabilmente adatto ad una cucina di pesce e di carne. Una temperatura più fredda per l’accostamento ittico mentre qualche grado in più nel calice è perfetto per una pietanza più strutturata. Per una visita o un acquisto allo shop verificate quiCB

 

Pietroso, la versatilità del Rosso di Montalcino
Rosso d’estate? Perché no ma alla giusta temperatura. Ecco perché il Rosso di Montalcino di Pietroso è ideale da bere in tutti i periodi dell’anno. La cantina a conduzione familiare è gestita dalla famiglia Pignattai e in particolare da Gianni, la moglie Cecilia ed il figlio Andrea che valorizzano al massimo la pulizia e l’integrità del vino che dovrà andare in bottiglia. Il Rosso di Montalcino viene prodotto con le stesse uve di Sangiovese (l’azienda non alleva altri vigneti) con cui si potrebbe fare il famoso Brunello, seguendo le stesse procedure di vinificazione ma rivelando tempi di affinamento diversi. Un vino dalla beva più facile ma che al tempo stesso mostra doti di struttura ben bilanciate insieme a vivacità e freschezza. Un vino che può invecchiare per qualche anno ma che al tempo stesso nella versione d’annata è godibile, versatile e dotato di grande croccantezza al palato. Ottimo da bere a cena ma anche in riva al mare durante le belle sere d’estate. Salvo Ognibene

 

Antonio Camillo e il Mediterraneo solidale
Antonio Camillo coltiva circa 9 ettari di vigneti nel cuore della Maremma toscana - distribuiti fra i comuni di Manciano, Capalbio e Pitigliano - rispettando i suoli, utilizzando soltanto rame e zolfo in vigna e accompagnando i vini nel loro percorso naturale in cantina. Dopo esperienze di lavoro in importanti aziende in regione, Camillo decide nel 2015 di dare un racconto del territorio del tutto personale e lo fa attraverso i suoi vini, schietti, originalissimi, che negli anni si sono guadagnati un posto nel cuore degli appassionati di vino, primo fra tutti il Ciliegiolo. Del 2023 è invece la prima annata di Mediterraneo, un’etichetta che unisce le varietà CiliegioloGrenache e Carignano, vinificate separatamente e da parcelle diverse. Il vino fa fermentazione spontanea in acciaio spontaneamente con macerazione sulle bucce per 10 giorni e affina poi in cemento. Il nome è omaggio al mare, così vicino, e a tutto ciò che di marino si ritrova nel bicchiere: le erbe della macchia mediterranea, una nota di salsedine, oltre alla caratteristica ciliegia matura e una leggera speziatura. Mediterraneo è anche un bel progetto, che va oltre la bottiglia: Antonio Camillo ha deciso di donare a Life Support di Emergency, la nave della Onlus che si adopera per salvare vite nel Mediterraneo, 30 centesimi per ogni bottiglia venduta. Un motivo in più per assaggiare questo vino. Amelia De Francesco

Piedirosso Artus, l’interpretazione di Mustilli
Il rosso d’estate non va tanto di moda. Il riferimento non è al colore del bikini o degli abiti da sera. Ma piuttosto ai vini. Nella stagione calda sono bianchi e rosè, ma anche le bollicine, a svettare nella lista delle preferenze dei consumatori. Una tendenza in lento ma inesorabile cambiamento anche grazie a vini come il Sannio Sant'Agata dei Goti Piedirosso Artus di Mustilli. Siamo in Campania, nel beneventano, terra di Falanghina e di Greco – questi vini prettamente estivi– dove il Piedirosso, vitigno autoctono descritto da Plinio con il nome di Palombina, viene vinificato nella zona del Vesuvio e nell’entroterra del Sannio campano. I suoi tannini fini, la freschezza e i profumi floreali lo rendono un ottimo abbinamento con i piatti della cucina estiva. Mustilli lo coltiva nel vigneto Pozzillo, nel comune di Sant’Agata dei Goti, e dopo una raccolta a mano lo fermenta in vasi di ceramica per circa 3 settimane dove poi matura per altri 12 mesi. Il colore è rubino brillante non particolarmente intenso, caratteristica apprezzata per i vini agostani. Gli aromi rivelano note di prugna, frutti rossi e di erbe profumate quali salvia e timo. Morbidezza ed equilibrio sono le caratteristiche di questo vino, perfetto in abbinamento con una fresca insalata caprese, rigorosamente preparata con mozzarella di bufala campana. Maurizio Trezzi

 

Il sole della Sicilia nel Sergio Eloro Doc
«Vino al vino. Sole al sole. Arte all’arte» è questo il claim dell’azienda vinicola Barone Sergio, fondata nel 2000 dall’avvocato Giovanni Sergio e oggi guidata dalle figlie Luigia e Angela. Il luogo è Pachino, piccolo centro nel cuore del Val di Noto, vertice sud-est della Sicilia, a pochi minuti dalle meravigliose spiagge di Eloro, Marzamemi e Porto Palo di Capo Passero, dove il sole è il sole e l’estati hanno colori e calori unici, diversi dal resto del mondo. Rosso d’estate, fresco e godibile, perfetto servito a 15°C, è Sergio Eloro Doc, 100% Nero d’Avola, firmato dall’enologo Emiliano Falsini, risultato in bottiglia di una raccolta manuale dei grappoli a fine settembre, di una diraspatura soffice e di una successiva fermentazione in acciaio con lieviti naturali, a contatto con le bucce per circa 20 giorni. Il vino affina in acciaio per ulteriori 15 mesi. Rubino serrato, al naso svela note intense di mora, lampone, amarena, prugna poi viola e chiodo di garofano, infine nuance di liquirizia e sensazioni marine. In bocca è avvolgente e goloso, i tannini sono rotondi e ben integrati, le buone acidità e sapidità in equilibrio con le morbidezze. L’etichetta è disegnata dall’artista Salvatore Ligama, autore anche di uno dei murales che colorano il perimetro esterno della cantina. Così, sotto il sole di Trinacria, si fondono arte e vino e così si brinda all’estate con un rosso di personalità. Vino al vino, estate all’estate. Davide Visiello


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

Identità Golose

a cura di

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