Quelli bravi sanno ben raccontare e ben raccontarsi anche quando escono dalla propria comfort zone, che a volte è persino un'area geografica vera e propria: come Enrico Marmo, uno bravo appunto, e giovane, classe 1987 da Canelli, in provincia di Asti; piemontese dunque, e che aveva già brillato - chi segue le cose della cucina lo sa - sul litorale di Ponente, stessa macroregione ligure-subalpina. Dal marzo scorso la sua bussola professionale l'ha portato a 300 chilometri di distanza, essenzialmente direzione Est: a Castelnuovo Berardenga, nel Chianti senese, e in particolare alle cucine del Castel Monastero, elegante cinque stelle con Spa ricavato in un piccolo borgo medievale risalente all’XI secolo.
Contrada, si chiama il ristorante gastronomico dell'hotel; qui
Marmo mostra quanto sopra, ossia di possedere appieno un vocabolario più che sufficiente per narrare al meglio non solo la propria cucina, ma anche per coniugare quest'ultima con il luogo in cui si dipana, perché la narrazione proceda spedita su due tracce parallele, quella legata alla personalità dello chef e l'altra, più spiccatamente territoriale.
Mica scontato, per chi ha affrontato la Toscana per la prima volta nel proprio percorso lavorativo, prima sempre sviluppatosi sull'asse padano o dintorni: dalla sua Asti, alla Oderzo (Treviso) del Gellius, alla Milano di Carlo Cracco (2011), poi il Roero di Davide Palluda, del quale è stato sous per i successivi cinque anni, prima del citato approdo in riva al mar Ligure, al Balzi Rossi di Ventimiglia, esordio da prima toque.
«Ho studiato il Chianti e sono molto contento», ci dice lui un po' riflessivo, sulle prime sembra ragazzo di poche parole, concreto ma con quell'aria tipica di coloro che appaiono freddi all'approccio, a nascondere dentro un fuoco. Lo stesso che riscalda le sue preparazioni dando loro anima, perché quella di
Marmo è una cucina complessa, studiata, ancora un poco introversa - si farà - eppure che già mostra talento, passione, ricerca,
voglia di dimostrare - va distinta da quella
voglia di stupire che spesso conduce a disastri gastronomici, o quando va bene a inconsapevoli banalità alla ricerca del wow.
Qui invece c'è stile, mano, tecnica, precisione, idee. Il nuovo filtro della toscanità fa da guida, quasi accompagna rassicurante all'assaggio, ma non è mai didascalico né scontato, diventa solo uno spunto creativo inedito (per
Marmo) così da viaggiare col pensiero e, dunque, col sapore; è insomma l'occasione per un percorso di ricerca, un sostrato costituito di coprotagonisti del gusto - agricoltori, macellai, vignaioli, cacciatori... - che forniscono allo chef spunti per
imparare, lui che in questi mesi ha anche frequentato tanto e tante trattorie della zona. Ma sono tutti elementi di conoscenza che non ne plasmano la mano, quella c'è già ed è esclusivamente sua; come colori e pennelli diversi, che aiutano l'artista, non ne determinano l'essenza.
L'originalità di fondo non preclude poi alcune chiavi di lettura che tornano: c'è spesso l'uso dell'acidità, volentieri giocata a contrasto della dolcezza. Poi l'amaro. Il tutto, a dimostrare quanto lo chef sappia giocare con gli aromi come coi mattoncini della Lego un bambino in possesso di fondate aspirazioni ingegneristiche. Prova ne siano preparazioni contemporanee e superbamente eseguite come lo straordinario
Arrosto di scarola al midollo grattugiato, riduzione di latte al rosmarino, polvere di prugne fermentate («Prendo i vegetali e li lavoro come fossero carne, sulla base delle tecniche che sono tradizionali da queste parti», insomma la Toscana in foggia nuova, quello che è - come dev'essere - il fecondo portato di uno sguardo diverso che indaga su radici culinarie regionali); o ancora, il
Risotto Chianti wild, con intingolo di selvaggina, estratto di ginepro, polvere di fiori di mirtilli selvatici e karkadè, quasi una Siena trasportata nel profondo Nord; e i
Pici artigianali, estratto di cavolo nero, burro affumicato, foglie di vite, che dimostrano ancora una volta come il territorio, quando si è intelligenti, è base di partenza, perché si rivela in realtà gran bel trampolino utile però per spiccare il volo.

Enrico Marmo e il suo sous Jacopo Rosti
Marmo al
Contrada s'avvale di una brigata di sei persone, c'è il sous
Jacopo Rosti, che lo ha seguito dal
Balzi Rossi; il pastry è
Leonardo Montagner, già con
Iginio Massari, «bello vedere un professionista formatosi per i dolci da pasticceria alle prese con quelli da ristorazione». Al tavolo noi abbiamo avuto a che fare con
Luca Tagliafierro, classe 1993 da Poggiomarino (Napoli), bell'esempio di una sala garbata, attenta, ma anche informale.
E adesso vi raccontiamo la nostra cena con le foto di Tanio Liotta.

Foglia di vite sotto sale e sotto aceto in tempura con lievito madre acido di segale, lime

Millefoglie di chianina cruda, cavolo viola sottaceto, foglie di tagete

Sfoglia croccante di cecina, crema di ceci, scalogno e pepe nero

Tartelletta con crema di carote in carpione

Crackers di semi, concentrato di pomodoro e basilico

L'ottimo pane maison (di farina di farro e semi di girasole) con burro della Normandia aromatizzato con ribes essiccato e fermentato

Giardino toscano di vegetali cotti e crudi, acciugata senese leggera, erbe e fiori di campo. L'acciugata riprende il concetto della bagna càuda piemontese cara allo chef, ma invece delle acciughe cotte con aglio e olio prevede un garum (fatto a marzo con l'acciuga intera) che va a condire l'insieme. Spiccano così le note agrodolci (ribes, more...)

Insalata di Maestro Martino: cipolla bianca di Certaldo, salsa al tuorlo d'uovo, prezzemolo liquido e aceto speziato alle erbe e pepe rosa. Maestro Martino da Como è stato un grande cuoco e gastronomo italiano, vissuto nel XV secolo

Davvero straordinario questo Arrosto di scarola al midollo grattugiato, riduzione di latte al rosmarino, polvere di prugne fermentate. «Prendo i vegetali e li lavoro come fossero carne, sulla base delle tecniche che sono tradizionali da queste parti», dice lo chef. Qui il riferimento è all'arista di maiale al rosmarino, cotta nel latte

Anguilla laccata con estratto al finocchietto, crema di cipolla bianca di Certaldo, pimpinella e grissini al succo di limone. Altro piatto delizioso

Pici artigianali, estratto di cavolo nero, burro affumicato, foglie di vite. Ancora una grande preparazione. Le foglie di vite vengono messe sottaceto quando sono ancora verdi, al gusto ricordano l'alga nori. L'estratto è realizzato con le parti di scarto del cavolo. L'insieme vanta note complesse: salmastro, vegetale, amaro...

Di nuovo meraviglioso è questo Risotto Chianti wild, con intingolo di selvaggina, estratto di ginepro, polvere di fiori di mirtilli selvatici e karkadè. "Chianti wild" è anche il nome della piccola azienda che rifornisce Marmo di selvaggina cacciata. L'intingolo, in cui viene cotto il riso, è realizzato con le carcasse di colombacci, pernici, quaglie, starne, piccioni, anatre, infine poco burro e poco parmigiano

Faraona di Laura Peri in cottura pochée, biete del Monastero, vin santo Occhio di pernice. «Sono andato dalla Peri, le ho chiesto come mangiasse la faraona. "Bollita", mi ha risposto. Quindi: preparo un brodo con le carcasse, quando raggiunge gli 82° spengo il fuoco e vi immergo il petto di faraona». Alla base, la parte bianca della bieta, al burro, poi lamelle di porcini e un poco di vin santo del Chianti Classico, denominato Occhio di pernice

«Chianti wild mi ha portato quattro caprioli interi». Al Castel Monastero li frollano in proprio per 15 giorni, poi li fanno arrosto. Ecco dunque Capriolo toscano arrosto, tartare e crema affumicata di pastinaca, paprika, erbe spontanee e spezie sangiovannesi (sono 17, vengono utilizzate tradizionalmente per il panforte)

Cibreo allo spiedo di rigaglie di volatili di Laura Peri, polvere di cipolla bruciata, misticanze selvatiche. Una ricetta classica che diventa uno spiedo con ramo di alloro e parti "di scarto" di polli e faraone: creste, cuori, duroni, barglgli, fegati. Con insalata e citronette al tuorlo d'uovo sodo

Crumble salato al bacio di dama, sorbetto all'uva fragola, dragoncello

Cioccolato e acqua: alla base è una salsa di grué di cacao e acqua, poi una millefoglie di cioccolato al 72%, mousse d'acqua e cioccolato al 56%, granella di cioccolato bruciato a 130°, caramello e burro salato di Normandia, infine sorbetto di acqua e cioccolato all'85%
Contrada del Castel Monastero
località Monastero d'Ombrone 19, Castelnuovo Berardenga (Siena)
Tel. +39 0577 570570
castelmonastero.com
menu degustazione a 75 e 90 euro