21-01-2019
Michele Valotti, classe 1974, è chef patron de La Madia di Brione (Brescia), paesino sulle prime pendici che dominano la Franciacorta tra lago d'Iseo e val Trompia
Michele Valotti, nella foto qui sopra, classe 1974 da Iseo, chef patron de La Madia di Brione, ha un aspetto vagamente somigliante a quello del celebre Rasputin, e come quest'ultimo può sulle prime essere considerato personaggio piuttosto misterioso, dotato - quanto il russo, per proseguire col parallelismo - di un fascino magnetico e di un'attitudine quasi mistica. La mistica di Valotti si declina sul cibo.
Così ne avevamo tratteggiato la figura, quando avevamo scritto di Alimento, l'altra sua impresa oltre a La Madia, portata avanti con Cesare Rizzini (leggi Lo strano caso di Alimento a Brescia: focaccia, gelato & fermentati):
Rizzini-Valotti amano lavorare con «materie prime vive, mutanti, di stagione, del territorio, selvatiche. Con un forte fattore umano alle spalle. Diciamo no alla standardizzazione, ricerchiamo le varietà antiche e ci piace molto sperimentare nel campo delle fermentazioni». Filiera corta, autenticità degli ingredienti, la natura che arriva sulla tavola: in questo sono integralisti puri.
Cesare Rizzini e Michele Valotti
Così lavorano Rizzini-Valotti: «Mettiamo insieme le nostre idee – spiega il secondo – Quelle de La Madia, ad esempio, cioè utilizzare materie prime vive del territorio e di piccoli produttori. Le loro teste e le loro mani sono depositarie di un saper fare unico e inimitabile. Tagliare un formaggio non pastorizzato significa così evocare una magia, scansare la standardizzazione del gusto, sostenere le micro-realtà contadine. Allo stesso modo, ricerchiamo varietà antiche, selvatiche, di ogni alimento. E recuperiamo il concetto della fermentazione, che non deriva dal Nord Europa, ma è sempre stato utilizzato anche nelle nostre zone, dai nostri nonni in su» e che ha benefici effetti depurativi sull’organismo, «è sana e ricca di probiotici». (...) «Noi facciamo tanta ricerca (...) qualità non è l’astice, o non è solo l’astice. Sono le verdure fermentate, che fino a qualche decennio fa tutti qui preparavano, poi sono state sacrificate sull’altare della standardizzazione. Noi produciamo il kimchi, il miso: il che non significa copiare da altri, ma riappropriarci di una nostra tradizione, certo ispirandoci anche a quanto accade nel mondo. Vogliamo creare una nuova richiesta: vanno benissimo i gusti rotondi, più semplici, ma è perlomeno altrettanto bello giocare con aromi verticali, pensiamo alla friulana brovada o ai crauti sudtirolesi. Il cibo classico del montanaro della nostra zona era il rumex alpinus, un rabarbaro pieno di acido ossalico, che dunque si consuma previa fermentazione».
Guardando la carta con maggiore cura, però, si notano delle attenzioni che non sono comuni, se davvero si fosse in una semplice trattoria di paese come La Madia pur appare. Intanto, quella alle materie prime: non solo selezionatissime, non solo provenienti da aziende bio, piccoli allevamenti, casari resistenti e agricoltori eroici (ogni piatto ha scrupolosamente elencati i fornitori di ciascun suo ingrediente. La Madia fa parte del circuito Slow Cooking)... Ma molto spesso protagoniste di preparazioni ormai dimenticate: dove assaggiare chicche come la Pecora arsa, Oca in onto, Cavallo alla brace?
Ma c'è molto di più; per questo uno chef che stima Valotti, come Alberto Gipponi del vicino Dina di Gussago, ci aveva detto: «Quello è un posto interessantissimo, dove occorre tornare più di una volta», perché la cucina de La Madia è un caleidoscopio di stimoli che vanno al di là della semplice - seppur meritoria - proposta dei piatti della tradizione locale.
Alcuni vasi con le fermentazioni
Il sous chef Francesco Reboni (classe 1991, uno bravo e appassionatissimo) organizza al tavolo il taglio del femore di bue dal quale estrarre il midollo
Tanta roba. Tantissima, se si aggiungono ulteriori due elementi: anche l'estetica dei piatti è tutt'altro che "da trattoria", anzi è molto curata. E il servizio è attentissimo, scandito su tempi da haute cuisine. Che bell'esperienza, che è anche splendidamente inclusiva, visti i prezzi, dunque accessibile a tutti! Ve la raccontiamo qua sotto, gli scatti sono di Tanio Liotta.
Tapioca fermentata nel Sürlo, lampone. Il Sürlo, ossia “per un ideale biopirlo”, necessita spiegazione, con una premessa: il pirlo è lo spritz bresciano, solitamente con vino bianco fermo e Campari. In questo caso il Sürlo ne incarna una versione diversa: il distillato è prodotto a marchio bio per Alimento da Agripharma a base di erbe biologiche, lo si serve con bollicine (Franciacorta? Diremmo di sì) e acqua. Qui invece ha un altro uso
Arriva il Tiboscos, bevanda a base di kefir, mela e limone
Ricotta di latte di cocco, shiso, fragola verde fermentata, fondo di verdure. Uno all'inizio si chiede: «Ma son sarà un posto fuffa?». Questo assaggio fulminante toglie ogni dubbio: mamma mia quant'è buono, elegante, originale, intelligente, stimolante, con quella nota geniale della ricotta al cocco e il fondo, squisito!
Cipolla, salsa fermentata di prugne selvatiche e nepitella. La cipolla è cotta in uno speciale forno sottovuoto per due mesi (!) a 60°. «È un piatto realizzato con la collaborazione della Glocal Food Lab e ispirato al lavoro della Argotec» un’azienda ingegneristica torinese specializzata nella ricerca e sviluppo di sistemi aerospaziali, collabora con Nasa ed Esa, l'Agenzia spaziale europea; ha allestito un suo Space Food Lab grazie al quale ha realizzato il menu spaziale per Samantha Cristoforetti, l'astronauta italiana
Violino d'agnello nella cera, bagna cauda, verza alla lappone, lichene islandico, mirtillo fermentato, estrazione di ginepro. Piatto di bontà spaziale, tanto per rimanere in tema col precedente. La verza alla lappone è cotta per due giorni nello strutto a 40° e poi lasciata un mese nell'aceto. Arriva al tavolo Valotti, gli facciamo i complimenti e lui sorride: «È la dimostrazione di come il territorio e il mondo possano dialogare perfettamente, tra ingredienti e tecniche»
Il Lungo viaggio della carota: varie tipologie di carote in crema, fermentate, essiccate e affumicate
Buonissima anche la Pancetta di maiale affumicata e saltata in padella, ribes nero fermentato, acetosella, brodo di micelio, o mycelium che dir si voglia. Urgono spiegazioni, con Valotti non è mai semplice: il micelio è l'apparato vegetativo dei funghi ed è formato da un intreccio di filamenti detti ife, tubuli in cui scorre il protoplasma. Lo chef micorizza (la micorizzazione è una tecnica di coltivazione che consiste nel far attaccare l'apparato radicale di un ortaggio da funghi non patogeni che creano con essa una situazione di simbiosi con apporto di scambio reciproco) il cavolo cappuccio, ottiene così il micelio, ci fa un brodo. Wow
Tartare di ciliegie fermentate, latte di pecora affumicato, polvere di polypodium, olio extrevergine ed erba cipollina. Sempre livelli altissimi. Il polypodium (Polypodium vulgare L.) è una piccola felce, le cui radici hanno netti sentori di liquirizia, non a caso il polypodium è chiamato anche falsa liquirizia
Spettacolare la Bistecca di melone fermentato, fondo di sedano rapa, fagiolini fermentati. Il melone fermentato è tenuto in un forno a carbone appena spento, assorbe così il calore residuo e prende note di fumo
Risotto con estratto di radicchiella, Nostrano Valtrompia e riduzione di Braulio. Note amare, balsamiche, tonde, vegetali
Tagliatella all'uovo, garum di trota, il suo fegato, limone fermentato
Cappelletti al crauto rosso, brodo di pollo, miso di caffè verde. Il pollo è di Ostiano, nutrito con le proteine del caffè; il crauto è fermentato e affumicato. Anzi, affumicato un po' troppo
Al fuoco!
Al tavolo viene scottato un filetto di pecora gigante bergamasca racchiuso in foglie di frassino fermentate
Ed ecco il piatto, delizioso: Filetto di pecora gigante bergamasca, capperi di monte. I capperi di monte, documentati in zona fin dall'Ottocento, altro non sono che bacche di sambuco acerbe e fermentate. La pecora gigante bergamasca è una realtà autoctona ugualmente tradizionale, che stava scomparendo: è stata salvata negli scorsi anni... dall'immigrazione. Infatti i nordafricani che vivono in zona e che hanno nella loro cultura il consumo di carne di pecora sono stati per molti anni l'unico sbocco nel ristrettissimo mercato di questa carne in realtà prelibata, che ora torna a essere valorizzata
Fuori dal menu Ardito, chiediamo di assaggiare il Piccione nostrano alla brace. Viene allevato dal'azienda Lazzari a Ostiano. È più piccolo dei piccioni in uso generalmente nell'alta cucina. Viene frollato a lungo e cotto anche col suo quinto quarto
Ed ecco il piatto. La coscia è servita con salsa di fichi, le ali condite con olio alla cenere, il petto con riduzione di ginepro, poi il filetto crudo e foglie di sedano. Ci avevano avvertiti: «La cottura alla brace asciuga cosce e ali, mentre il petto sarà al punto giusto». In effetti cosce e ali sono proprio quasi secchi, ostici. Il petto è buono. Nel complesso una proposta interessante ma da rivedere
Arriva un tavolo, un femore di bue, due uomini, un seghetto
...per recuperarne il midollo...
...che poi viene usato per condire degli spaghetti, «come fosse burro», in un pentolino...
...grattata di rafano, poi crauti rossi fermentati...
...e infine del crauto rosso essiccato. Ecco il piatto: Spaghetti, midollo di bue, crauti rossi fermentati, crauti rossi essiccati, rafano. Altra buonissima idea (buonissima anche al palato)
Si prepara al tavolo un Filetto di manzo shabu shabu
I carboni sono ardenti, vaporizzano un'acqua aromatizzata con pepe di Sichuan, col Rotovapor
Ed ecco il piatto, imperfetto. I filetti risultano troppo cotti
È l'ora del caffè. A La Madia anche quello è particolare
Il sistema è vintage, una Hellem di fabbricazione francese
È un sistema di caffè a depressione, o “vacuum brewer”. In questo caso la scelta va su una monovarietà di Arabica etiope, coltivata a 2.200 metri. Lo fornisce la torrefazione La Cabra di Aarhus, in Danimarca. Ne deriva una sorta di infuso di caffè, molto diverso dal nostro espresso, ma estremamente elegante al palato
Dolcezze finali: Funghi fermentati in sciroppo d'acero e ricoperti di cioccolato
Favi di miele immersi in massa di cacao
Nord Nord Nord: è il mämmi, budino finlandese a base di farina di segale, con gelato di panna e polvere di cuore di pecora
La Madia via Aquilini 5, Brione (Brescia) tel. +39 030 8940937 trattorialamadia.it chiuso il lunedì e martedì. Aperto a pranzo solo il sabato e la domenica menu degustazione a 30, 35 e 45 euro
Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo? La meta è comunque golosa, per Carlo Passera
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Elisa Hoti e la sala de La Madia, in corso Quintino Sella 85a, a Torino. Piatti a 8/30 euro
Michele Valotti, chef e patron de La Madia a Brione (Brescia), fotografato durante il suo intervento a Identità On The Road 2020
Michele Valotti, chef patron della Trattoria La Madia di Brione (Brescia), protagonista della lezione "Il futuro della trattoria" a Identità On the Road che troveremo integralmente online a partire dal 16 novembre prossimo (per iscriversi, clicca qui)
Gita fuoriporta o viaggio all’estero? La meta è comunque golosa. Lo è perlomeno per il nostro Carlo Passera, alias Carlo Mangio. Un cibo succulento le sue parole, che stimolano curiosità e salivazione, pensieri limpidi, tanta sostanza per una delle penne più interessanti del panorama gastronomico nazionale