La sovraesposizione mediatica di tutto ciò che è food non risulta sempre accompagnata da sufficienti consapevolezza e competenza (precisiamo due cose. Primo, intendiamo non tanto la conoscenza di un prodotto o di una ricetta, né l’abilità di essere creativi, bensì la capacità di avere uno sguardo più complessivo sulle tematiche di fondo, che siano sociali o ambientali, legate a questo mondo. Secondo, tale mancanza non è specifica solo di tale realtà, ma si ravvisa in qualsiasi altra, che si tratti di architetti o dentisti, idraulici o giornalisti).
Tra i non moltissimi dotati di pensiero è di certo Giorgio Scarselli, come ben dimostrato in questa recente intervista per Identità Golose firmata Gabriele Zanatta, che peraltro ben introduceva così la sua figura: “Classe 1969, direttore del ristorante del Bikini, stabilimento balneare fondato dal nonno Franco 60 anni fa a Vico Equense in Penisola Sorrentina (Napoli). Pescatore da 3 generazioni, si batte per elevare la cultura del pesce, sottolineandone la stagionalità e promuovendo le specie poco utilizzate”.

Giorgio Scarselli al suo Bikini
Per passare dalla teoria alla pratica (nonché per godersi una giornata di buon cibo e nuoto, in una struttura splendida: il che non guasta) non ci restava che recarci al
Bikini stesso. Vi abbiamo riscontrato una specie di perfetta rappresentazione plastica – nonché squisitamente edibile – dei principi che animano l’attività di
Scarselli, in un piatto tanto semplice quanto equilibratissimo:
Spaghetti con limoni di mare e finocchietto.
I limoni di mare (microcosmus sulcatus) sono detti “carnummole” nel Napoletano, o "spuenzi" nel Tarantino. Vengono mangiati tradizionalmente crudi con una spruzzata di limone vero e proprio. Sono grossi poco più di una cozza, vivono sui fondali sabbiosi e ricchi di detriti, fissati alle pietre, in colonie talora molto numerose e in ambienti dominati da coralli e gorgonie, o più in profondità, sino a oltre 100 metri. Devono il proprio nome non a qualche richiamo citrico nel gusto, bensì al fatto che se ne mangia il sacco intestinale di colore giallastro, avvolto da tessuto muscolare rosso o aranciato. Sono molto difficili da individuare, perché generalmente ricoperti da alghe, altri tunicati o spugne. Sono dotati di due sifoni, uno che aspira l'acqua e l’altro che la espelle dopo che la stessa è transitata dal cestello branchiale e vi ha depositato anche piccole particelle di cibo. Questo fa sì che accumulino pure metalli pesanti e isotopi radioattivi: per questo è fondamentale che provengano da acque pulitissime.

«Dalle nostre parti il mare ne è pieno, ma è una specie che interessa poco sul mercato – spiega
Scarselli – Poi ha bisogno di una sicura tracciabilità, proprio per garantirne l’assoluta salubrità. Mancando questi presupposti, da noi sono poco utilizzati: io ho iniziato a prenderli un anno fa, li acquisto però dalla Francia, da un distributore certificato», ma si batte perché si possa sviluppare anche una pesca continuativa in Penisola Sorrentina, dove le condizioni ambientali lo permettono (non così, ad esempio, nel Brindisino, dove presentano una carica batterica elevata). Vanno usati con sapienza, «sono delicatissimi, basta un po’ di caldo per costringerci a buttarli via. Per poterli inserire in carta devono sempre essere appunto certificati e abbattuti». Sono piuttosto economici, «per condire un piatto di pasta basta un limone di mare, il
food cost è assai contenuto».

Lo chef del Bikini Domenico De Simone, dietro di lui il suo sous chef Antonino De Simone
Si taglia la parte coriacea esterna con un seghetto e si utilizza l’interno, morbido, «ho recuperato vecchie ricette dalle parti di Bacoli e Pozzuoli, prevedevano il limone di mare come condimento di un risotto. Ma non soddisfaceva né me né il mio chef
Domenico De Simone: il sapore era troppo spinto». Così ora al
Bikini la polpa del limone viene fatta a pezzettini e poi mantecata direttamente coll’amido della pasta. Esito delizioso: rivelano un sapore a metà tra la vongola e il riccio, perfetto per gli spaghetti profumati al finocchietto.