Viene in mente Ciccio Sultano, forse (forse?) il più illustre esponente dell’alta cucina siciliana, lui che disdegna per necessità l’eleganza della semplicità e accetta di (sop)portare sulle spalle la complessità dell’isola, «il nostro fine è di riuscire a impossessarci e fare una sintesi di una cultura che è, per definizione e per evoluzione, piena di contrasti, contraddizioni, mutazioni, contaminazioni». Elisia Menduni con questa complessità ha dovuto fare i conti, approcciando il tema della cultura gastronomica della Trinacria da quel punto di vista specifico e apparentemente limitato, di agile soluzione, che è “la cucina di Casa Planeta”, ossia il piccolo patrimonio costituito dai ricettari di questa gran famiglia del vino - prima tenuti segreti, ora svelati da Anna Maria, Marina e Carolina, “le tre zie” - poi anche dalla scoperta successiva delle differenti tradizioni dei territori, man mano che il regno delle vigne della famiglia si estendeva oltre i luoghi d’origine (Menfi e Sambuca, nell’Agrigentino). Così d’ottenere, insomma, una sorta di mappa culinaria dell’isola attraverso il filtro di una quasi-epopea di una gens sicula d'origine spagnola, 18 generazioni d’agricoltura che sono un riassunto di qualche secolo d’alimentazione.

La copertina del libro firmato da Elisia Menduni, giornalista e critico enogastronomico
Non c’è sintesi in questo
Sicilia, la cucina di Casa Planeta (Electa, 29 euro), con il quale la
Menduni, brillante giornalista e critica gastronomica, traccia appunto la «memoria e la storia» della casata attraverso le “sue” ricette, sono parole dell’autrice, «tra città e campagna, in itinere tra luoghi diversi dell’isola dove la famiglia aveva e frequentava amici e parentele». Non c’è sintesi e davvero non poteva esserci, sarebbe stata operazione presuntuosa. Perché quasi impossibile. Però viene, appunto, in mente
Sultano: c’è appieno la consapevolezza di una straordinaria complessità che viene risolta accettandola, prendendone atto, arrendendosi – se così vogliamo dire – a un'eredità senza uguali. E sviluppando però l’idea centrale: la cucina è cultura, si possono dunque raccontare secoli di evoluzione, di costume, di società, di economia, anche attraverso il recupero dei ricettari impolverati di una casata nobile.

La sede storica di Planeta a Menfi, in provincia di Agrigento
L’uno (la Sicilia, i
Planeta) si scinde nelle sue numerose sfaccettature (i
terroir del gusto): qui sono 6, o meglio 5 (Menfi e Sambuco sono raccontati insieme), sarebbero potuti essere 50 o 500, poco importa. Interessa che l’unità riveli di essere scissa, eppure legata da fili sottili quanto resistenti. Il racconto di un viaggio culinario attraverso Trinacria evoca così immagini straordinarie; prende avvio dalle ricette di Casa Planeta, d’impostazione nobiliare, menfitana, e di Sambuca, con influenze palermitane, per poi dilagare. Parte insomma da Ovest - carciofo spinoso di Menfi, oliva Nocellara e vastedda del Belice, arancia di Ribera, fragoline di Sciacca, pane nero di Castelvetrano… – poi lascia il posto a strati e frammenti diversi in quel di Vittoria, terra di pomodoro e verdure, di serre e pesca; muta ulteriormente a Noto, area del ragusano Dop, della cioccolata di Modica e delle mandorle; si trasforma ancora sull’Etna, straordinario caleidoscopio di microclimi riassunti in quel piccolo capolavoro che è il pistacchio di Bronte; giunge infine a Capo Milazzo, dunque all’altro estremo dell’isola, per evocare la saga dei pescatori. Il tutto, 91 ricette, corredato con le fotografie di
Adriano Brusaferri.
Questo, in poche parole, è un libro che nutre il cervello, ma intanto stimola le papille.