18-12-2011

Un libro con le palle

Prospect Books ha curato la versione inglese di un volume sui testicoli in cucina e nella cultura

La Pizza ai testicoli prima di essere infornata e

La Pizza ai testicoli prima di essere infornata e cotta, ricetta ben poco appetitosa dello chef serbo Ljubomir Erovic

Lo so bene che of course in inglese non vuole dire di corsa, che mono in spagnolo significa scimmia e burro asino, che se i francesi dicono merci ti stanno ringraziando (e non verificando una consegna piuttosto che una produzione o un treno), invece su Testicles (inglese) e Testicules (francese) non vi possono essere dubbi: di testicoli si tratta, e null'altro. Poi possiamo chiamarli in cento altri modi, ma restano loro, ridicoli nella forma, importanti per la fecondazione e riproduzione, fragili e fastidiosi. E ottimi in cucina, solo a volerli cucinare, servire e mangiare senza l’accompagnamento di risatine, stupore, ribrezzo al solo pronunciarne il nome.

La copertina di Testicles, Balls in Cooking and Culture nella versione in lingua ingelse curata da Giles MacDonogh

La copertina di Testicles, Balls in Cooking and Culture nella versione in lingua ingelse curata da Giles MacDonogh

Tanti rifiutano il quinto quarto a priori (e così non sapranno mai cosa si perdono) ma più persone distinguono tra fegato e foie gras, fegato e rognone, animelle e lingua, le granelle no. Le palle di toro quasi sfiorano l’impraticabilità gastronomica per quello che evocano, le separa dalla tavola un muro psicologico e aprirvi un varco è quasi impossibile usando le sole parole. Potrebbero essere spacciate per più rassicuranti bocconi di magatello o polpa di vitello oppure si dovrebbe allestire una cena al buio senza rendere noti i piatti. Se si mangia alla cieca quello che viene servito a tavola non si viene condizionati né dai colori né dalle forme e dagli ingredienti usati. E si gusterebbero molte più cose perché non vi sarebbero condizionamenti a monte. In fondo perché le ostriche vive sì e gli insetti no? Perché i sanguinacci sono una tradizione secolare e i testicoli delle schifezze? Perché i gamberetti sì e i bruchi no? Rosa i primi, verdolini i secondi ma una volta fritti non è che siano separati da un oceano di gusti e di consistenze. Di pregiudizi invece sì, da noi perché i bruchi dell’agave fritti sono delle squisitezze rare in Messico.

In Piemonte hanno risolto il problema dell’immagine delle palle chiamandole dal macellaio granelle e allora capita che quello che viene rifiutato con un nome popolare, viene accettato in versione alta, quasi aulica perché granelle evoca il mondo della pasticceria. Poi il mondo è popolato da tutto e così vi è chi, come a suo tempo Ugo Tognazzi, può permettersi di suggerire la ricetta dei Coglioni di vitello al Pernod. Importante precisare di vitello perché vedo sempre di più coglioni in giro a fare danni.

Testicoli di agnello, immagine tratta dal blog Edith Pilaff nel quale sono presentati in forma di insalata.

Testicoli di agnello, immagine tratta dal blog Edith Pilaff nel quale sono presentati in forma di insalata.

A loro, alle palle, è dedicato un libro da poco uscito in Gran Bretagna e da più tempo in Francia. Testicles, Balls in Cooking and Culture per Prospect Books, autore della traduzione in lingua inglese Giles MacDonogh e dell’originale francese Blandine Vié. Titolo chiarissimo: Testicoli, le palle in cucina e nella cultura. Dubito che verrà mai tradotto in italiano, mercato troppo piccolo per giustificare l’investimento. Sono pagine con tre percorsi, in parte ricettario, in parte dizionario e in parte un saggio sui testicoli in sé, sia quelli umani sia quelli animali, con un’avvertenza in perfetto humor inglese: “Non ci sono ricette per soddisfare i cannibali”.

Appunto finale: la ricetta del Risotto Milanese a pagina 134 sarà anche del 1936, tutta un’altra epoca, ma resta lo stesso un insulto per noi che viviamo a Milano. Manca lo zafferano, c’è il gruyère e non il grana e così via. La firmano una madame e una mademoiselle francesi che della nostra cucina non capivano purtroppo nulla. E con loro pure chi le ha tolte dall’oblio inserendole in un libro eccezionale in tutte le altre 223 pagine.


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Paolo Marchi

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Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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