Di Trippa, l'ormai frequentatissimo e apprezzatissimo ristorante milanese di Diego Rossi e Pietro Caroli, su queste pagine avevamo iniziato a scrivere ad aprile 2015, grazie a Claudia Orlandi, circa due mesi prima della sua inaugurazione. A poco più di quattro anni da quell'apertura, l'ascesa dello chef veronese Diego Rossi continua a essere incessante, richiesto com'è da eventi e congressi gastronomici in tutto il mondo.
A fotografare almeno una parte, certamente importante, della sua filosofia di cucina, c'è oggi un libro, firmato da Rossi insieme alla giornalista Barbara Giglioli (che ha collaborato più volte anche con questo sito e con la nostra Guida), pubblicato da Guido Tommasi Editore: "Finché c'è Trippa" (225 pagine, 30 euro).
A confermare la sempre maggiore considerazione di cui gode
Rossi nel mondo gastronomico, troviamo anche le parole di due grandi chef nelle prefazioni del volume:
Riccardo Camanini e
Paolo Lopriore. «
Diego è un Cuoco - scrive lo chef del
Lido 84 -, nel senso della massima levatura di questa professione altamente artigianale. Lo è per la sua qualità di pensiero, sempre personale e quasi ascetica, nonostante la sua cucina non lo sia per nulla. Il progetto di
Trippa ha senza dubbio creato un interesse molto forte e ampio anche al di fuori dell’Italia».
«Uomo, lavoro ed espressione - scrive invece Lopriore - si svelano nel battito del coraggio e nel respiro dell’idea, filtrando la coerenza, decantando il tempo, trasportando la quotidianità, contenendo l’esigenza, amplificando la chiarezza e marcando il momento di un elogio dell’arte di manipolare la materia che solo Diego Rossi ha la capacità di portare oltre la sua consistenza materiale».

Cuore di agnello alla brace con tenerumi e ciliegie al Recioto Valpolicella
"Finché c'è Trippa" è un libro che, come da titolo programmatico, si concentra sulle frattaglie, sul cosiddetto "quinto quarto". Come si scrive ancora nelle pagine introduttive del libro, per
Rossi è importante valorizzare il «quinto quarto nella sua accezione più universale: quindi non semplicemente le interiora dell’animale, ma ogni tipologia di ingrediente che in tutti questi anni di spadellamento e di ricette elaborate, ci siamo persi in giro». E di questi ingredienti dimenticati nelle pagine di questo libro ce ne sono molti: quel che è certo però è che il nucleo di questo lavoro sono proprio le frattaglie di molti animali diversi.
In questa passione di Diego Rossi c'è anche e soprattutto un ragionamento che origina dal suo desiderio di riscoprire una forma di comprensione e di rispetto degli animali che macelliamo per la nostra alimentazione: «Quello che dico sempre è che abbiamo perso il contatto con la natura e con gli animali. Lo vediamo sui banchi del supermercato: la carne che compriamo avvolta nel cellophane, a pezzi, la prendiamo come se stessimo acquistando un oggetto, dimenticandoci totalmente da dove venga. Secondo me è necessario ricominciare ad avere considerazione per l’animale, a conoscerlo meglio; il fatto di utilizzare le frattaglie, gli scarti, o comunque quelli che non sono i tagli più teneri e pregiati è un modo per rispettarlo nella sua interezza».

Lampredotto, carciofi, menta e pecorino romano
Il libro è organizzato in modo molto chiaro, esplicitando il desiderio di non essere semplicemente un manuale tecnico, pieno di ricette. «Siamo partiti dalla considerazione - ci spiega ancora
Rossi - che di libri sulle frattaglie ne erano già stati scritti, e in particolare io citerei quello di
Roberta Schira, fatto davvero molto bene: quindi volevamo fare qualcosa di diverso. Non ci interessava pubblicare un altro volume molto tecnico, volevamo fare una cosa intanto più leggera, e poi anche adatta anche ai non addetti ai lavori che si vogliono avvicinare a questo argomento. Per questo abbiamo ad esempio voluto puntare molto sulla fotografia, e per farlo ho chiamato un fotografo molto bravo, oltre che un caro amico, come
Marco Varoli. Ma anche sulle illustrazioni, e così ho chiamato una persona che è sia un bravissimo giornalista, sia uno straordinario disegnatore, come
Gianluca Biscalchin».
Le ricette ovviamente ci sono, sono 63 in particolare, e sono raccolte in capitoli divisi in base agli animali da cui arrivano le frattaglie protagoniste. «Avevamo pensato anche a dividere le ricette in base alla stagionalità: perché è un tema importante anche quando si parla di animali, non solo di frutta o verdura. E in realtà questa divisione c'è, ma rimane implicita: semplicemente abbiamo scelto di usare nelle ricette del libro, ingredienti che rispecchiano la stagione migliore per usare quelle frattaglie».
La maggior parte dei piatti nasce dalla creatività di
Diego Rossi: «Molte ricette partono da una base classica, ma sono poi il frutto del mio lavoro e delle mie invenzioni. Abbiamo però voluto inserire anche una sezione, chiamata "Gli Archetipi", in cui racchiudere almeno alcune delle ricette tradizionali più importanti: come la
Pajata, la
Trippa alla parmigiana, la
Finanziera...».
Per qualcuno potrebbe essere una sorpresa trovare in questo libro una sezione dedicata alle "Frattaglie di mare", che sono invece per il cuoco di Trippa un argomento molto interessante: «Per molti versi - spiega Diego Rossi - sono piuttosto diverse dalle altre, ma in alcune preparazioni troviamo invece delle grandi somiglianze. Le trippe, in particolare, vengono trattate in maniera molto simile alla trippa di vitello. Io ho cominciato a cucinare in un ristorante specializzato in pesce di mare, che si chiamava L’Oste scuro, a Verona, e quindi mi ritengo molto preparato sul pesce, forse anche di più che sulla carne! E so che se riesci a utilizzare e sfruttare ingredienti come la vescica natatoria, le uova, i lattumi, la trippa, le teste, le guance, ma anche fegato e cuore nei pesci più grandi, allora raggiungi un doppio obiettivo, di sostenibilità ambientale e di sostenibilità economica del locale».

Uova di ricciola in bagnacauda
E infine non potevano mancare le "Frattaglie erotiche": qualcuno ricorderà infatti che, prima ancora di aprire
Trippa,
Rossi si era fatto notare per un piatto portato a un evento chiamato..."Pane e f...". In cui l'ingrediente principale era la matrice di mucca. «Non abbiamo inserito questo capitolo per fare i provocatori, o per stupire. Personalmente preferisco stupire in altro modo, magari recuperando una verdura dimenticata. In questo caso si tratta di un recupero di tradizioni assolutamente nostre: per esempio la matrice era utilizzata in alcune zone dell’Etruria, e a Firenze la si trova ancora sui banchi del mercato centrale, e lo stesso si può dire anche del membro di toro. La mammella fa parte del bollito veneto come di quello piemontese: erano parti che venivano mangiate ed era giusto proporle insieme alle altre frattaglie».
Infine, per tornare alla leggerezza che ha ispirato il lavoro di Barbara Giglioli e Diego Rossi, ogni ricetta viene accompagnata da una canzone, più o meno a tema. Selezionata da un altro collaboratore di eccezione, ovvero Tommaso Paradiso, già (fino a poche settimane fa) leader del gruppo TheGiornalisti e ora solista, uno degli autori e interpreti più di successo della nuova musica italiana. E grande appassionato di gastronomia.