23-02-2023
La copertina di "Un’agricoltura per il futuro della terra" (Slow Food, 222 pagine, 15.68 se acquistato online) di Piero Bevilacqua
«Diciamolo chiaro e tondo: il sistema alimentare globale non funziona. È un sistema criminale e noi dobbiamo fare di tutto per cambiarlo. Con decisione e capacità di incidere». Abbiamo ancora in mente le crude parole pronunciate dal fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, a Mesa, congresso di cucina di San Paolo, in Brasile, nel novembre scorso (leggi l’intero discorso). Coerentemente, negli ultimi tempi la casa editrice dell'associazione di Bra è impegnata nella pubblicazione di titoli che cercano di ridefinire i contorni di una rivoluzione agricola, un nuovo modo di intendere la terra perché, per citare ancora Carlin, «Se non diamo inizio a una profonda rivoluzione ora, tra poco saremo tutti al servizio degli interessi che determinano quanto e cosa dobbiamo mangiare». Appuntatevi gli ultimi titoli licenziati da Slow Food. Sono tutti usciti tra maggio e novembre 2022: Dalla parte della natura di Francesco Sottile; La rivoluzione agricola araba di Andrew Watson e Il chilometro consapevole di Carlo Catani e dello stesso Petrini. Sono testi che chiedono al lettore (e a noi comunicatori) di concentrarsi «sui grandi temi della terra, quelli che realmente contano, prima della valutazione di ogni ristorante o cuoco», bacchettò i giornalisti sul palco paulista. L’ultimo interessante libro del filone è uscito a dicembre. Si chiama Un’agricoltura per il futuro della terra, sottotitolo “Il sistema di produzione del cibo come paradigma di una nuova era” ed è firmato da Piero Bevilacqua, già docente ordinario di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma e autore, tra gli altri di Storia dell’agricoltura italiana in età contemporanea (Marsilio, 1989). Il pensiero di fondo del professore coincide con quello di Petrini: «Gli equilibri che hanno retto il pianeta a lungo stanno per collassare», spiega senza mezzi termini nella prefazione del libro. Nello specifico, non si tratta di intervenire per porre riparo alle classiche conseguenze del cambiamento climatico, come l’innalzamento della temperatura terrestre o lo scioglimento dei ghiacci. Questo è come guardare il dito e non la luna. Occorre qualcosa di più profondo perché «L'aspetto più drammatico è che le risorse sono sempre più limitate e scarse» e «i rimedi ipotizzati rimangono orientati alla corsa della crescita economica. Sono frutto di un basso orizzonte strategico, figli della cultura “sviluppista”». I governi, spiega Bevilacqua con un’immagine efficace, «pensano solo a cambiare il carburante del treno, a renderlo più pulito, senza alcuna idea di come frenare la corsa, mutare la sua traiettoria da lineare a circolare, cambiare il paesaggio dei rapporti sociali che lo alimenta».
Gli altri titoli d'interesse sull'argomento, pubblicati da Slow Food
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classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt