È stata presentata ieri mattina alla Reggia di Venaria, alle porte di Torino, la 27ma edizione della Guida alle Osterie d’Italia di Slow Food, “il sussidiario del mangiarbere all’italiana”, recita la copertina, che include “1.570 locali consigliati da Slow Food”.
È un insieme di segnalazioni, spiegano con efficacia i due co-curatori Marco Bolasco ed Eugenio Signoroni nella prefazione del volume, «che nessun altra guida racconta. Quelle dove non c’è lo chef ma il cuoco (molto spesso la cuoca). Quelle dove il servizio è attento eppure informale. Dove tante volte non c’è un menu scritto perché l’oste ci tiene a raccontare a voce ai suoi ospiti quali sono i piatti del giorno, spesso aggiungendo qualche aneddoto…».

Reggia gremita di osti in ogni ordine di posto
Non c’è dubbio che la guida in oggetto abbia nel tempo assunto un’identità molto forte. Nessun prodotto editoriale mette così sistematicamente al centro dell’indagine l’
Osteria dura e pura, cioè quel locale che, tra le altre cose, «acquista materie prime stagionali e di prossimità e che quindi riesce a tenere più bassi anche i prezzi». Quest’anno addirittura c’è anche un nuovo simbolo che evidenzia «quei locali un po’ più cari che, secondo noi, meritano di essere visitati almeno una volta nella vita», un segnale che, purtroppo, l'esborso di 10 o 20 euro in più sul conto è ancora decisivo nella valutazione finale del cliente.
Siamo allora molto curiosi di scorrere le pagine per segnarci dove andare a gustare l’uovo al castelmagno fatto meglio di tutta la Langa, il risotto giallo che resiste coi denti alla gastro-esterofilia milanese, il macco di fave migliore di Sicilia. Però, con l’evidenziatore marcheremo soprattutto indirizzi in cui avremo la certezza (in qualche caso, l’illusione) di stare bene, quelli in cui si va per un'esperienza da vivere “senza troppe menate” come si dice spesso in modo inelegante ma efficace.
Perché proprio il calore, il senso dell’ospitalità e dell’accoglienza sono gli elementi che, a ben pensarci, distinguono da sempre non solo l’Osteria ma tutta la grande ristorazione italiana, ancora prima di quello che è capace di mettere nel piatto.

Le chiocciole, cioè i locali contenuti nella guida che meglio incarnano i valori di Slow Food, sono 263. 479 i locali segnalati con un orto di proprietà. La guida costa 22 euro (18,70 se acquistata online)
Quest’aspetto è emerso nel dibattito che ha aperto la giornata alla Reggia, dedicato all'emergenza/opportunità sala, un interessante momento di confronto che ha coinvolto i due curatori della guida, il direttore editoriale di
Slow Food Carlo Bogliotti, noi di
Identità,
Vincenzo Donatiello di
Piazza Duomo, in questo caso come rappresentante dell'associazione
Noi di Sala, e l'oste
Antonio Previdi della
Trattoria Entrà di Finale Emilia. E ci ha fatto pensare a più riprese che ristoratori e addetti ai lavori dovrebbero praticare con maggior frequenza un esercizio: trovare punti di contatto tra due filosofie di ristorazione che oggi percorrono lo stesso binario senza però quasi mai sfiorarsi.
Parliamo dell’osteria e della cucina d’autore (o “stellata” secondo l'orrendo neologismo). Due linee che, per pregiudizio o guelfoghibellinismo italico, cercano ancora troppo poco di parlarsi o confrontarsi per strappare l'una segreti all'altra. Quando succede, nascono le tavole che noi di
Identità preferiamo, quelle che all’accoglienza calorosa affiancano un atteggiamento costante in cucina: la rilettura critica e mai riverente del glorioso passato dal quale tutti si proviene.
I premi delle Osterie d'Italia 2017
Miglior selezione di birra artigianale:
Agra Mater a Colmurano (Macerata)
Miglior cucina di recupero:
Antiche Sere a Torino
Miglior osteria del mangiar bene al giusto prezzo:
La Madonnetta di Marostica (Vicenza)
Miglior preparazione della pasta fresca:
Ai Due Platani di Coloreto (Parma)
Miglior carta dei vini:
Ostreria Pavesi, Podenzano (Piacenza)
Miglior novità:
Lilith Masseria Copertini, Vernole (Lecce)
Miglior selezione di drink e distillati:
Devetak, Savogna d'Isonzo (Gorizia)
Miglior carta dei dolci tradizionali e innovativi:
Lo Stuzzichino, Massa Lubrense (Napoli)
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Che cos'è un'osteria oggi di
Marco Bolasco