Lo chef Gordon Ramsay non ha bisogno di presentazioni: noto agli amanti della cucina; noto al pubblico televisivo; noto anche ai frequentatori del Forte Village, il resort di Santa Margherita di Pula, in Sardegna, dove ha uno dei suoi ristoranti, per la stagione estiva.
E proprio qui lo abbiamo incontrato, per provare il suo menu estivo, un mix di sapori tradizionali italiani, come la Parmigiana di melanzane in versione summer, e di gusti più innovativi come le Tagliatelle di plancton, calamari e ricci.

Uno dei piatti pensati da Ramsay per il suo ristorante al Forte Village: Tortello di melanzane e salsa astice con pomodoro marinato
Una piacevole chiacchierata con un “giovanottone” alla mano, simpatico ed estroverso, come del resto deve essere il suo personaggio. Ma anche romantico nei racconti delle cene con la moglie a lume di candela («Le mie cena più romantiche sono proprio qui in Sardegna con mia moglie, quando ci ritagliamo qualche giorno senza bambini né giornalisti!»), paterno nei racconti delle attività da
cooking class con i figli («Ad ognuno di loro invece dell’i-phone ho regalato una macchina per la pasta personale») e ironico quando parla dei colleghi («
Cracco e
Cannavacciuolo? Per fare un
Gordon ce ne vogliono almeno due di loro! Scherzo, sono bravissimi e anche cari amici»).
Ci accoglie nella sua suite “Impero” al Forte Village Resort e dà il via alla conversazione: «Mi ritengo un uomo davvero fortunato. Qualche settimana fa cucinavo a Downing Street per importantissimi ospiti del primo ministro inglese; in seguito a Napoli ho pagato 4,50 euro una straordinaria pizza (al posto dei 18 euro di quella, pessima, che di solito trovo a Londra); ora mi trovo in questo magnifico posto della Sardegna. Cosa desiderare di più?». E sorride, con lo sguardo che si perde fuori dalla finestra, nel blu del mare di fronte.
Gordon, quali sono i tuoi primi ricordi in cucina?
«Sono legati al profumo del pane fresco. La mamma lo preparava due volte a settimana, e così porto con me la memoria di quel profumo. Anche la torta di mele è un’immagine nitida: il dolce purtroppo ce lo potevamo permettere solo una volta al mese e quindi, quando c’era, diventava una festa. Il sapore della domenica era invece quello del manzo con lo Yorkshire pudding».
Una sua allieva, Clare Smyth, è stata proclamata a Bilbao, dai 50Best, migliore chef donna al mondo. Secondo te c’è differenza, ad alti livelli, tra chef donne e chef uomini?
«Clare ha lavorato 12 anni con me, è bravissima. Non sopporto parlare di chef donne e chef uomini. Diventa sessismo, è degradante. Il mondo è pieno di donne che comandano brigate di cucine importanti, di ragazze talentuose. Ad esempio io ho quotidianamente sott’occhio una biondina con i capelli ricci, ha 16 anni e si chiama
Matilda...
Matilda Ramsay, mia figlia!».
Quindi a casa fa cucinare i suoi figli (Megan, i gemelli Jack e Holly e Matilda)?
«Sì, tutti i quattro sono stati abituati a vivere in cucina da sempre. Gli altri genitori regalano l’ultima versione dell’iPhone o altri gadget elettronici. Io ho regalato loro la macchina per fare la pasta in casa! E tutti sin da piccoli si sono cimentati in cucina, divertendosi, senza nessuna imposizione».

Con la figlia Matilda, classe 2001, attrice, chef e presentatrice televisiva
Quali sono le tre cose fondamentali, più importanti della tua vita?
«La mia famiglia. I miei clienti. Le mie Ferrari. Attualmente ne ho 11: ne ho avute anche di più in passato, perché me ne regalo una ogni volta che conquisto una stella Michelin e ne vendo una se la perdo».
Tre aggettivi per descrivere la tua cucina.
«Raffinata. Creativa. Appassionata».

Il Lobster ravioli di Ramsay, «impossibile toglierlo dal menu»
Il piatto che ti rappresenta?
«Di sicuro il
Raviolo con l’aragosta con purea di pomodori. È un piatto per metà italiano e per metà scozzese. A settembre celebro i venti anni del mio ristorante a Chelsea e questo continua a essere il più richiesto. È da sempre nel menù, non ho intenzione di cambiarlo».
E un piatto che ti ha particolarmente emozionato in una delle tue cene in giro per il mondo?
«Non lo dico perché siamo in Italia, ma perché è vero: gli agnolotti di Nadia Santini, Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio, mi hanno lasciato un ricordo forte».

Gli agnoli in brodo di Nadia Santini
Hai cucinato per gli uomini più potenti del mondo. Chi vorresti avere come ospite, che ancora non hai avuto?
Ci pensa, ragiona ad alta voce con un elenco infinito di nomi di attori, politici, rock star, poi sentenzia: «The Pope! Mi piacerebbe cucinare per il Papa e visitare il Vaticano».
Cosa ti piace dei prodotti italiani?
«Amo il fatto che i vostri ingredienti vengono sfruttati in maniera totale. Sono stato a Napoli e in altri luoghi della Campania, a visitare allevamenti di bufale e caseifici. Ho imparato a preparare la mozzarella, la burrata, la ricotta... E quando pensavo di aver finito, ecco la mozzarella affumicata. Da voi nulla è sprecato, e questo è un grande insegnamento».

A Masterchef Junior, con Cristhina Tosi e Joe Bastianich
A proposito d'insegnamenti, qual è la più grande lezione di cucina che hai mai avuto?
«È una cosa che ho imparato sul campo e che mi piace anche insegnare ai ragazzi che lavorano con me: la cucina è contatto. La cucina è assaggio.
Taste ogni 20 minuti almeno! Non devi condire tutto all’inizio, ma assaggiare e aggiungere lentamente. I giovani cuochi devono affinare il gusto e la capacità di condire, e devono farlo personalmente, con le loro papille gustative. Alcuni chef invece sono dei robot, propongono una tavola meccanica senza provare, ed è l’errore più grande. Poi, ovviamente, bisogna essere precisi, attenti, rigorosi, non ci possono essere distrazioni. Noi siamo come gli atleti, dobbiamo avere grande disciplina, altrimenti meglio il
take away».

Con la moglie Tana davanti all’ospedale pediatrico di Great Ormond Street
Molte sue cene sono dedicate alla Fondazione Tana che gestisce con sua moglie: quali sono le finalità?
«Raccogliamo fondi per l’ospedale pediatrico di Great Ormond Street, a Bloomsbury, Londra, che cura bambini sotto i 18 mesi. La Fondazione è anche una scuola per i miei figli che sono pienamente coinvolti. Troppo facile essere dei privilegiati: devono imparare a capire la vita, a impegnarsi per gli altri, a capire che se hanno più di altri perché sono stati fortunati, è utile aiutare chi lo è stato di meno».